La bellezza di disimparare per conoscere le cose nuove

Un nuovo pensiero significa anche una disponibilità a fare i conti con la caduta dei riferimenti, con il disorientamento nell’immensità incontrollabile del sapere, a confrontarsi con nuove verità. Quello che  si conosce questa mattina può rivelarsi improprio anche solo stasera. Il modo e gli strumenti con i quali si è arrivati a conoscerlo possono rivelarsi inadeguati ad una conoscenza diversa. I metodi possono risultare superati, obsolete le categorie nelle quali collochiamo le cognizioni, destrutturato l’ordine prestabilito dei significati. Si amplificano le incognite, si moltiplicano le interrogazioni.  La conoscenza richiede – pretende- un altro tipo di esperienza dell’umano: che, forse, è proprio quella di disimparare tutto quello che risulta superato dagli eventi, dalle situazioni e dalle condizioni che sono mutate.

A quello che dicono Carlo Rovelli e Roland Barthes, si può annodare quello che sosteneva Eugenio Montale in Auto da fe”: la cultura è quello che rimane nell’uomo quando ha dimenticato tutto quello che ha appreso. Però bisogna essere accorti a non bruciare le cellule riproduttive del sapere. Perché dalla capacità di  riproduzione del sapere dipenderà il rapporto   con la realtà, con l’immaginario, con i miti, con i riti, con l’arte, con la scienza, e anche con le superstizioni, con le mentalità e le modalità di rappresentazione soggettiva e collettiva dell’universo, con le coerenze, con le contraddizioni, con le turbolenze della civiltà, della cultura, della storia,   con il senso del passato e con quello del futuro. Anche le cose che sostanzialmente restano nel modo in cui sono, si presentano con una fisionomia diversa, con una diversa conformazione culturale. Quando le cose restano nel modo in cui sono, comunque si portano dietro significati nuovi, ed è con quei significati nuovi che diventa indispensabile confrontarsi.

Dalla capacità di riformulazione della conoscenza dipenderà la possibilità di governare la discontinuità, la frattura, la rimozione di parti, elementi, forme, espressioni, contenuti consistenti del sapere, la perdita o il deperimento  della memoria.

Forse anche le cose più semplici e consuete dovranno essere fatte in un modo nuovo, con nuovi mezzi, con linguaggi diversi da quelli di adesso.

Alcuni passaggi avverranno in modo graduale, che forse neanche ce ne accorgeremo. E’ già accaduto, in fondo. Accade ogni giorno. Ce ne saranno alcuni che avverranno all’improvviso, per esempio quelli determinati dalle macchine. Anche di questo, in fondo, abbiamo esperienza.  Alcuni di essi riusciremo a gestirli senza troppa difficoltà; altri saranno piuttosto complicati; alcuni ci renderanno più comoda la vita, altri invece ci molesteranno. Com’è sempre accaduto e come accade per molte cose, in fondo.

Disimparare costa fatica, molta fatica. Costringe a rinunciare a riferimenti che si considerano essenziali. Comporta la crisi e l’assillo delle domande. Però comporta anche la bellezza dell’intraprendere una nuova avventura nella foresta intricata e misteriosa del sapere, e poi la bellezza della scoperta di quello di cui a volte non si immagina nemmeno l’esistenza, e la bellezza che comporta la rivelazione dei misteri.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 26 marzo 2023]

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