CLODIA. Non è un cane.
SOFIA. E allora? Vuoi per caso abortire? Non sarà che hai già fatto esperienza?
CLODIA. Sei pazza? Io rinunciare a un figlio? Semplicemente non voglio imparentarmi con i Tartaro. Tra loro e nostro padre tutto mi fa vergognare. Ho deciso di restare ragazza madre.
SOFIA. Oddio, con un padre agli arresti e un suocero in certi affari ti procureresti qualche apprensione. Vedrai che l’onorevole Rasina se la caverà; come sempre. Piuttosto hai per caso scoperto che anche i Tartaro siano stati presi in simpatia da qualche giudice?
CLODIA. Io non so niente.
SOFIA. Non hai mai voluto saper niente. Senti un po’, bambolina mia, allora perché hai voluto portare sempre avanti la data del matrimonio? Dimmi la santa verità. Ami un altro?
CLODIA. Ma sei pazza? Innamorarmi di chi?
SOFIA. Ah, non si è trattato un concepimento per amore, ma di un rito sacrificale. Avevi dato ad Eros un permesso di soggiorno sulle tue ubertose contrade. Fa come per accarezzarsi il seno. Cambiando tono. Tu non me la racconti, sorella mia! Mi dici la verità sul padre del nascituro?
CLODIA. Ti sto dicendo che io non mi sposo.
SOFIA. Questo l’ho capito. Gliel’hai detto all’interessato?
Entra in scena Teresa che accompagnerà Clodia ad una sedia.
CLODIA. A Giorgino no. Indicando Teresa. Solo a lei e adesso a te. A mamma e papà lo dite voi e loro parleranno ai Tartaro. Mi manca il coraggio. Mi vergogno. Sto impazzendo. Ma lo sapete o no che mi hanno obbligato a fare la postina?
TERESA. Non ci era sembrato che partissi di mala voglia.
SOFIA. Avevi bisogno di due mesi per vergognarti ed impazzire? Certo papà contava su quelle carte per la fine degli arresti. È il re degli imbrogli lui. Era meglio se ti sfogavi subito con noi. Ti avremmo fatto considerare l’aspetto eroico della pericolosa missione.
CLODIA. Papà aveva bisogno di quei documenti.
TERESA. Falsi.
CLODIA. Falsi o veri, lo scagioneranno dalle accuse.
SOFIA. Tu adesso ci racconti. Così sciogli l’ansia. Le sorelle le si mettono affettuosamente ai lati piegate sulle ginocchia.
CLODIA. Il ministro andava ad Abbazia Nuova all’inaugurazione di una mostra nel chiostro dell’abbazia cistercense dove erano esposti anche quadri di Amedeo.
SOFIA. Accortezza di un vero statista. D’accordo con papà si è mantenuto a duecento chilometri di distanza. Tu ufficialmente ti trovavi lì per vedere le mirabili opere del fratello del tuo fidanzato.
TERESA. Prudenza e segretezza.
CLODIA. Io dovevo consegnargli le carte nell’albergo dove lui avrebbe passato la notte. Alla mostra dovevo farmi vedere prima della sua visita o il giorno dopo, non durante. C’era un tempaccio nel mio viaggio di andata. Diluvi, allagamenti e deviazioni dalla strada statale. Sono arrivata a Badia che già veniva buio. Il ministro insieme col suo codazzo aveva abbandonato la mostra. Mi sono recata direttamente nel suo albergo. Alla signorina della reception ho dovuto dire che ero attesa dall’uomo di governo dovendo consegnargli una busta da parte di esponenti del partito. Ho fatto anche finta di aprire la mia borsa.
TERESA. In realtà sarebbe stato lui a passarti segretamente i documenti lontano da occhi indiscreti.
CLODIA. Secondo gli accordi.
SOFIA. In camera, a sistemarteli nel reggiseno e nelle mutande.
CLODIA. Smorfia di sofferenza. C’era confusione nella hall e musica in un salone attiguo. Speravo di far presto perché dovevo cercare un altro albergo per me. La mia visita alla mostra era ormai rimandata alla mattina dopo. Mi hanno fatto attendere, attendere dicendomi che il ministro era a cena.Poi finalmente una diavolessa scosciata viene al divano dove ero seduta e mi dice che mi accompagna da lui. Tutti ci guardavano.
TERESA. Specialmente te, vestita da penitente.
CLODIA. Sulla porta della suite il turpe ha licenziato la megera dicendo: «Grazie, onorevole.»
SOFIA. Una onorevole ruffiana e pettegola sarà stata. E addio riservatezza.
CLODIA. Non riuscivo a muovere un passo. Tremavo. Si asciuga una lacrima.
SOFIA. Tremavi? Capisco. L’uomo, com’era?
CLODIA. Una maschera stirata.
SOFIA. Stirata ma non troppo da non riuscire a lampeggiare sorrisi sulla tua figuretta. Avrà cominciato a raccontarti la sua infanzia di povero e infelice.
CLODIA. Ha chiesto di nostro padre.
TERESA. Scolaretto povero e infelice anche lui. Così per allontanare la tristezza ti ha offerto da bere.
CLODIA. Come potevo rifiutare?
SOFIA. Non era educazione. Il ragno maledetto aspettava le nebbie notturne.
CLODIA. Prima ha parlato di progetti politici da realizzare con nostro padre. Poi a chiedere di me e a dirmi che le mie competenze e il mio aspetto meritavano un aiuto da parte sua.
SOFIA. Indovino che per sciogliere la tua rigidezza ha provato anche con le barzellette. Sporche?
CLODIA. Mi sforzavo di ridere senza averle capite.
SOFIA. Il buffone invece, per non spezzarsi in due dalle risate, avrà finito col sostenersi con una mano sul tuo ginocchio. Qui hai cominciato a comprendere e a concentrare le tue preghiere sull’icona del tuo promesso sposo.
TERESA. San Giorgino che ti liberasse dal drago.
CLODIA. Sempre con triste sdegno. A un certo punto mi sono dovuta alzare dal divano.
SOFIA. Gli rifiutavi i tuoi doni e la maschera riacquistava il cadaverico biancore.
CLODIA. Tremavo. Tenevo gli occhi bassi per la vergogna. Ecco, così non insistete a dire che devo sposare Giorgino. Qualche giorno prima avevo sentito litigare nel loro ufficio Nicola con Tommaso che aveva proposto me per l’incarico.
SOFIA. Tommaso ha voluto mandare te?
CLODIA. Io ho origliato. Suo padre diceva: «Perché coinvolgere Clodia che lavora con noi? Non sarebbe meglio chiedere a Sofia?» «Sofia fa colpi di testa» replicava Tommaso.
SOFIA. Farabutto. Mia sorella era costretta a sottomettersi.
CLODIA. «Basta con i Rasina!» sentivo suo padre che urlava. E Tommaso: «Vuoi licenziare Clodia?» E l’altro a rispondere che l’avrebbe fatto se papà finiva in prigione. Non vi era certezza che con quelle carte nostro padre sarebbe stato scagionato. «Vediamo, vediamo!» ripeteva. E Tommaso ad aggiungere che si comprometteva il mio fidanzamento. E Nicola a ribattere che davanti a uno scandalo era meglio che Giorgino mi lasciasse. Adesso dite anche questo a mamma, ma aspettate per dirlo a papà.
TERESA. Ora che sei incinta il tuo futuro suocero si vergogna di avere detto simili cattiverie. Convinciti. Giorgino tu te lo sposi.
SOFIA. Se tu non sposassi quello, non avrebbe più senso l’istituto del divorzio.
Clodia scappa via disperata. Teresa e Sofia ridono abbracciandosi. Musica.
TERESA. Tormentare per far guarire, no?
SOFIA. In casa nostra, se c’è una che non deve avere la depressione, questa è lei che un uomo fisso e fedele ce l’ha.
TERESA. Lì per lì avevo pensato a una delle sue solite crisi di nervi.
SOFIA. Dice che resterà ragazza madre. Non sarà invece che vuole liberarsi del bambino?
TERESA. Non esiste neanche l’idea; ci sono due zie che se lo coccoleranno. Fa finta di coccolare un pargolo.
SOFIA. Voglio vedere come ripariamo adesso. Piomberanno tutti i Tartaro a chiedere ragione.
TERESA. E il Giorgino a piagnucolare.
SOFIA. Intanto potresti civettare tu con lui. Ingelosendo nostra sorella, quella lo sposa. Ilare. E magari tra una carezza e una lacrima proverai quel rimedio che risolve le tue titubanze con gli uomini.
TERESA. Offri sempre gli avanzi, cara. Smettila. Tu non ti rendi conto della gravità della situazione di Clodia. Adesso dobbiamo convincerla a prepararsi alle nozze. Alla nascita del Tartarino si metterà a condurre lei l’impresa. La lasceranno fare. Marito e cognato saranno in ufficio solo per rispondere al telefono.
SOFIA. Clodia ti ha confessato qualcosa in più di ciò che ha rivelato a me? Sarei proprio così crudele con lei perché non mi dica tutto? Oh non mi dire… Quella ha davvero un amante segreto che forse ha cogliuto buono o tiro. Adesso non sa da dove arriva il figlio.
TERESA. L’ho sospettato. Ma lei insiste sulla vergogna che l’abbiano vista incontrarsi con il satiro. La sola vergogna non è una buona ragione per non sposarsi.
SOFIA. Ci ha appena detto di essere scappata via davanti a turpi intenzioni del politico. Dobbiamo crederle?
TERESA. È necessario spiare sulla sua agenda, cercare tra i suoi scarabocchi se c’è qualche indizio che squarci i veli sulla notte del sabba.
SOFIA. Di solito è abbandonata sul cruscotto della sua auto. Basta scendere in garage in un momento giusto. Facciamo attenzione. A me ha detto che tutto tra i Rasina e i Tartaro la fa vergognare. Si vergogna adesso? Dopo diciassette anni di solida intesa tra le due famiglie?
TERESA. E dunque c’è qualcosa di molto grave che va oltre certi loschi affari.
SOFIA. Infatti, io penso che per Nicola avere un consuocero in prigione non sia motivo sufficiente perché lui rinunci a una legittima nuora che sta per dargli comunque un erede.
TERESA. E ad una amministratrice così riservata.
SOFIA. Sicura nel lavoro, ma incapace di trovarsi un maschio vero.
TERESA. Perché tu ci avresti la calamita per gli uomini veri. A me continui a dire che non ci so fare. Mi sa che nessuna delle sorelle ci sa fare.
SOFIA. Ma almeno tu sei vergine. La accarezza.
TERESA. Che cosa ti fa pensare che sia vergine?
SOFIA. Sarebbe stata la mia fortuna se io avessi incontrato come te angeli maldestri!
TERESA. Si schermisce. Lascia gli angeli adesso e non scherzare, ti dico. Ho tentato di far parlare Clodia. Ho insistito. Ma non ho ottenuto nulla di più della sua paura di esser vista come una ragazza invischiata insieme col padre gaglioffo in faccende torbide. Motivo comunque non plausibile, non sufficiente per voler restare ragazza madre. Avessi io un bambino in pancia! Mi importerebbe dell’onorevole Rasina in prigione! A meno che davvero Giorgino non sia il padre. Mi sembra di averla torturata facendole bagnare dieci fazzoletti.
SOFIA. Dieci?
TERESA. Erano di carta.
Al suono del campanello entra Marta.
MARTA. C’è Giorgino con sua madre. Esce.
TERESA. Oddio! Scappiamo.
SOFIA. Non facciamoci vedere.
Marta, Ofelia e Giorgino.
OFELIA. Marta, scusaci. Ci siamo precipitati. Giorgino ha telefonato a Clodia.
MARTA. Grazie invece della vostra visita. Giusto un po’ d’aiuto a levar la cenere dalla faccia delle mie figliole oggi. Clodia è preoccupata. Il matrimonio, la gente che dobbiamo invitare. Si è molto stancata in questi ultimi giorni. Le ho consigliato di riposare.
OFELIA. Clodia ha interrotto bruscamente la comunicazione con Giorgino. Allora l’ho chiamata io.
GIORGINO. Ha dovuto chiamare mamma.
MARTA. Senza badare a Giorgino. Grazie, Ofelia. Adesso è tranquilla e a letto.
OFELIA. Devo scusarmi se Giorgino è stato sgarbato con lei.
GIORGINO. Con mamma lei ha parlato. Io non sono stato accusato di nulla.
OFELIA. Al figlio. Quando mai. Comunque tu devi essere più attento con lei.
GIORGINO. Ma sì che sto attento! Cosa devo fare? Più che parlare di meno per non innervosirla! In chiesa, al corso sono stato sempre zitto. Io, mamma…
OFELIA. Visibilmente nervosa. Tu figlio… devi invece parlare di più e con avvedutezza in queste circostanze.
MARTA. Sempre ignorando Giorgino. Non dimentichiamo che Clodia pensa alla cerimonia, agli invitati, mentre la situazione di suo padre non è ancora chiara. Non ha smaltito l’irritazione per aver dovuto incontrare un alto personaggio della politica.
GIORGINO. Per quell’affaruccio ci sarei andato io volentieri, ma papà non ha voluto. Ci voleva proprio una donna?
MARTA. Sconsolata. Ci voleva. Ma il peggio è passato.
GIORGINO. Lasciamocelo alle spalle.
OFELIA. Al figlio. E smettila di dire cretinate! A Marta. Potrei andare un momento a salutare Clodia in camera sua?
GIORGINO. Potrei farle invece io una sorpresa?
AMEDEO. Rialza la testa. Al fratello. Meglio di no. Con le sorprese mal ti incoglie.
MARTA. Vai pure, Ofelia. Sei l’unica persona capace di farsi ascoltare in questo momento.
GIORGINO. Giusto. Avremo la quiete dopo la tempesta.
MARTA. Fra sé. Se vede questo Clodia non si calma più.
Entra Amedeo come trafelato.
OFELIA. Oh bravo. Vedi tu di schiodare tuo fratello.
Esce con Marta.
GIORGINO. Clodia non è venuta in ufficio oggi.
AMEDEO. Più preziosa l’impiegata che la promessa sposa.
GIORGINO.Tu sei invidioso perché non hai avuto mai una promessa sposa.
AMEDEO. C’è chi sposa le donne e chi sposa le muse.
GIORGINO. Le mantieni tu o ti mantengono loro le tue modelle? Intanto ogni occasione per te è buona per metterti in mezzo e innervosire le persone. Sei qui per Tommaso e Sofia, no? Cosa interessa a te se litigano? Papà e mamma ti danno le mance per combinare il doppio matrimonio? Sono stufo, sai, delle faccende della nostra famiglia con i Rasina. Verranno maggiori affari col doppio matrimonio? No. Se entra Sofia in casa nostra ci fa fallire di sicuro.
AMEDEO. Per i Rasina quello di Tommaso con Sofia è un fidanzamento ombra, diciamo dell’opposizione, alternativo al tuo.
GIORGINO. Con scatto di rabbia. Tu sempre a voler metter pace tra un infedele e una pazza.
AMEDEO. Imperturbabile. Vorrei scambiare due parole con Sofia. Sai se è in casa?
Altro scatto nervoso di Giorgino, ma intanto compare Sofia.
SOFIA.Sono in casa. È Tommaso che ti manda con carte compromettenti? A Giorgino. Giorgino, ti vogliono di là in camera di Clodia.
GIORGINO. Chi?
SOFIA. Chi! Chi temi di trovare nel letto di Clodia? Giorgino esce sbuffando.
Sofia e Amedeo soli.
AMEDEO. Ciao, Sofia. Scusa se arrivo senza averti telefonato. Ti proporrei un invito al ristorante questa sera ma dubito che tu voglia accettare e già sarei contento di due parole.
SOFIA. Accontentati di una sola. Stasera sono impegnata. Tutto qui. Adesso avrei da fare. Ti faccio parlare con Teresa. Fa per andarsene.
AMEDEO. Concedimi un minuto. Vorrei convincermi intanto che davvero sia finita tra te e mio fratello.
SOFIA. Convinciti e decidi se ti dispiace o ti fa allegria. Non rimanere incartato nel tuo dubbio amletico.
AMEDEO. Quindi stasera esci con un amico?
SOFIA. A te che ti frega se è amico o amante?
AMEDEO. Lontano e spaesato. Era prevedibile che una storia tra due ribelli dovesse finire.
SOFIA.Uno incipriato di cinismo e l’altra di stupidità. Ecco, mi hai strappato le due parole. Basta così. C’è qualcosa di grave negli affari delle nostre famiglie che ti obbliga a presentarti qui?
AMEDEO. Sono venuto per chiederti un segno di amicizia, di concedermi qualche giorno di collaborazione. Io sarò a Rimini per una collettiva dove espongo alcuni miei lavori. Una bella presenza femminile che illustrasse i miei quadri ai visitatori… Pago io il soggiorno.
SOFIA. Esterrefatta della proposta. Solo il soggiorno?
AMEDEO. La mostra è molto importante per me.
SOFIA. E per la tua mostra io abbandono il gentiluomo bello e colto che mi invita a cena e mi porta a ballare?
AMEDEO. Io soffrirei se gli uomini fossero presi solo da passeggera passione per te.
SOFIA. Ancora preoccupato per i risvolti inquietanti? In una donna libera? L’intellettuale con cui uscirò stasera mi vorrebbe solo per… passione? Tu sei ancora fissato su antiche storie. Adesso magari ti ispiro anche come modella. Piantata, stesa, nuda?
AMEDEO. Pensavo che ti facesse piacere staccare per qualche tempo con tutto ciò che ti angustia in questa casa.
SOFIA. Del galeotto. Ecco che entri in argomento. Per fuggire dall’intrigo e dallo scandalo ci rifugiamo a Rimini dove io starò sotto copertura artistica. Tu mi sbatti sulla tela. Mi pennelli metodico, immagino.
AMEDEO. Ma ti rendi conto dell’agitazione nelle nostre famiglie per i domiciliari di tuo padre?
SOFIA. Adesso sono nervosi? Dopo mesi che è in ritiro spirituale? Ma tu in realtà cosa sei venuto a sapere per propormi una simile follia? Si apre la galera per l’onorevole?
AMEDEO. Sono allarmato perché ho visto uscire Clodia dall’ufficio come se avesse pianto.
SOFIA. Piangeva? Oh! Tutto qui? Per cosa non si scioglie in lacrime quella! Adesso che si sposa e ha un bambino? Se ne frega lei del ciclone giudiziario.
AMEDEO. La situazione comunque è seria.
SOFIA. Sempre più arrabbiata. Allora, se tu ritieni seria la situazione e hai visto Clodia afflitta, era di questo che dovevi cominciare a parlarmi. Si calma. Non deve essere servita a niente la missione di Clodia come postina, vero? Ti è giunta voce che l’accusato passerà a un rifugio ristretto?
AMEDEO. Tu hai qualche informazione attendibile?
SOFIA. Non ci capiamo. Chiedo cosa è stato detto a te.
AMEDEO. A me nulla. Sono molto dispiaciuto di aver visto Clodia con una faccia…
SOFIA. Hai visto Clodia con una faccia. Non sai nulla, ma il suo pianto ti fa impazzire. È di Giorgino il figlio?
AMEDEO. Quale strana idea ti passa per la testa? Parli così di tua sorella?
SOFIA. E con Clodia solo un po’ scombussolata per la sorpresa di essere incinta e tuo padre preoccupato che il mio sia ristretto mi proponi che ti faccia compagnia? Se hai certezza di disastri e tempeste dimmelo senza propormi questa scemenza della fuga.
AMEDEO. Il pianto di Clodia non era certo di felicità.
SOFIA. Non era di felicità. Ma guarda. Allora tu, poveretto, sei proprio all’oscuro di tutto?
AMEDEO. Di cosa?
SOFIA. Clodia ha deciso di non sposare più Giorgino.
AMEDEO. Trasecola. No, non è possibile.Sta passando un momento di crisi. Tipico davanti a scelte definitive.
SOFIA. Un momento in cui il cervello le funziona. Lei adesso vuol restare ragazza madre. Come te lo spieghi? O la maternità la costringe a ragionare e non vuole più quel noioso, oppure il figlio è di qualcuno di passaggio.
AMEDEO. Tua sorella con uno di passaggio?
SOFIA. Allargando le braccia. Insidie della modernità. E allora, se lei avesse veramente bisogno di elaborare il pentimento dopo la trasgressione, tu potresti approfittarne per convincere lei e non me a seguirti per qualche tempo a Rimini. Senza o con i segni avanzati della gravidanza sarebbe la tua modella ideale, promotrice della tua arte. Altro che i miei fianchi, il mio seno e le mie chiacchiere con i visitatori gonzi che comprerebbero le tue croste.
AMEDEO. Umiliato. Sempre a graffiare. Ne hai di fantasia!
SOFIA. Usa la tua di fantasia. Presa da gratitudine Clodia ti confesserà se sei zio naturale o zio adottivo.
AMEDEO. Sofia, perché mi tormenti? Hai bevuto?
SOFIA. Irrigidita. Non bevo io. Sono solo la scriteriata e distruttiva con cui tu ti trovi qui a fare lo stronzo.
AMEDEO. Sempre più abbattuto. Ho capito, ho capito. Tu stai meditando solo la vendetta contro Tommaso.
SOFIA. Questi sono cazzi miei! Senza chiedere aiuto a te in ogni caso.
Entra Toti.
TOTI. Oh il nostro artista.
AMEDEO. Buongiorno, signor Toti.
TOTI. Cos’è quell’aria affranta. L’ambasciatore, il paciere ha fallito? Non hai convinto la pianista a eseguire melodie d’amore? Non tuffarti troppo nella missione. I litigi sono le finestre sulla libertà. Più finestre ci stanno più il respiro è largo.
SOFIA. Infatti, tu e mamma vi siete installati in una caserma.
TOTI. Non badarle, Amedeo. A te come va?
AMEDEO. Non mi lamento. E lei si trova bene in accademia?
TOTI. Intendevo restare anonimo. I soci mi erano estranei. Ma dalle prime quattro parole davanti al distributore del caffè sono passato a dialogare sui massimi sistemi economici, politici, filosofici.
SOFIA. Papà, tenevi tu il filo del discorso?
TOTI. Sono apprezzati i miei interventi.
SOFIA. Per la quarta età.
TOTI. Arrabbiato si volge ad Amedeo. Perché non te la prendi tu questa vipera? Visto che tuo fratello non è capace di metterla sotto, fallo tu, ti do la mia benedizione.
SOFIA. Riso sarcastico e posizione provocante sul divano. Se lui mi porta in vacanza lascio che mi stenda sotto. A me piacerebbe Rimini.
TOTI. È diventata matta?
AMEDEO. Guardando l’orologio. Signor Toti, toglierei il disturbo.
SOFIA. Nella stessa posizione. Papà, va’ via tu, così non è in imbarazzo lui.
TOTI. Amedeo, sta qui. Piuttosto raccontami. Come va la tua ispirazione? Guadagni? Fai le mostre?
AMEDEO. C’è una collettiva in progetto. Al momento sto dipingendo scenografie per uno spettacolo teatrale.
SOFIA. Ad Amedeo. Col il tuo autoritratto in primo piano?
TOTI. Senza badare alla figlia. Vai con soggetti licenziosi. Mettici le donnine nude.
SOFIA. Orizzontali. Stese bene sotto.
AMEDEO. Non dipingo maje desnude.
SOFIA. Papà, lui è un astrattista. Dipinge triangolini neri e cerchietti rosa.
TOTI. Idem. Manderò alle tue mostre i soci dell’accademia.
SOFIA. Al padre. I tuoi nuovi scolari.
TOTI. Quelli convertiti alla simpatia e alla stima nei miei riguardi.
SOFIA. Alla marioleria.
TOTI. Alla figlia. Alla preveggenza. I miei scolari, cara signorina, stanno apprendendo da me come predisporre vie di salvezza per i loro figli.
SOFIA. Anche per la salvezza di Clodia, papà. Amedeo infatti è venuto qui avendo sentito che lei si vergogna di andare all’altare avendo un padre agli arresti.
TOTI. Sì, l’ho intravista piagnucolare con Teresa. Sono isterismi di gravidanza.
AMEDEO. Potrebbe recarsi nella nostra villa in Grecia, a Paros, e lì aspettare il bambino.
TOTI. Bella proposta, Amedeo. Buona aria di mare. Qui o si litiga o si piange e invece dovreste far festa per il mio ritorno in accademia.
SOFIA. Papà, hai detto di aver sentito anche tu piangere Clodia?
TOTI. Di felicità, se non ti fa invidia.
SOFIA. Bisogna dirtela tutta. Clodia non soltanto si vergogna ma, pure se è incinta, non vuole sposare più Giorgino.
TOTI. Grave sbalordimento. Ho tre figlie pazze? Amedeo, non stare a dirlo ai tuoi. Non metterli in allarme. E voi altre sorelle non fate preoccupare mamma. Parlo io a lei nelle dovute maniere. Di nuovo ad Amedeo. Posso chiederti di seguirmi in studio e di dirmi perché Clodia non vorrebbe sposare più Giorgino e perché io devo avere tre figlie sempre fuori di testa? Toti ed Amedeo escono. Musica.
Entra Teresa.
TERESA. Senti, l’Amedeo ti ha detto qualcosa che non sapevamo?
SOFIA. No, ma penso al peggio perché qualcosa di molto grave deve essere successo o sta per succedere. L’ineffabile mi ha proposto di fuggire con lui a Rimini e proprio la stoltezza della proposta mi mette in serio allarme.
TERESA. Fuggire? Allora Amedeo è un tartufo che si è intromesso fra te e Tommaso per separarvi? Ti aveva messo gli occhi addosso? Anche questo morboso sentimento nei tuoi riguardi, adesso, ‘sto maledetto.
SOFIA. Maledetto e ipocrita. Va a ispirazione. Come ha proposto a me di fuggire così può dirlo a te. No? Con sorriso malizioso. Per carità. Niente scrupoli. Pure tu una buona volta…
TERESA. Lascia perdere. Saprò io quando è la volta buona.
SOFIA.Mah! Va bene, scartiamo che l’imbianchino prospetti di pitturarmi in riviera. Se è vero che in casa sua c’è mareggiata ciò significa che nostro padre, forse non del tutto consapevole, ha venduto la figlia per salvarsi. Allora i Tartaro non vogliono avere una nuora, diciamo, compromessa e ormai propensa alle concessioni.
TERESA. Dai, non esagerare. Sono scesa in garage. Clodia come al solito ha abbandonato la sua agenda sul cruscotto dell’auto.
SOFIA. Hai trovato qualcosa?
TERESA. Scorrendo lo sfracello di note lo sguardo mi è caduto su uno strano appunto messo nel mese di maggio in una pagina bianca infrasettimanale. Un 17, un trattino, un 3, altro trattino, giri di giostra.
SOFIA. Il mese di maggio corrisponderebbe se il tre lo leggiamo cinque. Credo fosse il 17 di maggio quando è stata inviata, diciamo così, in missione che poi si è svolta in tre tempi: un pomeriggio per andare e incontrare il ministro; il giorno dopo in visita alla mostra; ritorno a casa la mattina successiva. Ma se il numero è un 3, come io penso che sia, può indicare sia i giorni di svago missionario, come anche il ricordo di tre giri di giostra in albergo con qualche suo amante segreto. I ciuf ciuf purtroppo senza protezione!
TERESA. Cinque ciuf a leggere il numero come cinque.
SOFIA. Contenta per lei. Cinque.
TERESA. Il diciassette, se non è una data, può rappresentare la disgrazia del concepimento.
SOFIA. Beh, forse non è il caso di mettere in campo gli intrallazzi di nostro padre per salvarsi. La parola giostra evoca gioia e allegria. Con un amante giovane ne fai di giri. Fosse stato col vecchio delinquente avrebbe scritto: un giro… mezzo…che perse l’aire… Se si fosse immolata per la salvezza della famiglia avrebbe pensato piuttosto ad un altare.
TERESA. Aspetta, aspetta. Alla fine del mese di luglio torna con parole sottolineate: tempesta, rivelazione, disgrazia.
SOFIA. Vedi? Il suo dramma vero è quello di aver capito troppo tardi in che trappola si sarebbe infilata sposandosi. Primo: tempesta; i suoi dubbi se lasciarsi andare a nuove possibilità. Secondo: rivelazione; qualcuno cucca meglio del vecchio fidanzato. Terzo: disgrazia; rimasta incinta. Non ci fosse stata quella sorpresa, poteva organizzare la festa del nubilato.
TERESA. Speriamo che poi il bambino somigli a lei.
Sentendo scompiglio escono. Entrano vociando Toti, Nicola, Marta e Ofelia.
TOTI. Sulla nostra Gazzetta ho letto un articolo sulle attività dell’Accademia. Si accennava anche a me e ad una mia conversione. A cosa poi. Chissà quale fesso di socio ha parlato al giornalista di me come un catecumeno.
NICOLA. Poteva semplicemente scrivere: ha meritato la stima degli accademici filomati.
TOTI. Sicuramente. Infatti da un certo tempo i soci non mi lasciano più in pace. Tutti cercano la mia amicizia.
NICOLA. Clodia sta bene? Non era in ufficio oggi. Si è ripresa?
TOTI. Ha avuto momenti di tensione, di malumore fino a dire alle sorelle che non voleva sposarsi più.
MARTA, OFELIA, NICOLA. Non voleva?
TOTI. Nessun serio allarme. È un po’ preoccupata per me. Comunque, dopo diciassette anni che fretta c’è di apporre una firma in chiesa?
MARTA. Ai Tartaro. Vi eravate accorti anche voi delle apprensioni di nostra figlia e avete saggiamente deciso di venire a incoraggiarla qui a casa sua.
OFELIA. Si riprenderà la nostra sposa. Ditele di non parlare a Giorgino della sua crisi passeggera.
TOTI. Con la felicità di un bimbo in arrivo non servirà che confessi un momento di sconforto per la mia situazione giudiziaria.
MARTA. Clodia è molto sensibile nel suo stato presente. Scusate però se faccio questo discorso. Ecco, se certa stampa malevola viene a sapere che nelle feste di uomini del governo partecipano ballerine di facili costumi lo scandalo si allarga alla vostra agenzia che ve le ha mandate.
OFELIA. Noi cerchiamo di avere informazioni precise, ma vai te poi a sapere di una ballerina, una cantante, un’attricetta quanto vien pagata da certi personaggi.
MARTA. Rigida. Sulle sue. E avrebbe ragione Clodia a sentirsi in qualche modo compromessa.
Ritorna Giorgino sconsolato.
OFELIA. Sei contento di essere rimasto solo con Clodia nella sua camera da letto?
GIORGINO. No. Oggi non sta proprio a sentire.
OFELIA. Ma tu cosa le dicevi?
GIORGINO. Ho continuato a dirle che non si preoccupi. Il bambino avrà anche le cure di due brave zie.
Gesto dei suoi di mandarlo a quel paese. I suoi se lo portano via.
NICOLA. Andiamo a far due passi, va’.
MARTA. Scusate il disturbo che vi arreca Clodia. Ma si riprende, si riprende presto quella figlia. Gesti di saluto. Fra sé. Non sposarsi! Da una eternità che mi rompe l’anima con questi ripensamenti! Adesso li rende pubblici. Che palle! Squilla il telefono.
Marta, Toti e Sofia, che entra tendendo il cellulare.
SOFIA. Vogliono te, papà.
TOTI. Pronto. Con aria di sicurezza e soddisfazione. Sì, dica, presidente. Da qualche giorno non ho avuto il piacere di incontrarla in accademia. Le hanno proposto il mio nome per una conferenza? Capisco. In tanti mi conoscono. Parliamo, ci confrontiamo. Normale in un intervallo di lettura scambiarsi qualche idea. In effetti i signori soci hanno saputo che da deputato ero in commissione economia. Quale onore. Sarebbe? Una conferenza sull’origine della ricchezza delle nazioni.
Sofia emette un ghigno a queste ultime parole.
SOFIA. Delle nazioni?
TOTI. Al telefono. Ho capito, un dialogo con gli amici soci, una rivisitazione delle teorie classiche circa l’origine della ricchezza.
SOFIA. Sulla ineguaglianza come motore della crescita.
TOTI. Al telefono. Sull’ineguaglianza come motore… Ha uno scatto verso sua figlia. …come stimolo a lavorare. Per la data… mi conceda intanto di raccogliere un po’ di note…
SOFIA. Ride. Nell’archivio del tribunale.
TOTI. Nell’archivio… mio personale. Le gesticola furioso perché si allontani. No, meglio una saletta discreta. Se proprio ci fosse folla ci si potrebbe spostare nel salone grande.
SOFIA. Papà, ma sei forte! Ti offrono anche l’auditorium? Grande sala, idea chiara.
TOTI. Sempre al telefono. Certo. Sarà presente anche mia moglie. Un saluto e a presto, presidente. A moglie e figlia. Che uomo questo qua.
MARTA. Se vuole anche me ti riconosce uomo di studio.
SOFIA. E a onore del vero tu, papà, cosa avresti da dire in conferenza sull’origine della ricchezza delle nazioni?
TOTI. Tu ancora non hai capito niente, filosofa. Nella storia si fanno progressi quando un privato zompa su una idea originale, una invenzione, un nuovo processo tecnologico. Se fallisce è un fatto di natura. Un organo decisionale pubblico è lento come una lumaca. Se fallisce è sepolto dal disprezzo universale. Il decisore pubblico è insipiente e corrotto.
SOFIA. Confutazione del socialismo e della pubblica istruzione, papà.
TOTI. Confutazione, sissignorina. Ecco come una proprietà intellettuale, un brevetto si trasformano in ricchezza, nel possesso di sistemi di macchine sofisticate e nel comando sugli operatori specialisti.
SOFIA. Le macchine ormai per quel che contengono di intelligenza sono quasi umane. Capitale schiavistico in poche mani. Premio per metà al rischio e per metà alla rapina.
TOTI. Ricchezza nazionale comunque da distribuire anche ai fannulloni.
SOFIA. A individui senza iniziativa, inerti prima della scossa elettrica nel sedere.
TOTI. E vediamo quanto sono capaci i tuoi amici sognatori di creare lavoro con macchine e brevetti, sempre che possano acquistarli e i soldi non se li siano fumati.
SOFIA. Non sia mai. Lo stato non ama correre rischi d’impresa, abituato invece ad accollarsi i fallimenti dei corrotti e dei furbi. Caratteristica delle nazioni banana. Assenti la scuola e le leggi.
MARTA. Questa l’ho già sentita, figlia mia. Debito pubblico e guadagni privati. Hai tu da illustrarci qualche teoria alternativa sulla creazione della ricchezza? Intanto una famiglia come la nostra per sopravvivere ha dovuto accollarsi molti rischi.
TOTI. Una famiglia come la nostra ha cercato di trasmettere ai figli soprattutto buone doti intellettive.
MARTA. Al gesto di stizza della figlia. Tuo padre ed io a trasmetterti l’intelligenza ci abbiamo provato.
TOTI. Alla moglie. E per verificare se siamo riusciti adesso tua figlia ci spiega lei come si crea il valore del lavoro e delle merci.
SOFIA. La mia civiltà del lavoro è rimandata all’avvento del messia. Intanto visto che le nuove macchine non diminuiscono le ore di fatica del singolo lavoratore o lo eliminano come tale, meglio allora si ripieghi a non far più figli.
TOTI. Indicando a Marta la ragazza. Infatti. Con lei era meglio.
SOFIA. Tranquillo, papà. Almeno da me non avrai nipoti che facciano prosperare la nazione. Quanto alle idee di valore sappiamo in quale scuola circolano le tue.
TOTI. Solenne. In accademia, in accademia nascono le grandi idee.
MARTA. Speriamo che papà trovi ad ascoltarlo un pubblico intelligente.
SOFIA. Furiosa. Mamma! Temo gli spettatori intelligenti anche quando interrompono con applausi.
MARTA. Rivolta a Sofia. Qualche volta, non sempre, ti riesce di far la spiritosa.
TOTI. Alla moglie. Tua figlia non limita il sarcasmo agli alterchi con gli amanti. In accademia bisognerebbe mandarla. In casa con lei certi discorsi non hanno mai funzionato. Nella nuova scuola si mostrerebbe pronta nell’apprendere.
MARTA. E smetterebbe con certe lune da pazzerella.
SOFIA. Con irritazione crescente. Cosa volete, i miei ritmi sono quelli della luna. Io divento nuvola e danzo intorno alla luna piena. A cielo buio e freddo la nuvola ritorna acqua. Io cosa faccio? Piango il ritorno alla realtà, alle cose come stanno veramente, alle intuizioni che diventano macchine e alle macchine che accumulano capitale in poche mani. Oh gentile mondo dei signori della comunicazione!
MARTA. E così, cara, con questi tuoi balletti intorno alla luna piena voglio vedere se Tommaso avrà il coraggio di sposarti.
SOFIA. Scatto d’ira. Ah sì? Allora che venga qui. Chiamatelo. Vado a prepararmi. Lo aspetterò a letto in camera mia. Cospargo me e le lenzuola di profumi.
MARTA. Ti prendo sul serio, disgraziata.
TOTI. Luna piena, ballo delle streghe.
SOFIA. Sto male.
TOTI. Gesto col braccio. Ma santi del paradiso! Una botta speciale ci vuole per questa.
Esce con la moglie. Entra Teresa.
TERESA. Vedo un cielo buio, gonfio di tempesta.
SOFIA. Anche per te è pronta la botta speciale?
TERESA. Ma che stai dicendo. Svegliati, cara. Tu non hai idea. Magari per nostra sorella si fosse trattato di un momentaneo cedimento. Siamo agli indizi gravi. Svegliati. Stavolta ho rovistato negli scomparti portacarte dell’auto e ho trovato la cartolina pubblicitaria della mostra a Badia Nuova.
SOFIA. Un quadro di Amedeo?
TERESA. Sì, magari! È un dipinto bellissimo. Una figura femminile sotto la pioggia.Non ricordo il nome dell’autore scritto nel retro della cartolina. Si legge ben altro.
SOFIA. Un messaggio d’amore a Clodia?
TERESA. Va’ là. Ha scritto lei a ricordo. Sempre il 17 e un 3, chiarissimo, seguiti da: giostra di nuvole, di spaventi, di follie.
SOFIA. Il suo dramma in tre atti.
TERESA. Tu continui a rifiutarti di capire.
SOFIA. Sei tu che non puoi capire la metafora della giostra.
TERESA. Scema! Ascoltami invece. Ho visto in ingresso il cellulare di Clodia accanto alle sue chiavi. Pochi secondi e vi trovo un messaggio recente. Immagineresti di chi?
SOFIA. Del ministro.
TERESA. Ma va’ il ministro! La disgraziata si è scordata di cancellarlo. Di Amedeo.
SOFIA. Amedeo le scrive?
TERESA. Sì. Ha scritto: Scandisce. «Sposa comunque mio fratello.»
SOFIA. Comunque?
TERESA. Comunque, anche se…
SOFIA. Anche se?
TERESA. Il ministro si era approfittato di lei. Non ti pare?
SOFIA. Oddio sì! In cambio della salvezza di nostro padre. Una minaccia…
TERESA. Dei Tartaro.
SOFIA. …quell’infame messaggio a Clodia. Allora è stata veramente immolata. Scandalo pubblico all’orizzonte. Certo che agli occhi del satrapo Clodia è quella che fisicamente è identica a nostra madre da giovane.
TERESA. Stupide che siamo! Il drago ha ripetuto i giri di giostra per rinfrescarsi bene la memoria di nostra madre.
SOFIA. La bella signora che ha portato il Rasina in Parlamento.
Vedono entrare Clodia molto afflitta.
Uhm… Però, sto pensando, quei giorni di pioggia ininterrotta… Aspetta.
TERESA. Cosa?
SOFIA. Aspetta, Teresa. Fidati della mia memoria.
TERESA. Clodia!
SOFIA. Non ricominciare a piangere. Non c’è più tempo per mentire. Giorgino, lo sposi o non lo sposi?
CLODIA. Non mi sposo e non lavorerò più dai Tartaro. Potrò contare sul vostro aiuto finché rimarrete in casa?
SOFIA. Perbacco! Di più. Ci nascondiamo tutte e tre al mondo e poi alla nascita del bambino mettiamo a indovinello chi di noi ha incontrato l’uomo nero.
TERESA. Clodia, parla chiaro. Qui non c’entra la vergogna per nostro padre, se sarà giudicato estraneo alle accuse e quindi liberato dagli arresti oppure se verrà chiuso con altre chiavi. La brutta faccenda per te e per noi sarebbe se sui giornali comparissero dichiarazioni di testimoni intorno a quel tuo incontro col ministro.
CLODIA. Io darmi a quel rattrappito? Siete pazze, siete completamente pazze!
TERESA. Noi non pensiamo che sia successo questo.
SOFIA. Allora, cocca, se non ti ha presa il satiro chi è stato? Ti sei innamorata del corsaro nero e adesso non sai chi è il padre di tuo figlio?
CLODIA. Ma cosa dite!
SOFIA. Ascolta. Noi dobbiamo provvedere con tutti i mezzi alla tua serenità. Se la cosa sta come Teresa ed io supponiamo, non solo non è grave, ma è anzi una liberazione per la nostra famiglia oltre che piacevolissima per te. Di chiunque sia il figlio è meglio che tu sposi l’uomo che ami, no? Per la tua salute. Intendi?
CLODIA. Ma chi devo amare io!
SOFIA. Ce lo siamo chieste da sempre.
TERESA. Eri sola o ti portavi dietro qualcuno?
CLODIA. Ero sola. Spaventata.
SOFIA. Aspetta, aspetta… Clodia, per il tuo bene. Non raccontarci frottole. Solo per aiutarti a confessare la verità Teresa ha aperto la tua agenda che hai lasciato giù in macchina.
CLODIA. Mi avete spiata? No! Siete crudeli con me. Gesti di disperazione.
SOFIA. Per il tuo bene. Calmati. C’era un tuo appunto sulla missione per papà. Giornate di acquazzoni. È vero? Solo acqua, acqua, acqua.
CLODIA. È vero. C’era un tempaccio.
TERESA. Anche l’acqua ti ha spaventata?
CLODIA. Ma sì, non avete idea. Pareva che il temporale mi inseguisse.
SOFIA. Con tuoni e fulmini sulla tua missione.
CLODIA. Una eternità quel viaggio.
SOFIA. Per forza. Con le soste sul ciglio della strada quando i tergicristalli non ce la fanno più.
CLODIA. Con quel diluvio.
SOFIA. E mai ti sei portata in luoghi di sosta più sicuri?
CLODIA. Quando era possibile.
SOFIA. Quando era possibile. Senti, sorella, tu ancora nascondi la cosa più importante. Ti dico io quel che ti è successo. Quando sei partita già diluviava e ha continuato per altri due giorni. Tu non sei andata a Badia con la tua auto perché quella sera l’ho utilizzata io.
CLODIA. Ma cosa dici!
SOFIA. Dico. La mia era dal meccanico e io dovevo prender su un tipo conosciuto al mare e che veniva in treno. Ci scoprimmo appassionati di paesaggi campestri illuminati dalle saette. Quando le nuvole se la prendono con gli automobilisti bisogna fermarsi in qualche posto protetto. E mi sono fermata in uno slargo davanti a un vecchio casolare abbandonato. La pioggia calava sbarre verticali sui finestrini, ma io mai mi sono sentita una donna libera come in quella sera. Certo, è il caso di dirlo, acqua passata. Ma quella avventura adesso mi torna in mente. Conclusione: se tu eri senza auto qualcuno ha accompagnato te e posso indovinare che anche voi abbiate dovuto fermarvi per non rischiare incidenti.
Clodia si piega disperata. Le sorelle la risollevano.
TERESA. Per un incarico delicato non poteva che essere qualcuno della famiglia. Era Amedeo. È vero? Ufficialmente andavate alla mostra.
CLODIA. Sì, è vero. Io mi vergogno di quell’incarico. Amedeo doveva coprire un segreto.
SOFIA. Era intenzionato a coprirti. Ah! Non deve riguardarci la cosa; neanche se pensi di rimanere stabilmente sotto la copertura del pittore. Noi, tombe.
TERESA. L’idea di cambiare uno di modeste doti con l’artista non era sconveniente.
CLODIA. Che sono questi scherzi? Siete impazzite? Giorgino sarà modesto per le vostre ambizioni. A me va bene. Quale accomodamento. Quale cambio. Di cosa parlate. Io quei giorni ero terrorizzata, per tutto, famiglia, lavoro. Non capivo più niente. A Sofia. Ti ho già detto che Nicola sperava che andassi tu.
SOFIA. Chi darebbe torto a Nicola? Ha una sincera stima nei miei riguardi! Ma tu ora ce lo dici, cara. Non continuare a mentire. Se ti sei fatta accompagnare da Amedeo non poteva esserci un amante ad aspettarti. Lui era il solo a rassicurarti e a consolarti. Quindi, pensa. È molto razionale l’idea. Tu sognavi l’occasione di offrirti all’uomo di talento. Già ti specchiavi nuda nella immortalità della tela.
Clodia tra i singhiozzi continua a muovere la testa per negare.
TERESA. Una esperienza traumatica per le immediate conseguenze, ma, a riprovarci qualche volta da donna sposata, curativa della malinconia.
SOFIA. Non può essere che un temporale nero nero sia stato più forte delle difese costruite in diciassette anni.
TERESA. Un vento di bufera che scuote l’abitacolo.
SOFIA. In quella sosta lunga lunga.
TERESA. Un cedimento che tu adesso ti vergogni di confessare.
SOFIA. Con l’assiduità di cui Giorgino ti ha omaggiato tu adesso non sai di chi è tuo figlio. Amedeo deve allora averti proposto di sposare comunque Giorgino e poi si vedrà.
Clodia precipita nell’angoscia.
TERESA. Ti ha convinta con ripetuti messaggi sul tuo cellulare?
SOFIA. Eri tu la… figura femminile sotto la pioggia? La peccatrice?
CLODIA. Anche la cartolina… Basta, basta, salvatemi. Piange.
SOFIA. Calmati, Clodia. Sempre Tartarino sarà. Non ti stiamo rimproverando nulla. In casa Rasina non si fanno tragedie. Mai e poi mai noi grideremo allo scandalo. Il tuo è stato un incidente anche se il desiderio ti tormentava da tempo. Magari noi altre trovassimo chi può curare le nostre ossessioni. Ascolta, perché ti dobbiamo confessare una verità che spazzerà via pentimenti e angosce. Prendine coraggiosamente atto. Amedeo ti ha posseduta, ma non è innamorato di te.
CLODIA. Innamorato di me? Pazzie.
SOFIA. Ecco, vedi? Lui cova solo bassi desideri. Da tempo anche verso di me. Terribile. No? Roba da artisti in cerca di ispirazione. Pensa che un momento fa mi ha proposto di fuggire con lui visto che ho lasciato Tommaso.
CLODIA. Smettetela! È così che mi aiutate? È modo di metter le cose?
TERESA. Rincarando. Abbandona la tristezza, Clodia. Pensa invece alle risorse che avresti contro la noia del matrimonio.
SOFIA. Teresa ti sta spiegando che come moglie di Giorgino potresti avere sporadici contatti con Amedeo in modo da tenerlo legato a te. Lei ti darebbe una mano.
TERESA. Per nulla offesa, anzi ride per la battuta di Sofia. Tutto in famiglia. I Rasina non disdegnano le soluzioni razionali.
CLODIA. Sfogatevi con me. Avete ragione di massacrarmi per la mia stupidità assoluta ma poi basta, smettetela.
SOFIA. Ci si desse l’occasione anche a noi di far le stupide come te.
CLODIA. Perché mi rigirate la lama nel petto?
SOFIA. Noi vogliamo che tu sposi Giorgino.
TERESA. Non lo ami più?
CLODIA. Con le mani ad asciugarsi le lacrime. Diciassette, diciassette…
SOFIA. È proprio una disgrazia.
CLODIA. Diciassette anni che stiamo insieme.
TERESA. Vedi? Lo ami. Lo sposi.
SOFIA. Per scaramanzia scegli un venerdì diciassette.
Compare Marta che vede Clodia piegata su sé stessa.
MARTA. Clodia, ancora con le lacrime? Alle altre figlie. Bello il vostro modo di aiutare! A Clodia. Tutto si risolve. Ti riporto a letto. Di nuovo alle altre due. E voi tenete la bocca chiusa. C’è qui Amedeo. Non so cosa deve dirvi.
Mentre la porta via si affaccia in scena Amedeo.
SOFIA. Ancora qui tu? Non eri andato via?
AMEDEO. Tommaso mi ha chiamato al telefono pregandomi di parlare ancora una volta con te. Evidentemente non se la sente di venire.
SOFIA. Vigliacco! Tu invece te la senti ancora di girarmi attorno ed anche di ascoltare.
TERESA. Allora vi lascio. Esce.
SOFIA. Mostrando autocontrollo. Rilassati Amedeo. Ancora una volta serve la tua sensibilità per superare malintesi nelle nostre famiglie.
AMEDEO. Come sta Clodia?
SOFIA. Mia sorella si è calmata. Si sposa e farà un viaggio lungo, lunghissimo. I soldi non mancano. Il bambino nascerà all’estero. Peccato che tu dovrai aspettare per vederlo. Ti dispiace?
AMEDEO. Mi dispiace. Tua sorella ci ha messo la faccia per salvare suo padre.
SOFIA. Solo la faccia?
AMEDEO. Come solo la faccia.
SOFIA. Tu sai di altro che ci ha messo?
AMEDEO. Si è esposta lei quando poteva andare Giorgino tranquillamente.
SOFIA. Tanto tranquillamente neanche per tuo fratello, di questi tempi. Tu dici insomma che Clodia si è esposta e se ne vergogna. Ti annuncio che presto lascerò questa casa. Fuggo anch’io.
AMEDEO. Abbandoni? E dove andrai?
SOFIA. Si sforza di mostrarsi seduttiva. Vuoi seguirmi? Sto riconsiderando la tua proposta di prima. Rimini!
AMEDEO. Riconsideri… e chiamavi Tommaso per annunciargli che è finita con lui?
SOFIA. Sì, per dirgli in faccia che accetto la tua proposta. Troppo perfida? Meglio per lui che non sia venuto. Ora che fuggo, mi seguirai? Gli faremo la sorpresa.
AMEDEO. E col tuo nuovo corteggiatore?
SOFIA. Ma va’. Era una bugia. Mi seguirai?
AMEDEO. Confuso. Seguirti… Si avvicina come per baciarla.
SOFIA. Respingendolo. Questo bacio lo vorrei e non lo vorrei. Non mi regge il cuore. Stammi a distanza. Permetti che mi abbandoni all’immaginazione. Nel nostro rifugio dovrai dipingere sempre. Dipingerai me in tutte le pose che ti detterà il tuo genio o il tuo desiderio. Si mette in posa. Così ti va?
Amedeo si avvicina ed è allontanato. Mentre si ripetono le provocazioni s’ode una musica, prima di Mozart poi di Rossini. Alla fine lui non ne può più dall’eccitazione e cerca di abbracciarla. Sofia sembra starci.
SOFIA. Qui? In casa con i miei? Non sarebbe più logico che andassimo da qualche parte?
AMEDEO. Sì, prendiamo la macchina.
SOFIA. La macchina? Lunga pausa. Oh ma in un posto così scomodo quale posa artistica potrei assumere? Amedeo è come paralizzato. Ma che sciocca che sono. La modella in macchina. Alza la voce. Bel lavoretto mi farai in macchina! Urla. Quello che hai fatto a mia sorella! L’hai vista nuda ai lampi del cielo, no? Mandami il quadro, figlio di puttana!
Gli lancia un libro in piena faccia. Amedeo scappa. Lei lo rincorre lanciandogli altri libri e riviste. Buio. Musica. Teresa accorre alle parole alterate di Sofia.
TERESA. L’hai sistemato?
SOFIA. Dopo aver cercato di calmarsi. Era così eccitato a vedermi stesa sul divano che quasi quasi… mi lasciavo andare.
TERESA. Ritorna in te stessa, Sofia. Non girarla come al solito sul cinismo e sull’irrisione. Io devo ancora elaborare la sventura di nostra sorella.
SOFIA. Ma quale disgrazia, quale sventura! In casa Rasina sventure!
TERESA. Ma Clodia poteva almeno confidarsi con noi. Era chiaro e manifesto che prima o dopo Giorgino avrebbe avuto le corna.
SOFIA. Ma se può essere Amedeo il padre perché non tenere il segreto e godersi il cognato caprone anche sulle lunghe distanze? Non ci sarebbero stati sospetti neanche sulla fisionomia del nascituro.
TERESA. Diciassette anni con Giorgino senza una nuvola, senza un litigio, senza una pur breve separazione.
SOFIA. Nella nostra famiglia un atteggiamento così doveva restare sospetto.
TERESA. Se ciò che pensi è successo, lo scandalo verrà fuori prima o poi. Le ore d’attesa in albergo dove il drago preparava il festino. Tanti hanno visto. Le notizie sono usate per le faide politiche. Può darsi che Clodia, per superare la paura di fare la postina e portare con sé carte compromettenti, possa avere accettato qualche bicchiere di troppo e poi davanti a lusinghe e assicurazioni non abbia più ragionato.
SOFIA. Questo il doloroso sacrificio della prima notte. Ma il sacrificio gioioso avviene nella sera e nelle ore piccole del ritorno, quando sono ancora aperte le cateratte del cielo.
TERESA. In macchina, disperata si sarà messa a piangere sulla spalla di Amedeo.
SOFIA. E lui da bravo pittore lì per lì l’ha schizzata a carboncino.
TERESA. D’altra parte ripensa ai giri di giostra: uno, il sacrificio ministeriale; due, la consolazione con Amedeo; tre, l’opera ordinaria e liberatoria di san Giorgino.
SOFIA. Impietrita. Solenne. Il terzo sigillo! La tripartizione del suo disgraziato romanzo gotico.
TERESA. 17 punto 3 aveva scritto. Per ricordare.
Ritornano Marta e Clodia.
SOFIA. Di slancio. Clodia! La abbraccia. Non sei andata a letto? Mamma ti ha spiegato che tutto si supera?
TERESA. Ci sposiamo Clodia? Lei non risponde.
MARTA. Ci sposiamo, ci sposiamo. Non sono io la mamma che capisce e rassicura? Vedete, vostro padre se la caverà.
SOFIA. E tornerà ai suoi affari abbandonando una così prestigiosa accademia?
MARTA. Dai, non fatemi arrabbiare. Avremo una bella cerimonia di nozze. Un giorno, quando si saranno calmate le acque, vi racconterò come i Tartaro e certi conoscenti hanno dato una mano alle nostre fortune.
TERESA. Clodia poi è la più fortunata di tutte. I Tartaro, adesso che lei si sposa, le danno la direzione dell’azienda. Andando a dare un bacio a Clodia. Sei bella e identica a mamma da giovane.
Suona un campanello. Sofia e Teresa escono.
Entrano Toti, Nicola e Ofelia la quale si avvicina a Clodia.
OFELIA. Ti senti meglio, piccola mia? La ragazza annuisce.
TOTI. Quando i figli si sposano è inevitabile che alla felicità si accompagni un po’ di malinconia.
MARTA. Un po’ seccata. E qualche preoccupazione.
NICOLA. Separatamente a Marta. Collaboreremo a dissiparla.
MARTA. Lo guarda ironica. Perché no? Ride.
È entrato Giorgino che si accosta a Clodia.
GIORGINO. A Clodia. Ti senti meglio? Indicando il divano. Vieni. Lei è riottosa ma obbedisce. Stai bene adesso, tesoro mio? Cos’era? Avevi bevuto acqua fredda?
CLODIA. No. Veleno.
Campanello. Tommaso ha evidentemente deciso di farsi vedere. Entra trascinando sottobraccio Teresa e Sofia la quale ha una bottiglia in mano che solleva come per dargliela in testa, tuttavia si mostra allegra. Gesti diversi di meraviglia da parte degli altri.
SOFIA. Lasciami!
Tommaso abbandona Sofia e Teresa, quindi va a baciare Marta, poi sua madre.
MARTA. Caro.
OFELIA. Comportati bene.
Tommaso abbraccia Toti e quindi suo padre. Va verso Giorgino e Clodia per la stessa operazione. Ritorna indietro e bacia Teresa, quindi va verso Sofia che lo respinge.
NICOLA.Beh, finché questo non si schiarisce le idee, io porto fuori Clodia a farle prendere un po’ d’aria.
Clodia si alza prontamente per uscire seguita da Giorgino e dai futuri suoceri.
Toti, Marta, Teresa, Sofia e Tommaso.
Squilla il telefono. Marta risponde e lo passa a Toti.
MARTA. Ti vogliono dall’accademia.
Durante la telefonata Tommaso cercherà di attrarre a sé Sofia la quale a sua volta cerca di incollarsi al padre per ascoltare. Teresa all’altro fianco del padre.
TOTI. Sì, pronto. Ah è lei, presidente. No, non disturba. È un piacere. Sono qui per ascoltarla. Vuole cambiare l’argomento della conferenza? Si diceva delle origini della ricchezza delle nazioni. Ah quell’incontro rimane fissato. Lei mi propone una seconda conferenza? E sarebbe? Ho capito. Sui motivi del successo strepitoso dell’editoria dell’eros.
SOFIA. Della narrativa pornografica.
TOTI. Respingendo la figlia. Certo, presidente. Un riscontro sugli autori che scrivono di liberazione sessuale. Il libito sia licito. Ci mancherebbe. Sì ho capito bene. Eh sì, è vero. L’interesse dei venerandi soci è vivo.
SOFIA. Il piccante ha successo. Non ti devi immedesimare con i personaggi.
TERESA. Meglio la pulsione istintiva.
TOMMASO. Io sono per il crudo desiderio.
SOFIA. A Tommaso. Molto ragionevoli i tuoi gusti. Vuoi che ti regali una pupa gonfiabile? La soffi. L’ami.
TOTI. Al telefono. Mi onoro dell’invito a discettare se certe opere contengono poesia o letteratura. A risentirci. Obbligato. I miei rispetti, presidente.
TERESA. Discepolo di Benedetto Croce, papà.
SOFIA. Illustre suo epigono, nostro padre.
TOTI. Che? Alla figlia. Se tu fossi meno acida, Tommaso sarebbe più contento e forse un giorno ti sposerebbe anche.
SOFIA. A Tommaso. Ah, tu fino ad ora mi hai usata senza prospettive di matrimonio?
MARTA. Alla figlia. Ancora a mordere?
SOFIA. Sì, ancora. E affondando i denti.
TOTI. Maltrattare Tommaso che ci ha tenuto il filo di comunicazione con certi signori.
SOFIA. Con una smorfia. Ci ha lanciato una fune per non farci affogare nella melma.
MARTA. A Sofia. Sì cara. Per salvarci. Tuo padre mi ha spiegato tutto sulla consegna dei documenti riservati e anche dei contatti tenuti da Tommaso. Al momento non mi fu detta la verità per non farmi stare in ansia. Clodia mi parlò di una vacanza di due giorni con Giorgino. La sera tardi del secondo giorno non vedendola rientrare, l’ho chiamata al telefono e mi ha risposto che era giunta in casa dei Tartaro, dove c’era festa. Stessi tranquilla. Una festa nelle ore di ritorno di loro due? Ho pensato a una bugia ed ero in pensiero. Alle cinque e mezza del mattino l’ho vista scendere dall’auto di Tommaso. Clodia mi disse che Giorgino aveva bevuto e non poteva riaccompagnarla.
TERESA. Mamma, ti sbagli. L’hai vista scendere da una auto guidata da Amedeo, non da Tommaso.
SOFIA. Con un urlo terribile come da rivelazione. Da Amedeo! Mamma.
MARTA. Da Tommaso. Oh santa Lucia che ancora mi conserva la vista! Chiedilo a lui.
Lampo di luce e schianto di un tuono. Poi di porte e finestre che sbattono. Sofia e Teresa si afferrano le braccia come per non cadere. Buio, poi luce.
TOTI. Pacifico. Andando a chiudere una finestra. ‘Sti cazzo di temporali. Buio. Pausa. Ancora lampi e tuoni. Poi.
TOMMASO. Ha ragione la signora. Amedeo doveva rimanere più giorni alla mostra per vendere i suoi quadri. Io ci sono andato per conto mio il pomeriggio del secondo giorno; vedevo la mostra e davo a Clodia il passaggio di ritorno. Siamo partiti dopo cena. Il tempaccio non ha smesso e da ciò il pazzesco ritardo.
TOTI. Una collaborazione tra fratelli per un supplemento di segretezza, non c’è che dire. Tommaso, tu rimani qui con Sofia e Teresa. Fatti ascoltare. Tanto fuori è diluvio. Lampi e brontolio di tuoni. Esce con Marta.
Sofia, Teresa, Tommaso. Il giovane è seduto, di fatto accasciato in poltrona. Le sorelle ora a distanza, ora incombenti, implacabili inquisitrici.
SOFIA. Raccontaci questa storia del supplemento di segretezza.
TERESA. Racconta. Ci piacciono le storie per minuto.
TOMMASO. Il ministro si sarebbe fidato solo di qualcuno della famiglia Rasina. Non c’era altra scelta che mandare Clodia. Lei doveva andarci da sola con la sua macchina, ma aveva paura e non solo per la previsione di brutto tempo. Così è partita con Amedeo.
TERESA. Davanti a una donna con il suo bell’avere Amedeo non ha avuto dubbi.
TOMMASO. Che vuol dire “con il suo bell’avere”?
TERESA. Vuol dire moltissimo se c’è una cortina di pioggia che scivola sui vetri dell’auto. Con quell’ira di dio Amedeo e Clodia devono essersi fermati in un posto riparato.
TOMMASO. Con quell’acqua a rovesci non sarà stata la sola macchina a fermarsi. Che significa?
SOFIA. Significa? Nulla. Solo deduzione della morbosa fantasia di mia sorella Teresa.
TERESA. Amedeo e Clodia avranno scelto un posto lontano da sguardi indiscreti.
TOMMASO. Ma cosa si va a immaginare! Siamo sulla luna?
SOFIA. No. Siamo su un campo di erbe maligne.
TOMMASO. Con queste insinuazioni velenose avete presente cosa succederà nelle nostre famiglie e tra Clodia e Giorgino?
TERESA. Cosa succederà.
TOMMASO. Ditemi voi cosa succede a mandare in giro simili disoneste congetture.
SOFIA. In giro? A chi mai? Per appiccare fuochi? No.
TERESA. No. È per dire che abbiamo sottovalutato sempre le risorse di Clodia.
TOMMASO. Ma basta con le cattiverie. È vostra sorella.
TERESA. Cattive con nostra sorella? Si tratta di sciogliere l’ambiguità su chi tra non molto si mangia l’azienda Tartaro. Tu e Amedeo andrete raminghi.
TOMMASO. Impudente. Non mi importa nulla dell’azienda se tu, Sofia, decidi di seguirmi.
SOFIA. Non è una sozza idea.
TOMMASO. Sozza idea?
TERESA. Pazza idea. Perché dovrebbe seguirti lei che ci litighi sempre? Non potrei seguirti io? Una volta ho confessato a Sofia che tu mi piacevi. Mi sono permessa una confessione così dolorosa perché giudicavo la vostra una strada senza via di uscita. Un vicolo cieco.
SOFIA. A sua sorella. Infatti, a lui piaceva solo il vicolo cieco. Tra le mie gambe.
TOMMASO. No, Sofia! Non ti permetto queste sconcezze! E neanche tu, Teresa, puoi alimentare questo turpe gioco.
TERESA. Eppure non mi sarebbe dispiaciuto se con me almeno una volta tu avessi imboccato il vicolo cieco.
SOFIA. Senti? Lei sarebbe ancora disposta.
TOMMASO. Ma a che, a cosa, perdio!
SOFIA. A seguirti. A fuggire con te.
TERESA. Non mi vuoi? Cos’ha mia sorella che io non ho? Si mostra. Peraltro sono anche più giovane e posso fare un figlio più robusto di quell’altro.
TOMMASO. A Sofia. Quale altro? Ma cosa dice questa! Perché lasci che tua sorella mi prenda in giro? Teresa è una vespa quando scherza.
TERESA. Ti meriti diciassette punture moltiplicate per tre. Cosa hanno le gambe di mia sorella che le mie non hanno? Prendi me, bel ragazzone. Hai capito che lei… vola via! Fa il gesto con le braccia.
TOMMASO. Alzandosi e liberandosi dall’assedio. Insomma, questa è l’ultima occasione. Ditemi se devo stare o andare.
SOFIA. Noi non possiamo dire niente. Clodia ti dirà dove stare o dove andare.
TOMMASO. Perché Clodia?
SOFIA. Deve dire lei se suo figlio è di Giorgino.
TOMMASO. Come, deve dire lei. Ma cosa le è successo?
TERESA. Nulla di spiacevole. Anzi! Sofia ti sta dicendo che soltanto la tua futura cognata deve considerare se suo figlio è di Giorgino.
TOMMASO. E di chi dovrebbe essere?
SOFIA. Di tuo fratello Amedeo. Fatto quando l’ha accompagnata dal satrapo.
TERESA. Ironica. Felicemente accompagnata.
TOMMASO. Appoggiandosi a un mobile. Cosa volete insinuare. Ma siete veramente pazze.
SOFIA. Di vergogna.
TERESA. Abbiamo gli appunti segreti sull’agenda di Clodia che abbiamo letto e decifrato.
TOMMASO. A modo vostro.
TERESA. E i messaggi di Amedeo sul cellulare.
SOFIA. La confessione verbale di nostra sorella.
TOMMASO. Confessione che si amavano? Ah! Mi fate ridere.
SOFIA. Certo che si amavano. Nostra sorella non è una puttana.
TERESA. Con quel mortorio di fidanzato…
SOFIA. Ora lei non sa se il bambino… l’ha concepito con Amedeo…
TERESA. In macchina nel viaggio di andata il pomeriggio scuro di tempesta…
SOFIA. Solenne. …oppure, quando tu, porco, la riportavi indietro.
TERESA. Quando l’auto si è bloccata contro un muro d’acqua.
TOMMASO. Cos’è questo folle scenario?
SOFIA. Questo è lo scenario folle! Fa scivolare le mani dai seni ai fianchi.
TERESA. La dimostrazione della curvatura dello spazio celeste.
TOMMASO. Rabbioso, sull’orlo del pianto. Donne con tumore maligno in metastasi siete voi.
SOFIA. Ci riproduciamo come erbe infestanti.
TOMMASO. Mentite sulle prove.
TERESA. Dall’agenda tira fuori la cartolina. Guardi prima l’agenda o prima la cartolina?
SOFIA. L’ossessione del desiderio sotto lo scuro manto delle nuvole.
TERESA. Ricaduta nel peccato. Scritto chiaro. Dovevi sapere che Clodia era una contabile scrupolosa.
SOFIA. È stata torturata e ha ceduto. Ha capito alla fine che chi confessa tutto e sottoscrive è sempre perdonato.
TERESA. Una volta che si è venuti a capo d’ogni particolare, si spegne la crudeltà inquisitoria.
TOMMASO. Uscendo disperato e appoggiandosi dove possibile. Dove sono, dove mi trovo io.
SOFIA. In un campo invaso dalle erbacce.
TERESA. Volevamo crescere come fanciulle religiose, noi. Buio e musica.
Al ritorno della luce sono in scena i coniugi Rasina, i coniugi Tartaro e Teresa.
NICOLA. No, caro Toti. Diciamolo francamente. Tu hai sempre sopravvalutato quel lazzaro di Tommaso. Quando ci avete aperto noi lo abbiamo visto che al giro scale si afferrava alla ringhiera per non cadere quasi avesse fatto a precipizio la prima rampa. Come avesse avuto uno spintone. Una faccia… Mi sa che vostra figlia deve avergliele anche suonate.
OFELIA. Ha fatto bene Sofia se lo ha fatto ruzzolare giù dalle scale. Affacciata alla finestra. Venite a vedere. Tommaso è giù nel vicolo con Amedeo. Parlano come fossero arrabbiati. Si capisce che le buone parole del fratello ormai non servono a niente.
NICOLA. Amedeo è un allucinato. Va e viene da questa casa senza combinare nulla.
OFELIA. A Teresa. È un corteggiatore che hai deluso, Teresa? Aspettava nei paraggi che tu scendessi in strada?
TERESA. Qualcosa di molto concreto ve lo ha fatto pensare, signori?
OFELIA. Dopo tanti tentativi per cercare di metter pace tra Tommaso e Sofia… Discorrendo può nascere una simpatia…
TERESA. Mi dispiace. È colpa mia. Con certi miei atteggiamenti mi rendo antipatica al mondo intero.
NICOLA. Mi cospargo la testa di cenere. Per Tommaso devo ammettere che, se è pericoloso in azienda, lo è di più con Sofia. È inutile. Non è degno di casa Rasina. E quindi… per come stanno le cose… esperiti inutilmente gli ultimi tentativi, annuncio che abbiamo deciso mia moglie ed io…
OFELIA. Come asciugandosi una lacrima. Abbiamo dovuto prendere una decisione.
NICOLA. che Tommaso e Amedeo dopo le nozze del fratello se ne vadano via dalla nostra città, in un luogo remoto, magari all’estero. Una volta lontani da persone con le quali hanno fallito sentimentalmente si prenderanno tutte le responsabilità. Se un giorno poi vorranno venire a vedere il loro nipote dovranno chiedere il mio permesso.
TERESA. Il loro nipote.
OFELIA. Tommaso dovrà chiedermi il permesso anche se ha intenzione di salutare Sofia.
TERESA. Non credo che troverà Sofia. Lei lascerà questa casa.
MARTA. Come lascerà. Per dove. Per fare cosa?
TERESA. Le è appena arrivata una offerta di supplenza annuale.
TOTI. È un bel modo questo di ricevere una così felice notizia?
TERESA. Non è quello che sognava?
MARTA. Per dove, per dove, allora?
TERESA. Se c’è brutto tempo e va in macchina deve partire presto per non far notte.
TOTI. Ironico. Troppo saggia.
OFELIA. Potrà aiutarci per la preparazione della cerimonia di nozze di Clodia?
TERESA. Ci mancherebbe. Ecco. Anch’io andrò via.
MARTA, Via? Anche tu?
TOTI. Te ne vai? E dove se è lecito?
TERESA. Cambio sede universitaria. Seguo un professore che è stato trasferito. Con lui scriverò la tesi di laurea. Se risulterà un buon lavoro potrebbe essere pubblicato.
MARTA. Sempre tra piacere e dispiacere. Così vanno le cose. Quando andresti via?
TERESA. Dopo le nozze di Clodia. Ovviamente.
Entra Clodia. Solenne.
TOTI. Ma dove? In quale città. Puoi tornare a casa per il fine settimana?
TERESA. Ogni venerdì sera. Ma con tempo tempestoso arrivo all’alba del sabato.
TOTI. Sbuffando. Ho capito. Sempre a girarci attorno con le spiegazioni.
MARTA. Sempre evasiva. Del tipo: ho smarrito il filo del discorso.
OFELIA. Che si è avvicinata a Clodia. Lo sapevi? Ci lasciano le tue sorelle. Clodia tace. Ma per seguire la loro fortuna. Non dobbiamo dispiacerci, dolcezza mia. Per te e il tuo bambino ci sarò io oltre a tua madre. L’abbraccia. Squilla il telefono. Toti risponde.
TOTI.Pronto. Ah sì… Dica pure, avvocato. Aspettavo notizie dalle alte sfere ma non ci contavo su tempi stretti. Come? Revocati gli arresti? Notizia riservata? La Cassazione? Era ora. La Cassazione. Da scanni alti i giudici vedono più chiaro. Evviva! Siamo liberi.
Agli evviva dei presenti e all’agitazione che segue accorre Sofia.
MARTA. A Sofia. Papà è scagionato da ogni accusa.
SOFIA. Oh santa Clodia!
TOTI. Sempre al telefono. Il ministro? Allora? Non è più ministro? Mi dispiace.
SOFIA. Trombato.
TOTI. Guardando Sofia. Capo del governo. Questa è una notizia. Terrà in mano il telefono.
MARTA. Un uomo di stato. Per me, da sempre.
Abbracci con i coniugi Tartaro. Teresa e Sofia si abbracciano con mimica sfottente, poi vanno ad abbracciare Clodia.
TERESA e SOFIA. Hai sentito? Cosa ti dicevamo? Non c’era da preoccuparsi così tanto. Adesso noi e mamma possiamo aiutarti per le nozze e tutto il resto. Non sei contenta?
TOTI. Verrò presto da lei, avvocato. A presto, a presto. Spegne il telefono e si mette a saltare e ballare. È finita, evviva. Faremo festa. Festa prima e gran festa alle nozze di mia figlia. Lunghissimo abbraccio con Clodia. Figlia mia! Sei felice adesso? Perdona tuo padre se ti ha fatto soffrire. Alle tue nozze verranno gli accademici, i musici, i danzatori. Musica. Squilla ancora il telefono. Risponde Marta.
MARTA. Pronto. Ah, è lei, presidente. Sì, c’è un po’ di confusione in casa, ma dica, la sento. È vero. Mio marito non è più agli arresti. È libero. Sì. Avete saputo anche del nuovo capo del governo? Grande uomo di stato. Si sapeva. Come? Lei mi invita in accademia? Perdoni il mio timore a presentarmi nella vostra augusta sede. Davvero? Mi avete iscritta come socia senza bisogno delle firme di presentatori? Oh grazie. Quale onore! Ah! Una sorpresa per noi? Sì, mia figlia Clodia si sposa. Una speciale riconoscenza verso la nostra famiglia? E sarebbe? Pausa. Ma davvero! Sono lusingata. Per un grazie corro subito da Lei. In accademia. Volo. Rivolta ai presenti. Tenetemi, svengo.
SOFIA. Mamma, il presidente ti ha messo gli occhi addosso?
MARTA. Ma che occhi e occhi! Respira forte. Sapete dove faremo il ricevimento di nozze?
TUTTI. In accademia?
MARTA. Aprendo le braccia. In accademia. Va ad abbracciare Clodia staccandola dal padre. Segue abbraccio tra Clodia e sorelle.
TOTI. In accademia. Evviva! Mia figlia vestita da sposa in accademia. Che uomini gli accademici filomati! Tengono viva la tradizione delle grandi accademie. Brindiamo. Intanto direi di cominciare con una grande festa in casa nostra. Dobbiamo solennizzare il mio ritorno in accademia da studioso, da umanista filomate, da uomo libero. Voglio che vengano qui tutti i soci. A Nicola. Nicola, provvedi tu alla letizia universale. Prenditi l’incarico di chiamare musicisti, cantanti e danzatori. E lo sposo dov’é? Chiamatelo. Grida. Giorgino! Cambiando tono. Quello sta a faticare anche quando arrivano le ballerine. Compare Giorgino per un attimo. Chiamate Amedeo, chiamate Tommaso.
VOCE di GIORGINO.Amedeo! Tommaso! Venite su. Venite su, dico. Il signor Toti vi vuole. È un ordine. Arrivano le ballerine. Venite su. Ricompare.
GIORGINO. Serve niente, signor padre? Musica.
Atmosfera notturna. Sofia muove sola e irrequieta nella sala in penombra.
SOFIA. Mah… Chissà poi che l’ostinazione non abbia la meglio. Banditi dal paese i due fratelli? Banditi. Il sodalizio dei quattro nonni. Se non nei ricevimenti normali, la sera del 24 dicembre e il giorno di Natale essi vorranno avere le due famiglie al completo. Immagino l’albero con le luci e i cesti colmi di regali. Gli ospiti resteranno la notte nella grande casa Rasina. Fuori sarà tutto coperto di neve. Come potrebbe Amedeo, pittore incompreso e povero, rinunciare all’abbraccio di un bimbo che forse è suo? Avrà trovato una compagna e con lei verrà per gli auguri dove ci sono i soldi e una eredità. Quando a notte tutto tace e la sua donna sarà profondamente addormentata, il bandito ricorderà quando ebbe ad insidiare la mia innocenza. Si insinuerà furtivo in camera mia. Io sarò la bambola. Come una volta a sedici anni, aprirò e chiuderò gli occhi, mentre lui mi proverà posizioni diverse per le mie braccia e gambe, mi girerà sui fianchi, nostalgico dell’antico giocattolo. Mah!Cosa vado mai a immaginare. Chissà invece che l’ostinato non rimanga Tommaso. Si farà vivo solo con lo schermo di una moglie e di un bambino. Uno piccolo. A fine cena manderà a letto la consorte annebbiata dal vino e dai liquori con la scusa di recarsi nella camera del figlio per raccontargli la favola che fa dormire. Nessuno a tavola ha sospettato perché solo noi due siamo rimasti sobri. Lunga, lunga la favola. Il bimbo si addormenta e lui verrà da me per riprendere il racconto dall’inizio. Solleverò le coperte per accoglierlo? Mah! A essere sincera lui è stato un gagliardo amante. Ma non so ancora di un uomo che mi abbia svegliata e presa nel cuore della notte, nell’intervallo di un grande sonno.
Luce. Musica. Confusione. Tutti in scena. Ballo con scambio di coppie. Clodia ballando col padre gli scivola dalle braccia per un mancamento. Lui fatica a reggerla. Sofia e Teresa accorrono a risollevare la sorella aiutandola a sostenersi in piedi.
(Fine)