di Francesco D’Andria
The archaeologist’s spade
delves into dwellings
vacancied long ago,
unearthing evidence
of lifeways no one
would dream of leading now,
concerning which he has not much
to say that he can prove:
the lucky man!
Knowledge may have its purposes,
but guessing is always
more fun than knowing.
W. H. Auden, Archaeology
La scoperta del complesso paleocristiano , oggetto di questo volume, rappresenta uno dei maggiori risultati del Progetto di ricerca sull’abitato antico di Vaste, avviato a partire dall’inizio degli anni ottanta. Dopo le campagne di scavo a Cavallino, che avevano fornito la più ampia documentazione su un abitato messapico di età arcaica, si avvertiva allora l’esigenza di colmare il vuoto di conoscenza sugli insediamenti di età ellenistica. L’occasione propizia era stata offerta dall’iniziativa di Gianni Carluccio, il quale mi aveva segnalato la presenza, nell’area della chiesa rupestre dei Santi Stefani, attigua a fondo Giuliano, di un capitello arcaico, con abaco decorato da rosette, insistendo sulla necessità di dare avvio a regolari campagne di scavo nel sito. Da quella prima scoperta potè svilupparsi un progetto di più vasta portata, avente per oggetto un abitato che aveva avuto un notevole sviluppo in età messapica, come attestavano i resti delle fortificazioni, a controllo di un territorio segnato ad oriente dalle alture calcaree delle Serre, barriera non invalicabile rispetto alla costa adriatica. Un’ampia indagine topografica fu condotta agli inizi degli anni novanta da Bruno Belotti: fu lui a farmi notare la presenza, nella zona di fondo Giuliano, di un muro ad andamento curvilineo che appena si poteva distinguere in superficie, dove, tutt’intorno, il gradino calcareo appariva segnato da tagli ed escavazioni che poi rivelarono la presenza della necropoli rupestre. Pensammo subito si trattasse dell’abside di una chiesa e si decise di sviluppare una indagine estensiva su tutta l’area; a Vaste è viva un’antica tradizione sui martiri Alfio, Cirino e Filadelfo, patroni della cittadina, che a Lentini, in Sicilia, avrebbero subito il martirio. Forse lo scavo avrebbe potuto dare risposte anche su queste tradizioni che potevano risalire alla prime fasi della cristianizzazione del Salento. Il procedere delle ricerche ha tuttavia permesso una lettura diversa, che si integra con la frequentazione dell’area in età medievale, dove la vicina chiesa rupestre dei Santi Stefani, farebbe riferimento ad altra tradizione martiriale, come fu proposto, nell’articolo della Rivista di Archeologia Cristiana (2006), da chi scrive insieme a G. Mastronuzzi e V. Melissano, i quali hanno ora, in questo volume, potuto sviluppare quella lettura, con il supporto della integrale documentazione archeologica.