Il Salento di De Giorgi che fu Terra d’Otranto

Il toponimo “Salento” è prevalso storicamente e ha trovato unanime consenso, come risposta a quella necessità di sintesi geografica. Dal suo apparire due millenni fa, come un fiume carsico, scomparendo e riaffiorando fugacemente, quel nome ha attraversato i meandri della storia, sino al suo riemergere nell’‘800, per giungere all’affermazione di oggi, diventando uno dei marchi turistici più noti in Italia. Nel primo millennio a.C., nel Capo Japigio (per i greci Messapia), gli autoctoni distinguevano due etnie: quella dei “calabri”, collocata sul versante adriatico, e quella dei “salentini”, sul versante ionico. I romani, in particolare, indicavano come “Sallentini” gli abitanti delle paludi acquitrinose a sud di Taranto, dall’attuale Circummarpiccolo sino a Porto Cesareo. Non è dato sapere perché, poi, con la colonizzazione latina, dopo la conquista del Salento (260 a.C.), gli imperatori romani scelsero di utilizzare il toponimo “Calabria” per indicare la penisola salentina.

Dopo fugaci e sporadiche apparizioni nel periodo medievale, il termine ricomparve in alcune carte geografiche elaborate tra il ‘500 e il ‘600, come quella dell’olandese Willem Janszoon Blaeu (1571-1638), dal titolo “Terra di Otranto olim Salentina et Iapigia” (Terra d’Otranto una volta Salento e Iapigia). Un uso più frequente si registrò nell’‘800, tanto da essere presente, ufficialmente, nella carta costituzionale del Regno delle Due Sicilie, varata nel 1820, come una delle province del regno, privilegiandolo al posto di Terra d’Otranto. Lo usarono anche alcuni giornali dell’epoca, come “L’Osservatore Salentino” (1820), “L’Eco del Salento” (1848), “L’Italia Salentina” (1860).

Con il Regno d’Italia, e l’avvento della “Provincia di Lecce”, il termine “Salento” diventò di uso sempre più frequente e comune. Nel 1861, a Galatina veniva fondato lo stabilimento tipografico “Editrice Salentina”, tuttora in attività, e nelle edicole comparve una miriade di testate giornalistiche, come “L’Educatore Salentino” (1877), “Cronaca Salentina” (1882), “La Cultura Salentina” (1887), “Il Messaggero Salentino” (1891), “Il Risveglio Salentino” (1895), “L’Eco del Salento” (1901), “Corriere Salentino” (1903), “Cronache Salentine” (1912), e tante altre ancora. Non mancarono pure durante il ventennio fascista i giornali che facevano riferimento al toponimo, come “Il Nuovo Salento” (1923), “Corriere Salentino” (1924), “Il Popolo del Salento” (1924), “Il Faro Salentino” (1931), “Il Corriere del Salento” (1932), “Rinascenza Salentina” (1933). Il termine fu usato dal regime, anche, per denominare le milizie locali delle camicie nere, come la “Legione Salentina”.

Essendo anacronistico l’uso di “Terra d’Otranto” e limitativo quello di “Provincia di Lecce”, la pattuglia di deputati salentini alla Costituente (1946-1948), con a capo Giuseppe Codacci-Pisanelli, propose la costituzione della “Regione Salento”. Il progetto, com’è noto, fallì, ma per il termine “Salento” fu la consacrazione definitiva del suo primato. Non mancarono anche nell’Italia repubblicana le testate con quel riferimento, come “Il Salento” (1944), “Salento Nuovo” (1946), “Cronache Salentine” (1951), “La Voce del Salento” (1951), “Il Salentino” (1957), “La Tribuna del Salento” (1959), “Salento Domani” (1968), “L’Ora del Salento” (1968), “Nuovo Salento” (1976), solo per citarne alcune. Per arrivare, poi, anche, all’Università del Salento o all’Aeroporto del Salento. Tant’è, insomma, che oggi è diventato un fatto naturale e spontaneo usare il toponimo “Salento” o, con qualche sfumatura, quello di “Grande Salento”, come sintesi lessicale per indicare geograficamente l’intera penisola salentina, nelle conversazioni informali, sui mass media, negli atti ufficiali e nei libri di storia.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 18 aprile 2023]

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