L’educazione delle fanciulle secondo uno scrittore scolastico leccese di fine Ottocento
di Giuseppe Caramuscio
1. Educare con le donne, educare le donne
Le vicende professionali e umane delle maestre e dei maestri elementari nell’Italia post-unitaria sono state, sia pure in tempi recenti, sufficientemente esplorate dalla ricerca di settore, che, nel ricostruirle, ne ha identificato il paradigma del travagliato processo di scolarizzazione nel nostro Paese[1]. Tale direttrice dell’indagine storiografica si è pienamente dispiegata, in Italia, in particolare negli anni ’90 del secolo scorso, quando il dibattito politico e culturale sulle ragioni del nostro essere nazione ha sollecitato ricerche più centrate ed approfondite sulle modalità del Nation Building italiano[2]. Ne è conseguito un più vivace interesse per le strutture e per le strategie educativo – comunicative messe in atto dai ceti dirigenti, allo scopo di indagare i differenziati livelli di propagazione del messaggio politico, prioritariamente riguardo la scuola e, più in generale, l’organizzazione della cultura[3]. Si è dato così spazio all’analisi del progetto di alfabetizzazione non solo strumentale, ma anche in senso etico; ci si è soffermati in maggior misura sugli strumenti di mediazione tra i saperi formalizzati e le masse popolari, tra i quali rientrano anche gli operai del sapere, ossia gli insegnanti della scuola primaria.
All’interno di quest’ambito, gli studi sull’educazione femminile giocano un ruolo importante: rintracciano i momenti di formazione delle differenze di genere, identificandone i corrispettivi ruoli che vanno prefigurandosi, e divengono sintomatici delle più complessive trasformazioni dell’assetto sociale, come, ad esempio, quello dell’aumento dell’occupazione nei ruoli del terziario, mediante l’assunzione di migliaia di maestre. Ancora, nella seconda metà dell’Ottocento, è possibile cogliere la transizione nell’educazione femminile, che in diversi Paesi europei – Italia compresa – conduce da un modello fondato sulla trasmissione orale all’avvio di processi di acculturazione all’interno di strutture pubbliche o religiose[4]. In definitiva, da un lato si tratta di esplorare i rinnovati sistemi educativi attraverso l’attività delle operatrici scolastiche, dall’altro di precisare i peculiari processi di formazione rivolti alle bambine e alle ragazze frequentanti le scuole, assumendo a seconda dei casi l’identità di genere come soggetto, o come oggetto, delle strategie e delle pratiche educative dominanti.