Non è quindi arbitrario ritenere che, con le dovute differenze, quell’impegno fu raccolto e continuato da Domenico, se è vero che sentì il bisogno di collaborare al giornale culturale “Il Rosone”, che teneva viva a Milano l’attenzione sull’arte pugliese ed in particolare su quella della Daunia. Su quel giornale Bacile scrisse un bel saggio su Il Rosone più elegante del Romanico pugliese (a.I n.1, lug-ag. 1978, p. 4-5), mentre incoraggiava la pubblicazione di specifiche indagini sul medesimo ambito, come testimonia in particolare la sua Prefazione al libro di Vincenzo Bambacigno, Miti e credenze della Puglia antica (Quaderni del Rosone, Milano 1983).
Intorno alla metà degli anni Settanta erano usciti invece i due lavori più importanti di Domenico: la monografia Musica visiva di Fausto Melotti, presso le edizioni Virgilio (Milano 1975), con una Prefazione di Gian Alberto Dell’Acqua e quella pubblicata l’anno seguente presso le edizioni Milella a Lecce intitolata Aspetti del verismo sociale nelle arti figurative dell’Ottocento italiano.
Può sembrare curioso un accostamento di interessi per ambiti tanto diversi quali la cultura “astratta” di Melotti e il figurativismo veristico. Certo, quei libri, pur usciti in rapida successione, dovevano essere frutto di un lungo lavoro di ricerca e di riflessione e, a basarsi solo sulla lettura diretta e quindi prescindendo dalla conoscenza delle motivazioni storiche che li avevano generati, rivelano due distinti approcci di studio. Quello su Melotti è certamente più immediato e partecipativo, frutto anche della consuetudine diretta che Bacile ebbe con il grande scultore di Rovereto, ma anche espressione di una concezione dell’arte che egli sentiva come più affine ai suoi gusti. Non a caso sarebbe tornato, a quasi dieci anni di distanza, per sottolinearne l’importanza, in L’Astrattismo italiano degli anni ‘30 ( in “Nuovi Orientamenti Oggi”, Gallipoli 1988). Mentre quello sul verismo sociale aveva un taglio più distaccato, non accademico ma decisamente critico, come mostrano con grande chiarezza le parole conclusive della Premessa: “L’ispirazione che dominava questi artisti era soprattutto una ispirazione di denuncia, fondata tuttavia assai spesso più su un sentimento di pietà che sul sentimento della comprensione storica del movimento proletario o contadino dell’epoca: una pietà propensa a trasformarsi spesso in pietismo[…] Tale concezione diminuiva la profondità dell’opera, riducendo spesso l’immagine al bozzetto, alla scena di genere…”.
Sono osservazioni che bastano da sole a farci rimpiangere che Domenico abbia abbandonato quell’impegno di studi, almeno per ciò che riguarda le pubblicazioni, e che rendono più aspro il pensiero della sua troppo prematura scomparsa.
[Quaderni del Liceo Scientifico Statale “Cosimo De Giorgi”, Cartografica Rosato, Lecce 2013, pp. 198-1999]
Mio professore di lettere al liceo a Milano, te ne sei andato troppo presto… grande studioso di Arte, uomo di cultura, uomo intelligente, cordiale e tollerante. Sei sempre nel mio cuore.
Un grande esempio, un grande Uomo.