La “bella scola” di Aldo Vallone

Leonardo Sebastio, Aldo Vallone nella Facoltà di Magistero di Bari (pp. 57-65) rievoca il periodo in cui Vallone fu docente di Lingua e Letteratura italiana nella Facoltà di Magistero di Bari (dall’a.a. 1967-1968 all’a.a. 1971-1972), che rappresentò, secondo lo studioso, “il momento più fecondo di risultati scientifici, per molti aspetti determinanti per la dantologia tutta” (p. 64), con la pubblicazione nel 1971 del Dante nella Storia letteraria d’Italia vallardiana. Seguono due scritti, entrambi dedicati a Vallone studioso della “civiltà meridionale”: il primo, di Mario Agrimi, Aldo Vallone per la “civiltà meridionale” (pp. 67-72): è suo il ricordo di una Galatina, dove ebbe a formarsi il Vallone, che “nei primi anni del dopoguerra si collocò in una posizione di particolare prestigio per le sue attività culturali e per una illuminata e vigorosa presenza della tradizione liberale legata alla famiglia Vallone…” (p. 71); il secondo, di Giuseppe Galasso, Aldo Vallone e la genesi della storia letteraria del Mezzogiorno (pp. 73-79), che ricostruisce la genesi del Profilo della letteratura meridionale dalle origini all’unità, pubblicato in Storia del Mezzogiorno, a cura di G. Galasso e R. Romeo, X, t. 3, Napoli, Edizione del Sole, 1992, pp. 335-493, ampliato poi in una redazione monumentale nella Storia della letteratura meridionale, Napoli, CUEN, 1996). Galasso definisce il Profilo come “un quadro… attento anche alla periferia del Mezzogiorno, non solo al suo grande centro napoletano” (p. 77).

Una parte notevole del volume riguarda poi gli studi di critica dantesca di Vallone – peccato che il Dante, invece,  si eccettui l’accenno di Sebastio sopra ricordato, sia stato un po’ trascurato dai convenuti -: due studiosi, Ruggiero Stefanelli, Aldo Vallone storico della critica dantesca (pp. 81-89), e Luigi Scorrano, Strade maestre e scorciatoie: Aldo Vallone e la Storia della critica dantesca dal XIX al XX secolo (pp. 91-137), entrano nel merito degli studi di critica dantesca di Vallone: Stefanelli, più sintetico, definisce il metodo di ricerca di Vallone, “critico della critica letteraria”: “Egli si mosse dapprima, anche qui, per campioni oserei dire, cioè per saggi dedicati a singole figure di interpreti danteschi, dislocando di volta in volta l’attenzione su momenti storici diversi e magari distanti tra loro, oppure concentrandola su scuole e indirizzi rappresentanti cambiamenti significativi o vigorose conferme della fortuna di Dante… Col passare degli anni, inevitabilmente Vallone completò il quadro dello svolgimento storico della critica dantesca col riempire i vuoti attraverso un’infaticabile raccolta e classificazione culturale dei dati anche meno significativi, lentamente approdando a quella storia della critica dantesca  cui aveva sempre ambito…” (pp. 83-84); Scorrano, più analitico, passa in rassegna tutti i secoli studiati da Vallone nella Storia della critica dantesca dal XIV al XX secolo (1981), considerando non solo i grandi nomi della critica dantesca, ma anche i minori e minimi (“oltre le vie maestre è apparso necessario percorrere un buon numero di scorciatoie” p. 112). A seguire, due saggi, il primo di Antonio Palermo, Vallone e la narrativa dell’Otto-Novecento (pp. 139-144), nel quale si dà menzione degli interessi valloniani di critico letterario, il secondo di Carmine Di Biase, Il romanzo napoletano del Novecento in Aldo Vallone (pp. 145-154), che una volta di più dà ragione della predilezione valloniana nei confronti della narrativa meridionale e napoletana in particolare. E veniamo al saggio centrale del volume, che gli dà il titolo, firmato dal curatore, Pasquale Sabbatino, Gli anni della “bella scola” federiciana di Aldo Vallone e la “storia dialettica” della letteratura meridionale (pp. 155-196), nel quale l’autore, riprendendo analoghe considerazioni già abbozzate da Galasso, mette in evidenza “la negazione e la improponibilità della storia unilineare della letteratura italiana” che invece nasce e si nutre “del confronto e della dialettica fra le diverse realtà storico-geografiche, che insieme contribuiscono, pur nella diversità, tra urti e riappacificazioni, scontri e incontri, gomitate e strette di mano,  a disegnare un quadro nazionale non tanto unitario quanto variamente articolato” (p. 169). A seguire, Vincenzo Caputo, Aldo Vallone e le istituzioni accademiche napoletane (pp. 197-231) dà conto dell’attività di Vallone presso l’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, di cui fu a lungo presidente e vicepresidente, e dell’Accademia Pontaniana, di cui fu semplice socio; nelle quali nacquero non pochi studi di Vallone; e Cristiana Anna Addesso, Aldo Vallone e il modulo della “comparazione” di Francesco De Sanctis (pp. 233-274), saggio nel quale la scrittrice passa in rassegna gli studi desanctisiani di Vallone per concludere che “Manzoni, Leopardi e Prati costituiscono per Vallone altrettante prove del nove per dimostrare la centralità del De Sanctis nelle dinamiche della critica letteraria italiana (p. 273). Carlo Alberto Augieri, Campi lessicali della lingua poetica e dialettica temporale tra significazione dei testi e senso delle culture: riflessioni sulla critica di Aldo Vallone (pp. 275-297), sulla scorta del metodo “indiziario” di Carlo Ginzburg, dichiara in apertura di voler “percorrere alcuni segmenti argomentativi del discorso critico di Aldo Vallone” (p. 276) nella convinzione che la critica, “come Vallone ha insegnato, … deve avere la capacità di spiare gli “indizi” testuali, saperli leggere come segni… Vallone ha proposto un “paradigma indiziario” di segni, di cui seguire il tracciato…” (p. 297).

Chiude il volume una bella e accurata descrizione della Biblioteca di Aldo Vallone (pp. 299-303) di Leopoldo Tondelli, dove si legge che “sono raccolti circa cinquantamila volumi opuscoli ed estratti” (p. 299). Il lettore rimane sorpreso, avendo letto nello stesso volume che i libri della biblioteca valloniana sono “oltre trentamila” (L. Sebastio, cit. p. 58 n. 3) (L. Sebastio, cit. p. 58 n. 3). Insomma, quanti sono questi volumi? Inoltre, entrambi gli autori (Sebastio e Tondelli) dichiarano che la Biblioteca è aperta al pubblico. Tondelli dice addirittura: “La biblioteca, aperta al pubblico, ha attività continua almeno dal 1974” (p. 299). Che io non me ne sia accorto, pur passando da via Siciliani quasi ogni giorno da almeno quarant’anni?

[La “bella scola” (recensione a La ”bella scola” federiciana di Aldo Vallone, a cura di Pasquale Sabbatino, ESI,  Napoli, 2007), “Il Paese Nuovo” di sabato 23 ottobre 2009, p. 6.]

Questa voce è stata pubblicata in Letteratura, Recensioni e segnalazioni e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *