1) La BCE è consapevole di non poter controllare gli aggregati monetari, ma cerca ostinatamente di farlo tramite il controllo dei tassi di interesse. Vi può essere qui – e vi è forse stato – un errore di tempistica: l’aumento del tasso di inflazione si è verificato dal 2021 ma è stato solo il 21 luglio del 2022 che la BCE ha aumentato per la prima volta i tassi. Si era già certi della fine della crisi sanitaria, ma probabilmente la BCE è stata tratta in errore dall’insorgere della variante Omicron del COVID-19.
2) Vi è stato poi un errore di comunicazione. L’Istituto di Francoforte ha detto che i tassi sarebbero stati aumentati a velocità costante, lasciando intravedere la (falsa) convinzione di avere previsioni perfette.La cura della BCE è, in sostanza, una forte disciplina ai lavoratori. Essa implica la caduta della domanda (che già sta cadendo) e dell’occupazione nell’Eurozona, a fronte della minaccia di aumenti salariali come risposta all’inflazione e alla de-globalizzazione (come testimoniano gli allarmi di Bankitalia), con conseguente riduzione dei tassi di crescita dei salari monetari. In più, la terapia BCE rischia di aggravare il quadro, dal momento che accentua il fenomeno – già in corso – della centralizzazione del capitale. Il quale, già visto da Marx, si manifesta nel fatto che i capitali di più grandi dimensioni acquisiscono i capitali piccoli, con effetti di segno negativo sulla dinamica dei consumi, dell’occupazione e degli investimenti.
[“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 13 aprile 2023]