Pare che ogni laureato costi allo stato circa 250.000 euro (https://pagellapolitica.it/articoli/quanto-costa-allo-stato-un-cervello-in-fuga). I laureati che emigrano, però, non sono “venduti” ai paesi che li “usano”: sono regalati. Anzi, entrano in sistemi produttivi che competono con i nostri: al costo della loro formazione dobbiamo aggiungere le perdite economiche dovute a scarsa competitività rispetto a paesi che usano manodopera qualificata (quella prodotta da noi).
A questo punto la logica governativa (di tutti i governi) diventa chiara: perché spendere tutti questi soldi per produrre laureati che non utilizziamo e che gli altri si prendono senza pagare? Tanto vale smettere di produrne. Ora è chiara la logica del numero chiuso, delle riduzioni dell’organico, della diminuzione di investimenti in ricerca e formazione. Si comincia con le elementari: le ho fatte negli anni Cinquanta. Eravamo trenta per classe, c’era il baby boom. Oggi c’è denatalità (tutti se ne lamentano) ma le classi sono sempre di trenta alunni. Se il numero di alunni diminuisce, si accorpano le classi. In modo da spender meno in stipendi dei docenti (stipendi miseri rispetto agli altri paesi) e in edilizia scolastica. La burocratizzazione della funzione docente mortifica ulteriormente chi insegna, già umiliato dall’ammontare dello stipendio.
Di che ha bisogno l’Italia? Ce lo dice il ministro Lollobrigida: 500.000 extracomunitari da utilizzare nei campi come braccianti. Esportiamo laureati e importiamo braccianti. I giovani fannulloni non hanno voglia di spaccarsi la schiena in campagna, vogliono laurearsi e avere giusti riconoscimenti per il loro valore. Scandalo!!!! Il bello è che all’estero i riconoscimenti li trovano. Magari i raccomandati con lauree taroccate restano qui: una chiave inglese nell’ingranaggio.
Non contenti di importare schiavi, i nostri sistemi produttivi delocalizzano le fabbriche in paesi dove la manodopera costa poco e non ci sono leggi severe sulla tutela dell’ambiente e della salute umana: la disoccupazione aumenta. Quello che non si può delocalizzare (la produzione di cibo) viene prodotto con manodopera a basso costo, a volte proprio con gli schiavi.
Risultato: qualcuno diventa ricchissimo (gli extraprofitti), ma in media la popolazione si impoverisce. Il piccolo commercio chiude, aprono i discount, i negozi di cineserie, e fiorisce il commercio online che, spesso, si vale di manodopera sottopagata, come i riders. Le città senza negozi sono deserti sociali, ce ne lamentiamo, ma poi compriamo in rete.
Noi siamo rassegnati ad essere il paese con i salari più bassi d’Europa, i francesi mettono a soqquadro il paese per un aumento dell’età pensionabile che noi abbiamo “assorbito”, e in misura maggiore, senza battere ciglio, a parte qualche lacrima di Fornero e gli esodati sul lastrico.
Mi viene da fare Meloni, adesso: siete stati al governo per decenni, come mai non avete fatto queste cose quando avreste potuto? Già, come mai? Il vecchio detto chiede: a chi giova? Chi ha tratto vantaggi da queste politiche scellerate? Ovvio: quelli che hanno incamerato profitti stratosferici. E chi ne è stato danneggiato? Ovvio: quelli che si sono impoveriti o che sono scappati dal paese. Soprattutto i giovani. Se in democrazia vince la maggioranza, in teoria dovrebbero vincere gli interessi della porzione più numerosa del paese. E invece vincono gli interessi della minoranza (che si arricchisce), contro gli interessi della maggioranza (che si impoverisce e che emigra): una democrazia irrazionale. In effetti il partito che avrebbe la maggioranza è quello dei non votanti (https://www.openpolis.it/lastensionismo-e-il-partito-del-non-voto/): gli elettori sono rassegnati a non essere rappresentati. La minoranza vince, il paese si impoverisce e esporta il suo migliore capitale umano. Conoscete un partito che si faccia carico di tutto questo? Io no. Qualcuno ha provato a lenire i disagi dei più poveri, ma ha regalato pesci e non canne da pesca. Ci sarebbe bisogno di un new deal, magari di una transizione ecologica che costerebbe centinaia di miliardi. Ah, ci sono? Temo che saranno sperperati, come i nostri giovani.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 17 marzo 2023]