Si dice che si legge poco. Ma la differenza non è data dal poco o molto. Forse è data da quanto un libro è profondo. Poi, non è detto che un libro occorra leggerlo per intero. Si può lasciare a metà, o dopo qualche pagina soltanto. Un libro si comincia e non si finisce, perché un libro è una cosa della vita. Molte cose, nella vita, si cominciano e non si finiscono. Tante cose. La maggior parte. Un libro si prende, si lascia, si riprende. Si comincia dalla fine, da una pagina che si apre a caso, da una riga in quarta di copertina. Di un libro rimane tutto, oppure solo il profilo di un personaggio, oppure solo la descrizione di un paesaggio, oppure non rimane niente. Le parole possono scendere, sprofondare nella memoria, dentro il cuore, oppure rimanere in superficie, disperdersi immediatamente. Dipende da qual è, da com’è la condizione dell’esistenza nel tempo in cui lo si legge.
Ci sono incipit di romanzo che in poche righe riescono a rappresentare tutta la storia, che si incidono nella memoria. Questo, per esempio: “ Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa, si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva portato a conoscere il ghiaccio”. Màrquez avrebbe anche potuto fermarsi qui. Non scrivere una parola di più. “Cent’anni di solitudine” è tutto in queste righe.
Non importa se i libri di un uomo siano molti o pochi. E’ essenziale che siano molti i libri di una civiltà, che siano molte le idee che portano, perché sono le idee diverse che producono progresso e sviluppo. I molti libri di una civiltà consentono il confronto, la comparazione, l’analisi, di guardare il mondo da molteplici punti di vita, di darsi più risposte, soprattutto di farsi più domande, di comprendere cause ed effetti di quello che accade, perché tutto quello che accade è già accaduto un’altra volta, e quello che è accaduto sta scritto in un libro. La Storia sta scritta nei libri.
Fino a questo momento non si ha conoscenza di un modo diverso di confrontarsi con la Storia, e quindi con la memoria, e quindi con l’esperienza del tempo, della civiltà. Il solo strumento a disposizione è costituto dal libro. In un solo libro non c’è mai tutto, per cui servirebbero molti libri, innumerevoli libri. Oppure, come si diceva, servirebbero libri essenziali. I libri essenziali non sono quelli che dicono tutto, anche perché libri così non ne esistono. Sono quelli che propongono quadri concettuali, categorie, strumenti, concetti, metodi che consentono di acquisire competenze funzionali a comprendere non il tutto, certamente, ma il più possibile. Sono quelli che accendono dubbi, domande, perchè i dubbi e le domande sono più importanti e servono di più delle certezze e delle risposte. Sono quelli che nel corso del cammino indicano qual è la strada più facile da fare ma che non porta da nessuna parte, e quella che è la più difficile ma che porta al punto in cui si sogna di arrivare. Senza che abbia veramente importanza che al punto sognato si arrivi davvero.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 23 aprile 2023]