di Ferdinando Boero
Il mimetismo animale ha due scopi opposti: imitare uno sfondo per rendersi invisibili, oppure rendersi evidenti, con sgargianti colorazioni che, di solito, denunciano velenosità o tossicità. Le specie che avvertono possibili predatori della propria pericolosità si imitano tra loro, invece che imitare lo sfondo. Col mimetismo mulleriano animali diversi (come api e vespe) lanciano lo stesso segnale “onesto” di pericolo: le strisce gialle e nere. Col mimetismo mulleriano, animali innocui (ad esempio le mosche gialle e nere) imitano animali velenosi (api e vespe) lanciando un segnale “disonesto”: non sono velenosi ma pretendono di esserlo. Anche noi usiamo i due tipi di mimetismo: le tute mimetiche rendono i militari poco evidenti al nemico, mentre i colori forti terrorizzano gli avversari, come facevano gli indiani d’America che si pitturavano la pelle di rosso. I nostri carabinieri hanno cappelli, pennacchi, e spalline che li fanno sembrare più alti e più grossi.
Un’amica israeliana mi disse: voi maschi siete “tristi”, in fatto di colori. Vi vestite di grigio, blu, beige, marrone o nero. Noi, invece, possiamo indossare tutti i colori che vogliamo.
Spesso i colori e le forme delle femmine della nostra specie sono richiami sessuali. I rossetti e gli ombretti, le scollature con reggiseni particolari, i vestiti fascianti, le scarpe con i tacchi altissimi, evidenziano parti del corpo che attraggono l’attenzione dei maschi. Nelle altre specie di solito sono i maschi a “indossare” livree sgargianti, e le femmine sono meno evidenti. L’evoluzione ha realizzato una vasta gamma di soluzioni per farsi o non farsi vedere.