di Antonio Devicienti
Derek Jarman acquistò un cottage di legno (Prospect Cottage) a Dungeness nel Kent che gli si profilò subito come pausa di serenità dai frequenti ricoveri ospedalieri cui doveva sottoporsi; lì il regista mise mano a un giardino, esistente ancora oggi, e sulla parete esterna che guarda a oriente fece scolpire nel legno le parole di una poesia di John Donne:
Busy old fool, unruly Sun,
Why dost thou thus,
Through windows, and through curtains, call on us?
Must to thy motions lovers’ seasons run?
Saucy pedantic wretch, go chide
Late school-boys and sour prentices,
Go tell court-huntsmen that the king will ride,
Call country ants to harvest offices;
Love, all alike, no season knows nor clime,
Nor hours, days, months, which are the rags of time.
In that the world’s contracted thus;
Thine age asks ease, and since thy duties be
To warm the world, that’s done in warming us.
Shine here to us, and thou art everywhere;
This bed thy center is, these walls thy sphere.
La forte esposizione ai venti marini e alla salsedine furono sfida ardua per Jarman che seppe intessere un giardino di ciottoli e piante basse, capaci di resistere alle intemperanze delle stagioni e alla prossimità di un mare non sempre clemente, irrinunciabilmente aspro, vasto, presente.
Da un lato il cottage di Dungeness vede una centrale nucleare, da un altro si scorgono in lontananza molti alti tralicci e nel giardino Jarman volle accogliere anche avanzi di legno o di metallo trovati sulla spiaggia, sculture loro malgrado, spontanee formazioni e trasformazioni di manufatti già umani e che il mare, il sale, il vento, gli urti e gli abbandoni avevano trasformato in silenziosi visitatori e poi ospiti del giardino e della mente di Derek Jarman.
Un cottage di legno dipinto di nero, stanze piene di libri, un giardino di laconica bellezza, spoglia e adulta.