di Antonio Devicienti
Walter De Maria medita su cadenze e ritmi, li inserisce nel paesaggio spesso desertico o, comunque, spoglio e all’apparenza ostile; l’astrazione aritmetica e geometrica penetra nel suolo oppure si distende in linee rette traverso la piana o si dispone in segmenti metallici verticali: quello che accade, che si vede o si fotografa o si riprende con la cinepresa è interazione tra calcolo e fenomeno naturale – si vede, si fotografa, si filma (cioè si legge) quello che viene scrivendosi (iscrivendosi, descrivendosi) mutevole da istante a istante.
E il numero 3, la sfera, l’oro si ripropongono continuatori d’antichissime simbologie, il rigore della visione geometrica e aritmetica s’innesta nell’aleatorietà del disporsi e del trasformarsi del suolo, della superficie erbosa, dell’incidenza della luce: la ποίησις (il farsi creatore) si dà nel punto di giuntura tra calcolo e natura.