La sua lettura è stata – continua ad essere- una esplorazione del testo finalizzata alla sua comprensione che si fondava- si fonda- su una condizione imprescindibile di sintonia con esso. Si potrebbe anche dire che il suo processo di interpretazione è costantemente attraversato da un sentimento del testo. E’ questa la passione del metodo, o il metodo della passione. Per esempio: si diceva Bodini. Liberato sia dai confini salentini sia dagli specialisti, per essere consegnato allo stupore del comune lettore: del libero lettore, riprendendo una definizione di Alessandro Piperno. Ancora: Giannone ha contribuito in maniera sostanziale a determinare in maniera corretta la definizione di “autori salentini”, annodandola ad una condizione di appartenenza territoriale, ma soprattutto ad un profilo di identità costituito dalla dimensione storica, geografica, antropologica nella quale la loro letteratura si è generata e si è sviluppata.
Un metodo, una passione: spesso orientati verso quelli che una certa convenzione definisce minori, ma che minori non sono, che sono semplicemente – colpevolmente- trascurati o relegati in spazi marginali. Così il lavoro che ha fatto Lucio Giannone è stato anche di politica letteraria, se così si può dire, anche tenendo conto degli argomenti delle tesi di laurea che ha assegnato. Un lavoro di scoperta finalizzato a dare dignità a chi la meritava. Una passione per i minori sostanziata dal metodo che pretende l’analisi, la verifica, la valutazione. La riscoperta di autori dimenticati viene integrata con il restauro e il rilancio critico di alcuni tra i maggiori rappresentanti della cultura pugliese dell’Ottocento e del Novecento, precisano i curatori dei due volumi.
Una politica letteraria, dunque. Forse non è improprio. Perché negli studi condotti da Giannone, il Sud è il punto da cui si avvia la ricerca, da cui si attiva lo sguardo critico. Cominciare da Sud, dunque, anche in letteratura: da quella letteratura che racconta il Sud e la sua Storia, con le sue coerenze e le sue contraddizioni, con i suoi vizi, le sue virtù, le occasioni prese e perse. Giannone comincia da Sud. Attraversa altri territori quando il percorso critico richiede o pretende l’attraversamento. Rimane a Sud quando è coerente rimanere a Sud. Senza mai pensare il Sud come confine. Hanno ragione Bonifacino, Giorgino e Santoli quando dicono che ogni studio di Giannone ha come motivo e come movente l’impegno di “ Restituire il testo alla sua primarietà: e a partire da questo ripensarne la particolare posizione e significazione storica alla luce di una congiunzione dialettica di orizzonti tra il dettaglio e l’insieme, tra il centro e il margine, in una intersezione dove ogni geografia si adempie in storia”. L’ordine in cui vengono impiegati i termini – prima la geografia e dopo la storia- mi impone la memoria di quel classico di Carlo Dionisotti, “Geografia e storia della letteratura italiana”, con un particolare riferimento all’affermazione del principio che le distinzioni e le definizioni di fatti letterari devono farsi avendo riguardo alla geografia e alla storia, a quelle condizioni che nello spazio e nel tempo stringono ed esaltano la vita degli uomini.
Questo principio ha sempre tenuto presente Lucio Giannone nella sua esperienza di interprete: a volte implicitamente, a volte esplicitamente.
Spazio e tempo. Geografia e storia. Perché molto spesso è la geografia a decidere la storia, anche la storia della letteratura. Poi la geografia determina anche l’elaborazione della visione del mondo e della vita, e le conseguenti scelte che si fanno in ogni contesto e in ogni occasione, anche in quella faccenda di parole chiamata critica letteraria. Da una visione del mondo e della vita deriva la critica letteraria di Lucio Giannone.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Lunedì 13 marzo 2023]