La scomparsa di Raffaele Colapietra

di Gigi Montonato

È morto ieri mattina, 27 aprile, Raffaele Colapietra, storico e politologo. Aveva 91 anni. Era nato a L’Aquila il 24 novembre 1931. Studioso rigoroso di non facili approcci critici e umani. Aveva insegnato Storia moderna all’Università di Salerno, che lasciò anticipatamente per mettersi in pensione a causa della sua incompatibilità con l’ambiente. Nei suoi studi si era occupato di Masaniello, delle classi dirigenti meridionali in età moderna e contemporanea, dei partiti politici tra l’Otto e il Novecento, di Giovanni Giolitti, di Benedetto Croce, di cui scrisse una biografia politica in due volumi, forse l’opera sua più importante.

Era un carattere difficile, prigioniero di un mito che egli stesso si era inventato, quello dell’aquilano duro e puro. Rompeva con tutti, prima o poi; solo con chi, ma molto pochi, per lui provava anche simpatia e gli perdonava le scontrosità e a volte le sgrammaticature sociali, delle quali dimostrava di non curarsi. Aveva trascorsi socialisti, coi quali ruppe quando si accorse che andavano in direzione diversa da quella da lui indicata, una sorta di liberazione catartica dal male politico, naufragata ancor prima dei gorghi craxiani di tangentopoli.

A Lecce veniva volentieri invitato da Mario Spedicato a partecipare alle iniziative della sezione di Storia Patria, che nel 2011 gli dedicò un volume de “L’Idomeneo”, la rivista della Società, in occasione dei suoi ottant’anni. Fu collaboratore di “Presenza” dal 1991 al 2014, con note critiche e recensioni per lo più, con cinquanta testi. Quando seppe delle mie idee politiche – qualcuno maliziosamente gliele aveva riferite – si precipitò a scrivermi che la sua collaborazione era da intendersi esclusivamente culturale. Lo rassicurai; anche per me, gli dissi. Mi definiva un reazionario ci-devant, come i rivoluzionari francesi chiamavano gli aristocratici. La qualcosa non mi dispiaceva.

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