di Antonio Devicienti
C’è una presenza luminosa e feconda nella ricerca (non soltanto figurativa) di questi nostri anni ed è quella del magistero etico e artistico di Giorgio Morandi.
Tacita Dean gira nel 2009 nello studio bolognese del pittore due film, Day for Night e Still life: il primo, in 16 mm della durata di 10 minuti, è muto, il secondo, anch’esso in 16 mm, muto, dura 5′ 30”.
Tacita Dean letteralmente dipinge e scrive con il medium filmico, o meglio, la pellicola e il silenzio sono pittura e scrittura in atto, si danno mentre avvengono ed esse avvengono mentre interrogano il fare (facere) e il fatto (factum) dei Maestri: da qui nascono i film (eccezionali, di rara originalità e bellezza, capaci di porsi oltre il mezzo puramente cinematografico) dedicati a Mario Merz, a Merce Cunningham, a Michael Hamburger…
Day for Night indugia tra gli oggetti che Morandi dipinse per tutta una vita: Tacita Dean non li tocca, ma li percorre con lo sguardo (uno sguardo che si compone del suo occhio che vede, dell’obiettivo della cinepresa che riprende e, non lo si dimentichi, del montaggio finale), si addentra negli spazi tra quegli oggetti, indugia sulle ombre, sul variare delle prospettive e della luce: bottiglie, scatole, ciotole che chi ama Morandi presume di conoscere e di riconoscere, ma Tacita Dean, che guarda con una pazienza e un’attenzione (una cura) che possono essere considerate tra le eresie più alte del nostro tempo, dipinge e scrive di un soffermarsi, di un considerare, di un contemplare e interrogare, di un lento muoversi che vuole capire e conoscere – e in questo senso si potrebbe parlare anche della creazione di un’opera d’arte originale e modernissima capace di riconoscere la presenza del Maestro e da tale presenza partire per le proprie successive ricerche.