di Guglielmo Forges Davanzati
Giorgia Meloni ritiene che la questione demografica sia risolvibile attraverso maggiori investimenti per l’occupazione femminile. La premier coglie un problema reale, ovvero lo scarso tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano, di gran lunga inferiore alla media europea. Va detto che il calo delle nascite non è un fenomeno recente: il tasso di fertilità (il numero medio di figli per donna) è sceso da 2.5 della fine degli anni Sessanta a 1.4 a metà anni Ottanta. Da allora questo tasso ha oscillato fra 1.2 e 1.4 (oggi si è a 1.24). Il processo è cumulativo: vent’anni fa c’erano meno neonati, oggi meno potenziali genitori. L’effetto della denatalità è, infatti, cumulativo. Va detto che le immigrazioni hanno compensato fin qui la caduta del tasso di natalità, così come anche l’aumento dell’aspettativa di vita. Ciò pure a fronte del fatto che da nove anni la popolazione cala continuamente e che l’età media della popolazione in aumento ha effetti economici di segno negativo: rende, in particolare, più difficilmente sostenibile il sistema pensionistico e riduce il tasso di crescita della produttività del lavoro. Fino a quando il tasso di fertilità resta inferiore a 2, in assenza di immigrazioni, ogni anno il numero di coloro che va in pensione è superiore al numero di coloro che entrano nel mercato del lavoro.