Atto I
Salotto nella casa della famiglia Rasina. La signora Marta risistema sedie, mette in ordine libri e riviste. Il marito Toti è intento nella lettura di un giornale. Entrambi fanno gesti di insofferenza al levarsi della voce urlante fuori scena della figlia Sofia. La ragazza, al telefono, è vista a tratti solo dagli spettatori al di là di una porta finestra.
SOFIA. Ho capito! Non alzare la voce! Questo non è il solito litigio senza conseguenze. No. È il sipario che chiude. Chiudeeee… Ah sì? Ci ho sempre ripensato quando mi sono calmata? Irosa. Sono calma, calmissima. Non sono stata mai capace di sbatterti giù il telefono? Ah. Risata isterica. Maledetta educazione. Oggi tu hai smesso di approfittare della mia maledetta educazione. Stavolta è anche un calcio nel didietro dovunque mi capiterà di incontrarti. Sta’ sicuro, anche nel mezzo della cerimonia. Quando quella cretina di mia sorella starà per pronunciare il fatidico sì a quell’ebete di tuo fratello. Davanti al prete, sissignori, davanti all’altare e alla folla degli invitati. Chiesa piena! Ci trascino anche i miei vecchi amanti, perdio, perché se la godano la scena. Ci sono amici tuoi tra quelli.
Squillo del campanello. Sofia si presenta ai suoi.
E andate ad aprire! Deve essere il postino. Ancora al telefono. Se avrò il coraggio? Ancora non mi conosci. E fottiti!
Guardata di traverso da padre e madre che escono. Marta si mette le mani nei capelli. Sofia in piena scena continua.
Pensa al titolone sul giornale: “Sorella della sposa prende a calci il fratello dello sposo. Il pavimento della chiesa diventa scivoloso per le lacrime versate dai parenti.” Ecco come sputtano te e tutta la tua famiglia. Se questa è la mia solita sfuriata? Tommaso, è finita. Finita con la stupida favola delle due sorelle Rasina spose dei due fratelli Tartaro. Dove sarò stasera? Cosa farò? Fai presto a indovinare. Puoi facilmente inseguirmi col pensiero sulle strade della mia fuga. Sì, vado in luoghi pericolosi. Del peccato! Della liberazione, cazzo!
Sentendo tramestio si eclissa. Non si sente più la sua voce. Entrano i signori Nicola e Ofelia Tartaro. Tra i vari buongiorno, avanti, prego, accomodatevi, nessun ritardo, Marta, rimasta in piedi, fa come per accertarsi che Sofia abbia smesso di litigare al telefono.
OFELIA.Che gioia, cara Marta. Che gioia, caro Toti. Finalmente all’altare il nostro Giorgino e la vostra Clodia.
MARTA. Non dire finalmente, Ofelia. Non c’erano dubbi. Si sono sempre amati. Si trovarono tra i banchi di scuola e fu il fulmine.
TOTI. Sarcastico. E sono diciassette anni che il cielo fulmina senza sosta.
NICOLA. Fulmini, saette, tuoni e poi pioggia, salute, fecondità. Diciamo acqua su campo già arato e adesso pronto alla semina. E ci matura il frutto. Un nipotino che darà a me la tranquillità. Io delego a mio figlio e a mia nuora. Potrò godermi la vecchiaia… in giro… mettere finalmente la testa fuori d’Italia! Dà di gomito a Toti. La mia Ofelia si riposerà facendo la nonna.
OFELIA. Riposeremo… Nicola ed io.
NICOLA. Insistendo con gli ammiccamenti a Toti. Riposerà lei. Io potrò ancora sopportare qualche strapazzo.
TOTI.Oh ma voi avete altri due figlioli e arriveranno altri nipoti e sarà squadra. Un futuro di prosperità per la vostra agenzia.
NICOLA. Ah caro Toti, quegli altri due! Amedeo il pittore senza guadagno lasciamolo perdere. E Tommaso, l’eterno studente, imparasse a comportarsi bene con la vostra Sofia.
OFELIA. Potremmo sperare in un doppio legame tra le nostre famiglie.
TOTI.Vorrei crederci, cara Ofelia. Ma la nostra vipera non manca di sputare veleno. Sono innamorati, non lo sono, giocano con i sentimenti, chi lo sa. Litigano e se le dicono di grosse.
MARTA. Desolata. Nemmeno riferirle certe parole.
TOTI. E minacce di corna che neanche nelle telenovele.
NICOLA. Perdono, Marta. È vero che questi altri due si frequentano da meno di un anno ma, viste le tensioni che ormai si ripetono, forse sarebbe meglio che la vostra ragazza fingesse che non vuole più vederlo.
OFELIA. Consigliatele di mettersi in viaggio. Una lunga vacanza in luoghi lontani forse scatenerebbe la gelosia.
NICOLA. Senza ombra di dubbio. È un bel boccone la vostra Sofia.
TOTI. Piccato. È… abbastanza carina.
MARTA. Eh sì… se esce di casa non torna più. Quella dove la lasci il sabato non la trovi la domenica. Al marito. È vero Toticchio?
OFELIA. Bisogna farglielo capire a Tommaso. O la ama e si impegna o la lascia libera per sempre.
NICOLA. Non voglio più che nostro figlio faccia del male alla vostra amabile creatura. E men che mai, indirettamente, Dio non voglia, alla sua futura cognata. E se non lo capisce con le buone dovrò ricorrere a mezzi molto, molto persuasivi.
MARTA. Persuasivi come, Nicola.
NICOLA. Quelli che si chiamano calci nel sedere.
TOTI. Violenze fisiche no. Con i figli basta chiudere certi rubinetti.
NICOLA. Anche questo faremo, caro Toti.
TOTI. Intanto, tu, Nicola, potresti vietare a Tommaso che venga in chiesa alle nozze del fratello.
MARTA. E dovremmo guardarci dall’invitare amici comuni di Sofia e suoi.
NICOLA. Faremo tutto ciò che è necessario e persuasivo. Vi confesso, dei miei tre figli io mi fido solo di Giorgino, l’unico che mi aiuta in ufficio. E permettetemi, mi fido doppiamente di vostra figlia Clodia. Era una ragazzina, una diciannovenne timida, impacciata, quando la affiancai al suo fidanzato come ragioniera nove anni fa.
OFELIA. Fu una scelta giusta, già che era stata nella stessa classe con Giorgino fin dalla prima media.
MARTA. Clodia ci raccontava sempre di questo suo compagno, carino, educato.
OFELIA. Lei lo faceva copiare nei compiti in classe e lui la difendeva dagli scherzi dei soliti cretini.
NICOLA. Già in seconda media era un bel tocco di ragazzina.
TOTI. Ancora piccato. In terza cominciava già a mimetizzarsi in mezzo alle compagne.
OFELIA. Aspettarono la licenza media per dichiararsi ufficialmente fidanzati.
TOTI. Fra sé. Per usarla a loro comodo quella licenza.
OFELIA. È ormai davanti agli occhi di tutti che Clodia è la sorgente della forza e della perseveranza di Giorgino.
NICOLA. Direi di più. Vostra figlia è di grande aiuto. Riconosco un vostro merito se già dai tempi della scuola avete seguito con benevolenza la frequentazione dei due ragazzi.
OFELIA. Mai un serio litigio, mai ricatti sentimentali e deviazioni pericolose.
TOTI. Fidanzamento tombale.
MARTA. Pensavo fosse un buon esempio anche per la mia Sofia e il vostro Tommaso. È irrequieta e nervosa quest’altra figlia mia. Forse perché precaria. Con una laurea in lingue e un diploma di pianoforte è lì che si torce l’anima non sapendo quale sarà il suo futuro.
OFELIA. Ma non faceva intanto supplenze di educazione musicale?
MARTA. La scuola non fa per lei. Si innervosisce presto con i ragazzini.
TOTI. Non è la professoressa giusta per insegnare la melodia ai rospi saltatori.
OFELIA. E metterla in politica? Con le conoscenze di famiglia!
MARTA. Con le conoscenze di Toticchio? Sollevando le braccia al cielo. Ah!
TOTI. In politica o in collegio cosa cambia?
OFELIA. Al marito. Ma potremmo farla lavorare accanto a sua sorella nella nostra agenzia.
OFELIA. Un domani i due fratelli e le due sorelle potrebbero aprire la sede nella capitale.
TOTI. E organizzare da lì le feste pubbliche e private dei politici.
OFELIA. Dei ministri.
TOTI. Del capo del governo!
MARTA. Per un progetto così ambizioso bisogna aspettare che nascano e diventino adulti i figli dei figli. Quando arriverà la squadra dei cugini.
NICOLA. Dal comportamento sia del pittore fallito che dell’altro eterno fuori corso temo che l’azienda Tartaro potrà continuare ad esistere solo con i figli che nasceranno da Giorgino e dalla vostra Clodia.
MARTA. Non così, se quegli altri due infelici…
TOTI. Infelici soltanto per questa sera. Se Sofia mette la testa a posto e si sposa o va a convivere con Tommaso può essere lei ad avere figli dotati negli affari e potrebbe capitare a Clodia di non averne o di essere sfortunata con le capacità della sua prole.
MARTA. Indicando con disprezzo Toti. Oh signori, che discorsi!Ma che iettatore! Ofelia mia, è meglio che ci trasferiamo in cucina. Escono.
TOTI. Irrequieto. Le nostre mogli sono pericolose.
NICOLA. Pacifico. Hanno sognato il doppio matrimonio. A pensarci bene, dal punto di vista organizzativo, nei pranzi, nelle cene e feste in famiglia l’impegno sarebbe dimezzato.
TOTI. Ma il rischio raddoppiato, caro Nicola. Con la crisi della famiglia al giorno d’oggi, tu pensa, un doppio matrimonio potrebbe evolvere in un doppio divorzio. Se sorella istiga sorella non ci sarà nessun ostacolo a che un fratello non segua l’esempio del fratello.
Si versano da bere e si accomodano.
NICOLA. Consoliamoci con le belle novità, caro Toti. Dopo l’esperienza politica ti stai appassionando alle lettere e alle scienze. Non ho davanti a me un accademico?
TOTI. Solenne. Hai davanti a te un cultore del sapere, scientifico e filosofico. Socio dell’Accademia dei Filomati.
NICOLA. Eppure solo il vicolo separa l’accademia dalla tua casa.Da qui avrai notato gli augusti accademici e le belle signore in loro compagnia. Non sei stato tentato di associarti? Con il tuo prestigio politico…
TOTI. Considera che i miei impegni mi hanno portato sempre lontano.
NICOLA. Mi è stato detto che l’accademia fu fondata da alcuni giovani nel dopoguerra. A quel che si racconta i soci uscivano dalle sale di lettura per scontrarsi politicamente in piazza.
TOTI. Oggi le sale di lettura ospitano solo capigliature bianche. Non c’è ombra di giovane. Oggi si legge attraverso internet e addio incontri con le ragazze stregate dai romanzi d’amore.
NICOLA. C’è un presidente attivissimo, un sessantenne che organizza conferenze, presentazioni di libri, concerti da camera. In quelle occasioni qualcuno meno vecchio si vede.
TOTI. Stanchi miti. Scartoffie d’archivio. Nostalgie poetiche. Non mi interessano. Per accedere alle salette di lettura io entro per una porta secondaria, giusto dal vicolo qui sotto. Vedi? Levato in piedi gli indica dalla finestra.
NICOLA. Così eviti di passare per il portone grande, sulla strada sempre piena di curiosi.
TOTI. Mi sento protetto. In paese quei pochi che si ricordano di me neanche sanno che sono qui.
NICOLA. Ma da quei curiosi hai pure preso i voti per il Parlamento.
TOTI. Due soli mandati. E poi non c’era bisogno di propaganda elettorale. Non mi sono sprecato con i compaesani. Votavano l’idea e non sapevano o scordavano chi era stato eletto.
NICOLA. Poveretti.
TOTI. Al nostro grande capo il compito di bucare gli schermi televisivi per convincere la gente in pantofole.
NICOLA. Così da togliere il rischio per voi altri delle false promesse.
TOTI. Con risolino. Indubbiamente. Ho voluto però che le mie figlie crescessero qui, in paese, lontane dalla corruzione.
NICOLA. Sovrana saggezza. E per nostra fortuna alle medie si sono conosciuti il passerotto e la passerina.
TOTI. Non contento della metafora. Giorgino e Clodia. Legittimi consorti fra poco.
NICOLA. La tua Marta ti è stata sempre di grande aiuto. Donna intelligente e attiva.
TOTI. Troppo attiva, sicché nei conciliaboli romani concordava lei col mio capogruppo come l’onorevole Rasina doveva votare in aula.
NICOLA. È salito in alto quel capogruppo.
TOTI. A sua volta col favore di donne potenti.
NICOLA. Sei in accademia adesso.
TOTI. Vedi, io vado a rinchiudermi nelle sale di lettura. Così mi si attenua il rimpianto di non avere avuto la possibilità di leggere dei buoni libri.
NICOLA. Ne è passato di tempo dai fumetti, dalle storie del West, bum bum! Quella roba che leggevamo da ragazzini.
TOTI. E dai libri dove saltavi le pagine per arrivare alle scene piccanti.
NICOLA. Quando il salame è gustoso il pane lo butti via. Anch’io ho letto poco. Cosa vuoi, ho dovuto impegnarmi a leggere le facce delle persone. Tu però adesso hai di che scegliere dei buoni classici.
TOTI. Posso leggere in pace. Farmi socio è stata un’idea brillante del mio avvocato.
Riprende la telefonata di Sofia non vista dai due uomini. Compare a tratti agli spettatori.
VOCE di SOFIA. Tu continua a saltare esami e poi a credere che arriverai alla laurea. Cosa? Organizzi i concerti delle cantorine? Ah io potrei accompagnarle suonando il piano? Se voglio rimanere nel precariato? Adattarmi alle supplenze? E allora? Pensa che tu a trent’anni hai superato tanti esami di filosofia quanti mia sorella Teresa ne ha fatti, e sempre con il massimo dei voti, nei suoi due primi anni di corso. Continua ad andare in giro con le tue odalische. Con l’harem canoro, nel ruolo di pagliaccio.
TOTI. A Nicola. L’hai sentita? Isterica, ingenerosa mia figlia. Tu adesso devi obbligare Tommaso a farla in qualche modo ingelosire.
NICOLA. Non vedo possibilità di gelosia in una ragazza intelligente e determinata come Sofia. Desolato. Gelosa di che! Bisognerebbe fare ingelosire Tommaso.
VOCE di SOFIA.Sai che quei tuoi esami hanno già preso la tigna?
TOTI. Comprendo, Nicola, la tua amarezza di padre. Anche la mia figliola più piccola, la Teresa si è infilata in studi che non danno pane. Anche lei studia filosofia. Dice che dopo la laurea vuol metter su un philosophy club. Uno sportello socratico lo chiama lei. Una cosa diversa dal confessionale e dal lettino psicanalitico.
NICOLA. E a cosa serve?
TOTI. A niente. Caso mai a espandere l’affettività… l’esercizio delle corna.
VOCE di SOFIA.E poi se di spontaneo ritiro in accademia parli con tanta ironia, diciamo che tale ritiro è apprezzato non solo dagli amici politici di mio padre, ma anche dalle artiste escort ben conosciute da tuo padre.
NICOLA. Quel figlio mio quando vado a casa lo ammazzo.
VOCE di SOFIA. Ah, studi il pensiero debole in filosofia. Ride. E quale altro pensiero potresti capire?
TOTI. Cominciando a infuriarsi. Vado, basta che io mi faccia vedere e quella corre a nascondersi sotto le coperte.
NICOLA.No, Toti. Stai qui, lasciala dire. Ha ragione. Lo trattiene. Deve pure sfogare una sua legittima rabbia.
TOTI. Per alludere, allude, no?
VOCE di SOFIA.Cosa?Mio padre raccomanda le vostre ragazze perché siano chiamate a cantare nella villa del ministro? Bella novità. Gorgheggiano anche nel suo letto?
TOTI. Io non ho più tre figlie. Ne ho due, perché questa la caccio via di casa. Non è possibile.
NICOLA. Sempre trattenendolo. Lascia stare. Fermati. Tua figlia potrebbe rivelarci di più di quello che so io su mio figlio. Quello lo ammazzo e poi lo incenerisco.
TOTI. Suppone, la disgraziata.
NICOLA. Lasciala supporre. Il fesso sarebbe stato lui a godere qualche mio avanzo. Sguardi intensi tra i due uomini.
VOCE di SOFIA. Sei un fesso, sei un idiota patentato. Me ne sbatto delle tue minacce. La chiami ovvia conseguenza andare a letto con un’altra questa notte? Goditi e restaci. Io andrò a passeggiare per i viali della stazione.
TOTI.Lasciami. La trascino in bagno e le metto la testa nella vasca piena d’acqua. Almeno la spavento. Vogliamo dare al tuo Giorgino una cognata puttana?
NICOLA. Insomma.
TOTI. Ecco! Insomma. Lo pensi anche tu, no?
NICOLA. Che dici! Non senti? Non si accusano di nulla di irreparabile tra loro. Deviano con maldicenze sui genitori per ferire. Litigano, minacciano. E via.
TOTI.E via a farsela con gli sbandati sul piazzale della stazione. Vado a riempire la vasca.
NICOLA. Ma dai… Non sarebbe da socio accademico.
TOTI. Furioso. Mi ritiro in accademia io…
SOFIA. Entrando in scena. A me piacciono i viali della stazione. Si blocca sorpresa. Nicola accorre a farsi dare il telefono dalla ragazza.
NICOLA. Al telefono. Stronzo! E riconsegnandolo a Sofia. Di’ che era suo padre.
Marta e Ofelia rientrando ascoltano le ultime battute.
SOFIA. Mamma! mamma! Esce.
Le signore entrano fissando i mariti che si muovono ancora agitati.
MARTA. Che figlia, che figlia. Sempre a litigare. La sentivamo dalla cucina. Che salisse almeno in mansarda quando è al telefono. Macché, deve girare come una menade per tutta la casa. Con questa creatura è così da sempre.
TOTI. Minacciarla non serve. Niente. Di solito scappavo di casa per non sentirla. E meno male che ora posso rifugiarmi in accademia.
OFELIA. Non state a dire male della vostra figliola. È il mio Tommy il disgraziato. Lui avrà la laurea di anzianità. Che dico, di vecchiaia. Speravo che Sofia lo riportasse sulla buona strada. È una bella ragazza, intelligente, saggia. A questo punto noi, famiglia Tartaro, cosa possiamo pretendere ancora? Da quello che si sono detti e da quello che viene minacciato…
TOTI. Zoccola sui viali della stazione…
OFELIA. Gesto di orrore. è meglio che si organizzi un periodo di separazione tra loro due. Decideranno se stare insieme in pace o lasciarsi per sempre. Intanto tutti procediamo tranquilli nei preparativi delle nozze di Giorgino e Clodia.
MARTA. E pensare che Toticchio ha predisposto come dote anche per Sofia una bella sommetta al sicuro, distribuita qua e là oltre confine.
NICOLA. Non dubitavo della vostra preveggenza. Clodia ci aveva accennato sul suo deposito di sicurezza.
TOTI. Una coroncina… in paradiso.
NICOLA. E ci consigliava di provvedere altrettanto per i nostri figli. Solo che quelli…
OFELIA. Di loro non si guadagnano un centesimo.
NICOLA. Intanto quel che è mio, è mio nel nostro inferno italiano o nel rifugio estero. E poi non vorrei che quel lazzaro di Tommaso, avendo facilità di spendere, si allontanasse da Sofia.
TOTI. Quanto al lasciarsi per sempre di quei due ci credo poco. Oggi i fidanzati hanno uno scopo segreto e preciso nel litigare. Oggi nelle arrabbiature si insinua l’astuzia di prendersi delle libertà.
NICOLA. Una piacevole distrazione val bene un litigio.
OFELIA. A Nicola. Vuoi insinuare che tuo figlio stasera stessa si sollazzerà nel letto di un’altra?
NICOLA. Ne ho la certezza, se per rispetto verso la sorella della mia futura nuora non lo strozzo prima.
MARTA. Al marito. Toticchio, vuoi insinuare che nostra figlia stasera si consolerà con un altro?
TOTI. No, perché la lego sul suo letto. Prima che calino le ombre sui viali della stazione.
OFELIA. Calmati, calmati, Toti. Sono perturbazioni della gioventù.
MARTA. Ritorniamo in cucina, Ofelia. Mio marito è insopportabile. Non l’ha mai capita la mia Sofia.
TOTI. Per forza, ti somiglia!
Marta e Ofelia escono.
TOTI. Rimasto solo con Nicola. Devo calmarmi, Nicola, calmarmi come mi sono calmato tante altre volte.
NICOLA. Adesso tu hai un confortevole rifugio. E così pure la possibilità di leggere anche i giornali che in genere non si acquistano all’edicola per non finanziare il nemico.
TOTI. Li sfoglio tutti i giornali per vedere se si scrive su di me. Fino ad ora niente, ma su certi personaggi amici miei qualche notiziola, qualche trafiletto c’è. Sussurri, non boati, grazie a Dio.
NICOLA. Ti invidio. Tu puoi prelevare qualsivoglia libro ti interessi e leggertelo in santa pace. Mi tornano in mente i titoli di classici che si citavano a scuola. Ma il tempo mi è stato rubato. Ingiustizia delle ingiustizie.
TOTI. E infatti. E infatti. Ti dirò. Rimango imbambolato davanti agli scaffali pieni di libri. Altre volte ascolto frange di conversazioni su autori che si menzionavano a scuola. Qualche giorno fa un socio sosteneva che il romanzo più bello della letteratura universale è l’Anna Carina di uno scrittore russo. Lo leggerò. Il suo interlocutore gli opponeva il libro di un altro russo secondo lui più coinvolgente, I fratelli Caramazza. Leggerò anche quello. Ho sentito meraviglie del libro di un certo Levi. Sequestro un uomo, il titolo.
NICOLA. Vuoi leggerlo? Col tuo stato d’animo di sequestrato dalla cattiveria umana?
TOTI. Ci penserò. Anche se deve essere un’opera giovanile, del primo Levi, come dicevano, che poi non so cos’altro costui abbia scritto con la maturità.
NICOLA. E di filosofia si parla in accademia?
TOTI. Che accademia sarebbe? Ogni frequentatore, lì, ama esser preso per un filosofo tedesco. Proprio ieri due soci si sono accalorati su un libro di un certo Aidegheri, a loro dire un metafisico che ammirava i nazisti. Non ho afferrato il titolo:Essere e tempo o Essere in tempo.
NICOLA. Essere in tempo è più logico. Ma quale il motivo di tanta animosità?
TOTI. Boh! Immagino che tra loro si capissero.
NICOLA. Mi dicevi che è stata una idea del tuo avvocato quella di farti socio?
TOTI. Considerata la vicinanza dell’accademia alla mia abitazione il giudice ha concesso una piccola deroga ai miei arresti domiciliari. La polizia ha facilità di controllare. Per la giustizia io posso diventare una persona istruita e quindi pentirmi.
NICOLA. Ma ne sono passati di anni da quella montatura scandalistica.
TOTI. Certamente. Così la persecuzione diventa più raffinata. Di tutto mi hanno accusato. Nicola, gli amici non sono mai contenti di come li aiuti. Covano un insensato rancore e denunciano a tradimento.
NICOLA. E tu hai l’immediato processo in televisione. Milioni di telespettatori ti vedono e così sei spacciato.
TOTI. Oddio! Con tanti politici e uomini d’affari che i giornalisti vogliono processare per fare spettacolo e aumentare l’audience non è che la televisione, su un solo accusato, possa insistere con la caparbietà dei tribunali.
NICOLA. Ti sputtanano però. Una condanna senza rimedio. Una barbarie.
TOTI. Ma hai la solidarietà di tanta altra gente alle prese con la giustizia politicizzata.
NICOLA. È terribile però dover negare le accuse davanti a milioni di invasati con la voglia di sputarti in faccia se ti avessero davanti.
TOTI. Negare? Come i veri farabutti? Ma cosa stai dicendo. A parte che se proprio sei costretto a negare mandi i tuoi avvocati, i tuoi sodali. Negare. Non esiste. Discolparsi bisogna. Quella parte del tuo operato che è acclarata dagli atti, e che tu non neghi, l’hai fatta con le leggi in vigore. E quindi i malevoli, gli invidiosi restano e devono restare convinti che tu continuerai come prima.
NICOLA. Va bene. Va bene. Ma la satira, Toti. Il peggio è la satira. Più un comico è geniale, temuto dai potenti, quindi richiesto dalle TV per la raccolta pubblicitaria, più feroci sono le sue battute contro di te. È veramente doloroso.
TOTI. Non più doloroso di una colonscopia.
NICOLA. Le tue fortune però sono bloccate. Non avanzi più se avevi delle aziende, una carriera.
TOTI. Comunque in galera non ci vai.
NICOLA. Sconti con i processi che si trascinano per anni.
TOTI. Un male minore, sì.
NICOLA. Ma intanto i principi del foro ti succhiano il sangue. Esperti nel portarla per le lunghe.
TOTI. Per tua disgrazia o per fortuna. Non lo so. Vai tu a raccontarla agli avvocati e ai teorici del diritto.
NICOLA. C’è da dire che sul tempo lungo ai giudici viene la nausea a ritornare sugli stessi fatti. Così archiviano.
TOTI. Due palle gli viene. Scaltro avvocato, giudice nauseato.
Squilla il campanello. Rientrano le due signore con Clodia e Giorgino. I promessi sposi contrastano nel loro aspetto. Lui nero dai capelli alle scarpe. La ragazza, molto sexy, indossa un vestito rosso con decolleté provocante. Profusione di saluti e baci.
MARTA. Clodia e Giorgino! I nostri gioielli!
OFELIA. Felicità ai nostri gioielli!
TOTI. E adesso andate in chiesa vestiti così?
CLODIA. Papà, sto venendo dall’ufficio. Siamo in ritardo per il corso prematrimoniale. Non ho neanche il tempo per cambiarmi. Metterò una sciarpa.
TOTI. Bella larga, avvolgente.
GIORGINO. Guardandosi. È la mia divisa da ufficio. Ho delle macchie?
NICOLA. No. Neanche di peccato, spero.
MARTA. Figlioli miei, non ascoltate questi vecchi zucconi. Fate i bravi al corso. Andate, sbrigatevi.
TOTI. Non mettete in imbarazzo il prete con domande alle quali non sa rispondere.
CLODIA.Ma papà! Il parroco sa che io e Giorgino siamo insieme da diciassette anni.
OFELIA. Saldi e santi nodi.
TOTI. Non credo. Diciassette anni ne contengono di tentazioni. E toglietevi quell’aria da penitenti. Siate allegri. Raccontate qualche bella giornata della vostra storia così da spargere l’invidia nelle altre coppie. E tu, Clodia, non invadere il campo di Giorgino. Alla gente piacciono le versioni contrapposte.
GIORGINO. Come piombato e quasi balbettando. Io non ho nulla da contrapporre, né da farmi invidiare.
NICOLA. Ma no!
GIORGINO. Sono gli altri ragazzi che irritano le future spose con discorsi pieni di malizia.
NICOLA.Stai scherzando? Quando ci provano, tu devi far vedere al prete che ti tappi le orecchie.
TOTI. Sporcaccioni.
MARTA. Isterica. Basta, Toticchio! Lasciali tranquilli.
CLODIA. Irritata. Beh, noi dobbiamo correre.
TOTI. Clodia, ricordati di chiedere al parroco che venga a casa nostra a benedire tua sorella.
GIORGINO. Sarebbe stato bello andare al corso in doppia coppia.
NICOLA. Una doppia coppia? A farvi fottere dal tris, dal full e dal poker?
OFELIA. Basta, Nicola!
TOTI. Sofia vi avrebbe creato un putiferio in chiesa, in mezzo agli altri promessi.
NICOLA. Vedo il santo sacerdote costretto ad allungare un bel manrovescio a Tommaso.
TOTI. E io vedo don Camillo molto a disagio con femmine disgraziate.
CLODIA. Don Ciccillo, don Ciccillo, papà. Uno che sa comprendere le femmine, come le chiami tu, disgraziate.
TOTI. E seminate peccati! Così potete tornare a mettervi in ginocchio dinanzi a lui.
MARTA. Basta Toticchio! La smetti con le cafonate? Lasciali andare. Faranno tardi.
GIORGINO. Se serve niente da comprare, provvederemo al ritorno.
NICOLA. Servono preservativi.
MARTA. Clodia!
CLODIA. Sempre irritata. Che c’è, mamma?
MARTA. Per tuo padre un sonnifero potente. Clodia esce con Giorgino, sbuffando e sbattendo la porta.
OFELIA. Sarà molto dispiaciuta la vostra Clodia delle doppie nozze che sfumano.
NICOLA. Un’unica cerimonia per due matrimoni non sarebbe comunque consigliabile perché Giorgino tra due spose velate che entrano in chiesa non saprebbe riconoscere la sua.
Entra Teresa, la terza figlia che va ad abbracciare Ofelia.
OFELIA. Oh Teresa, dolcezza mia! Quale piacere!
TERESA.Sono contentache ci si trovi tutti insieme questa sera. Viene anche Tommaso?
NICOLA. No, cara, Sofia l’ha bandito da questa casa.
TOTI. Ma poi tua sorella si farà inseguire sui viali della stazione.
MARTA. I viali della stazione! A Teresa. Parlale tu, Teresa. Parla tu a tua sorella. I viali della perdizione!
TERESA. Mamma! Non è così che si risolvono i problemi.
TOTI. Li risolvi tu allora. Sposi tu il Tommaso e così fai contenta tua mamma e i signori Tartaro.
TERESA. Papà, facci contenti tutti. Seppellisciti nel circolo letterario, fai nuove amicizie. Non dire cose cretine.
TOTI. Ecco l’altra matta.
OFELIA. In disparte al marito. Magari Tommaso avesse un tempo scelto Teresa.
NICOLA. Alla moglie. Tu ci vedi questo angelo con quella bestia di nostro figlio?
Con disappunto le tre donne escono.
TOTI. Vi sono riconoscente per come vi siete coccolata la mia Clodia dai primi tempi del fidanzamento con Giorgino. Una ragazza da accaparrare giovanissima, ancora vergine, da preservare dagli inquinamenti della modernità.
NICOLA. Tu hai anche Teresa. Non meno graziosa delle altre tue figliole. Studia filosofia come Tommaso. Tra loro forse ci stanno le vere affinità elettive.
TOTI. Potrei pensare ad un’amicizia più profonda che noi potremmo favorire. Come si viveva meglio quando i matrimoni erano combinati dai genitori!
NICOLA. In quattro e quattro otto metteremmo la Terry col Tommy, la cagna col cane.
TOTI. Non apprezza. Teresa con Tommaso. Già.
Campanello. Rientrano Marta e Ofelia, seguite da Teresa, Sofia e Amedeo Tartaro il quale è vestito con colori vivaci per darsi arie di artista. Amedeo sarà l’unico ad accomodarsi mentre tutti gli altri stanno alquanto nervosi intorno.
AMEDEO. Scusate l’anticipo.
OFELIA. Direi proprio. Scusatelo l’Amedeo. Sempre disordinato anche con gli orari.
SOFIA. Ti manda tuo fratello? Con lui è stato chiarito tutto.
TERESA. Vieni a darci una mano per preparare la tavola?
AMEDEO. Con tutta evidenza.
SOFIA.Confessa che ti manda Tommaso per complottare con Teresa e poi raccontarmi balle.
TERESA. Qui c’è solo da aiutare mamma e quella sviata della futura sposa. I complotti non mi divertono.
AMEDEO. Bene, signori, in cosa posso essere utile?
SOFIA. Da seduto, poco.
TOTI. Amedeo, non ti sembra un buon soggetto pittorico l’espressione di Sofia oggi? Non sei un pittore? Fissala bene e poi le fai un ritratto da perfetta strega.
OFELIA Al figlio. Avessi io le tue capacità pittoriche sarei più colpita dall’espressione dolce di Teresa.
AMEDEO. Mi piacerebbe ritrarre le due sorelle insieme.
SOFIA. Teresa sacra e io la profana.
OFELIA. Figlio mio, se ti è capitato di essere venuto in anticipo sull’ora di cena, molla con l’ispirazione e dacci una mano.
MARTA. In giardino c’è tanto da sistemare perché si cena all’aperto.
OFELIA. Ve lo mandiamo con Teresa che gli darà le spiegazioni.
NICOLA. Vai con Teresa. Renditi utile con lei.
TERESA. Amedeo intanto potrebbe farmi da autista fino in pasticceria. Mi aspetta senza parcheggiare e in cinque minuti siamo già di ritorno con la torta.
MARTA. Macché cinque minuti. Fate con calma. Volete fare incidenti?
TERESA. Vado in camera a sistemarmi.
SOFIA. Al terzo vestito che provi vieni a farti vedere da Amedeo.
MARTA. A sé stessa. Mai, quella, che si presenti truccata e ben vestita davanti ai ragazzi che vengono a casa. Al marito. Tu ricordati che devi scendere in cantina per scegliere i vini.
NICOLA. Scendo anch’io in aiuto.
Amedeo e Sofia soli. Sofia è stravaccata sul divano. Amedeo è in piedi inquieto.
SOFIA. Non hai valigia diplomatica. I nostri vecchi sembrano crederci, però. È chiaro che non sei qui in anticipo sull’orario di cena per muovere sedie e tavoli.
AMEDEO. Io ho solo ascoltato qualche parola agitata di Tommaso con te al telefono. Poco o nulla del senso del discorso.
SOFIA. Che non voglio vederlo più l’hai ben capito tuttavia.
AMEDEO.In un certo senso sarei contento se fosse finita tra voi.
SOFIA. Più contento che in lacrime. Piombato subito qui per la conferma. Parla come ti hanno insegnato a scuola. Ti dispiace o non ti dispiace?
AMEDEO. Non so come dirlo, ma… Tutte e due le cose.
SOFIA. Tutte e due le cose. Piombato. Se non sai come dirlo allora te lo spiego io. In posa provocatoria. Sei contento della mia libertà ma scorgi risvolti inquietanti.
AMEDEO. Io ti voglio bene e cerco di immaginare questo tuo momento difficile di passaggio da un legame sentimentale forte, sia pur tormentato, alle incognite della solitudine ed agli assedi di uomini che non ti meritano.
SOFIA. Perché ti preoccupi se mi lascerò assediare? La realtà è che a te dispiace solo per l’altro tuo fratello, per Giorgino che, onesto e puro sì come un angelo, si troverebbe per cognata una Violetta, una traviata.
AMEDEO. Non c’entrano le Violette e le traviate. Basta con questi toni. Una storia tra te e mio fratello non poteva durare. Prima o poi doveva volgere alla fine.
SOFIA. E tu mi hai dato i consigli perché giungesse alla fine. Da avvoltoio.
AMEDEO. Capisco il tuo stato d’animo che ti muove a queste terribili parole. E tuttavia penso che, se io un tempo mi fossi mostrato più avveduto… più… all’altezza della situazione…
SOFIA. Dai, sputalo. Mi saresti saltato addosso.
AMEDEO.Vedi che, anche se in un modo torbido, rispunta il ricordo?
SOFIA. In me non spunta niente.
AMEDEO.Doveva essere il deserto della memoria nella prospettiva che diventassimo cognati.
SOFIA. E rimane deserto. Vai te a ricordare le festine con sbronza a quindici, sedici anni.
AMEDEO. Per me era l’amore. Con la sorpresa dell’iniziativa da parte tua e tutto il corollario della ragazza a lungo bloccata dalla paura.
SOFIA. Levandosi dal divano. Paura? Io? Con te deve essere stata curiosità gelida.
AMEDEO. Curiosità? Solo quello?
SOFIA. Curiosità. Una virtù intellettiva.
AMEDEO. Con commozione avvicinandosi a Sofia. Per me fu meraviglia.
SOFIA. Normale. Io ho meravigliato sempre. Per l’aspetto e per il comportamento. Adesso però con te ho l’impressione di meravigliare in un modo solo.
AMEDEO. Eppure quella volta fu un brivido condiviso.
SOFIA. Bruciandolo da vicino con lo sguardo. Mah! Vai a ricordare. Avessi comunque temuto un brivido… profondo non mi sarei arrischiata.
AMEDEO. Credi che quel sentimento non abbia influito sulla mia decisione di lasciare il paese? Perché tante lunghe stagioni passate in città lontane a dipingere, svendendo i miei quadri per sopravvivere?
SOFIA. Convinciti. Non ha influito.
AMEDEO. Va bene. La tua fu curiosità e il mio un amore sfortunato. Va bene. Ma hai mai immaginato la mia dolorosa sorpresa, quando io, tornato qui dopo una lunga assenza, sono venuto a sapere che da alcuni mesi ti eri legata a mio fratello? Fu la luce di un fulmine che illuminò i particolari di quel ricordo e poi il buio impenetrabile e la rimozione totale. Immagini sparite dalla memoria anche se ci si rivedeva casualmente per forza di cose, fino al tempo in cui Tommaso cominciò a dar di matto con te.
SOFIA. Fino al giorno che il rapace mi individuò dall’alto delle nubi.
AMEDEO. Fino a quando mi chiamasti e mi desti appuntamento al bar per dare sfogo alla tua infelicità. I fatti riguardavano te e Tommaso, le parole erano le tue e le mie di un tempo lontano.
SOFIA. Mai stata infelice. Incazzata sì. Né mi rendevo conto che a guardarti di traverso ravvivavo l’antica fiamma.
AMEDEO. Demolito. Tra te e Tommaso non c’è stato nulla che avesse a che fare con una autentica passione d’amore.
SOFIA. Amedeo, ma che sei impazzito? Fallito come pittore vuoi rifarti con la realizzazione di stupide fantasie, anche a costo di cancellare i forti legami d’affari tra i Rasina e i Tartaro?
AMEDEO. Come disperato. Ma sì, sì che sono disperato perché ancora ti voglio bene, ti amo. E poi nessuno mi dà per fallito professionalmente. Io avrò da mio padre una casa e un conto in banca all’estero. Noi potremo vivere lontano.
Cerca di baciarla, ma Sofia lo respinge con energia.
SOFIA. Lasciami. Con cinica calma. Prova adesso a immaginare: noi due sposi qui la sera del 24 dicembre. È d’obbligo che le famiglie Rasina e Tartaro si riuniscano, se non per il Santo Natale, almeno per festeggiare i buoni affari. Tommaso è giunto con la moglie e un figlioletto. Questa è una casa molto grande e quindi tutti possono restarci a dormire. Si va allontanando sempre più da Amedeo guardandolo sempre meno fissamente. Mia cognata è stata la prima a ritirarsi. Lei è precipitata nel sonno per gli effetti del cenone, mentre il bambino, ancor troppo sveglio, ha reclamato me, la zia, nella sua cameretta perché gli racconti la favola. Anche tu, Amedeo, gonfio d’alcol, sei caduto sul letto a russare. Non puoi cogliere il mio ritardo, la mia assenza, lunga, lunga quanto la bella favola. La voce del bimbo è sempre meno squillante. Chiude gli occhi. Nessuno durante la cena ha avuto ombra di sospetto sulla mia allegria. Spente tutte le luci, Tommaso si aggira in agguato. Lunga la favola…
Amedeo si è via via chiuso in sé stesso. Entra Teresa. È vestita elegantemente.
TERESA. Eccomi. Allora mi fai da autista, Amedeo?
SOFIA. Amedeo è gentile e paziente. Ha tante cose sulla sua attività da raccontarti. Fate un bel giro.
TERESA. Vieni anche tu, Sofia?
SOFIA. Cattiva come sono rovinerei la tua opera di cortese intrattenimento dell’artista.
TERESA. Va bene, Sofia. Oggi ti siamo capitati a tiro noi. A dopo per il resto delle tue cattiverie.
Escono Amedeo e Teresa.
SOFIA. Favole… Viene avanti come sonnambula puntando lo sguardo verso il fondo della platea. Si ode un motivo musicale. Vedo, vedo quello giusto che me la racconta la bella favola. Sparisce.
Compaiono Toti e Ofelia.
TOTI. Cara Ofelia,sarebbe stato bello concederti due, ma anche tutte e tre le mie figlie come nuore, ma avrai solo Clodia. Trattamela bene, devi volerle bene.
OFELIA. Ha il fisico di sua madre. Ho visto Clodia al mare. Dovevi essere impazzito per la tua Marta.
TOTI. Sì, era bella, ma… Pochi, molto pochi e lontani i bei ricordi.
OFELIA. Impossibile. Saresti ingiusto.
TOTI. Ero in vacanza in un villaggio in riviera. Marta era il riflesso del mare, del cielo e dei fiori. Camminava come la spingesse il vento. Noi altri uomini si cercava di incontrarla nella speranza di uno sguardo ricambiato. Passeggiava sulla battigia. Bisognava aver l’ardire di non deviare dalla linea dei propri passi nell’incrociarla. Quindi ci si voltava una volta sorpassata.
OFELIA. Voi uomini sempre con la testa voltata indietro, nello spazio e nel tempo. Qualche volta si deve pure guardare avanti.
TOTI. Non nego. Guardo, guardo avanti, Ofelia. Con gesto di apertura delle braccia come per indicare quell’”avanti”. Quando una emozione si riaffaccia…
OFELIA. Travolgente.
TOTI. Una sera al ballo. Regina della festa. Ha una corona di ammiratori intorno. Deve avermi notato in quel turbinio di suoni e luci. Beh non credo ai miei occhi. Me la trovo tra le braccia. Mi ha scelto come migliore ballerino per apparire, per essere la prima, per vincere.
OFELIA. Emotivamente coinvolta. Tu bruciavi tu nelle figure del tango.
TOTI. Sull’onda dei passi. Mi fulminava con lo sguardo.
OFELIA. Avvolta anche lei dalle fiamme del desiderio.
TOTI. Fino a portarmi fuori della sala ma restando nel cerchio della musica.
OFELIA. Urgenza di un abbraccio. Alla ricerca di un luogo d’ombra per abbandonarsi.
TOTI. Troviamo una panchina.
OFELIA. Una panchina?
TOTI. Nascosta da una siepe, nel giardino dei limoni.
OFELIA. Dei limoni? Tu sempre incredulo di tanta grazia.
TOTI. E che lei mi seguisse su in camera. Per una notte d’amore. S’ode una voce come da televisore in un’altra stanza. Poi una musica di tango. C’è sempre qualcuno in questa casa che tiene alto il volume della TV.
OFELIA. Per invitare alla danza. Che altro? Porge le braccia e ballano. Un suono di campanello li fa smettere.
Entra Marta che osserva dubbiosa. Quindi Nicola con Giorgino e Clodia.
CLODIA. Mamma! Abbraccio.
GIORGINO.Signora! Abbraccia un po’ troppo a lungo la futura suocera. Clodia lo separa.
OFELIA. Rigida. Vi ha sbrigato presto il prete.
GIORGINO. No. Eravamo in ritardo. La lezione era finita.
NICOLA. Una vera fortuna.
GIORGINO. Stavano alle domande delle coppie.
NICOLA. Sul comandamento della fedeltà.
TOTI. Voi sempre sicuri.
CLODIA. Papà, io di questi tempi ho ben altro da pensare che alle perplessità delle coppie.
MARTA. I figlioli hanno ben altro in testa.
CLODIA. Tanto che non mi interessa ciò che fanno gli altri.
OFELIA. Urgenze serie da doversi precipitare a casa.
GIORGINO. L’hai ben detto, mamma.
NICOLA. Bisognerebbe che il parroco desse lezioni diverse agli sposi polemici e ai rassegnati.
TOTI. Facesse un intero corso sulla quiete eterna nel matrimonio tombale.
GIORGINO. Qualche sciocchina chiede sempre come ci si comporta se dopo alcuni anni di matrimonio non ci si ama più.
OFELIA. Bella prospettiva fare un giuramento davanti all’altare quando hai questi dubbi.
TOTI. Giustamente. L’ho sempre detto io. Fate solo sesso, prima. Estenuatevi. Sta qui la filosofica differenza. Alle fatiche del corpo ci si stanca insieme. Invece il soffio d’amore si spegne solitario all’insaputa dell’altro.
GIORGINO. Se la sentisse il parroco, signor Toti!
CLODIA. Arrabbiata. Papà ma come fai a dire certe cose!
MARTA. La vecchiaia, mia cara, fa dire a tuo padre simili oscenità.
TOTI. Tua madre intendeva dire: verità.
CLODIA. Dà in isterismi. Ma papà, sempre a fare il pagliaccio tu!
NICOLA. Clodia, non prendertela. Si scherza.
Giorgino e Clodia si adagiano su un divano. Lontani e indifferenti ai discorsi dei rispettivi padri. Giorgino, intimidito dalla freddezza di Clodia, le manda col cellulare dei messaggi evidentemente stupidi perché lei reagisce con gesti stizziti. Lui a più riprese tenta anche di palparla, ma lei lo respinge sempre seccata.
Entra Sofia con una tovaglia in mano che mostra a sua madre come se avesse delle macchie dopo il lavaggio.
MARTA. Effettivamente. Era da smacchiare. Provvedo per un’altra.
TOTI. A Sofia. Viene o non viene a cena il tuo capitano di ventura? O gli hai azzoppato il cavallo?
SOFIA. Non viene perché ha un impegno con le cantorine. Le porta alla festa del diciottesimo compleanno della figlia di un sottosegretario.
MARTA. Ma a concerto finito potrà venire. Per il caffè.
OFELIA. Accettare impegni proprio questa sera. Svergognato com’è sarebbe capace di giungere qui con qualche pariglia delle sue professioniste.
SOFIA. Non verrà, tranquilli. E se viene con le pupe a quelle sgonfio labbra e seni.
NICOLA. Le do una mano anch’io. Ne stia pur certa, Sofia.
TOTI. Ironico a Nicola. Parti dalle labbra o dal seno?
SOFIA. Signor Nicola, lei conosce a una a una le cantorine che vanno alla festa?
OFELIA. Al marito. Conosci le cantanti ad una ad una?
SOFIA. E tu, papà, le conosci ad una ad una?
TOTI. A Sofia. La smetti una buona volta con le insinuazioni sulla vita privata delle nostre artiste?
OFELIA.Ma via, Toti, Sofia ha ragione a far così. È mio figlio quello da bastonare.
SOFIA. Turbata, irritata. Signora Ofelia, se vuole bastonare Tommaso lo faccia pure, però non pensi più a lui come a un mio fidanzato.
NICOLA. Mi dispiace per il comportamento di mio figlio. Adesso gli telefono e lui stasera andrà a bivaccare dove diavolo vuole, ma si guarderà dal portare qui le ragazze.
SOFIA. Le escort.
NICOLA. Telefono immediatamente. Torni serena, signorina Sofia.
OFELIA. Calmati, tesoro mio. Pazienza, Toti.
TOTI.Stiamo parlando di artiste, comunque di ragazze che scelgono con chi accompagnarsi. Non si lasciano scegliere. Ditemi voi se questa non è una fase di transizione verso il matriarcato.
MARTA. Sarà che a sposare certi uomini si è costrette ad assumere il comando in famiglia.
OFELIA. Quante gliene avremmo fatte passare ai nostri cari mariti!
MARTA. Sarà che la donna libera è sempre considerata una matriarca. Forse ne porto i segni?
TOTI. No la frusta.
NICOLA. Non c’è occasione che mia moglie non torni a dire che il nostro fidanzamento non fu romantico per niente. E che ci sposammo per necessità.
OFELIA. Per forza, stavo per partorire Amedeo! Guardando Giorgino del cui comportamento con Clodia si è scocciata. E tu smetti una buona volta di infastidire Clodia!
NICOLA. Al figlio. Butta via quel cazzo di telefono! Hai la bocca. Usala! Quindi rivolto a Toti. Tu guarda questo merlo. Indica Giorgino. Va alla guerra picchettando sul cellulare.
TOTI. Le mie figlie ci vanno con le spade di cartone da carnevale.
MARTA. E smettetela! Qualcuno venga ad aiutare.
Clodia si avvia all’uscita, ma cercando di mostrare agli altri, che la seguono, la sua irritazione. Rimane in scena solo Sofia che tiene la testa bassa su una rivista finché non compare Teresa che osserva il nervosismo della sorella.
TERESA. Ho preso la torta.
SOFIA. Mangiatela.
TERESA. Senti sorella. È con quest’aria che affrontiamo i Tartaro a cena?
SOFIA.I Tartaro che sognavano il doppio sposalizio. Oh, non preoccuparti. Hai fatto bene ad uscire con Amedeo. Sai cosa mi ha detto quando siamo rimasti soli?
TERESA.Cosa?
SOFIA. Col sorriso di chi si prepara a prendere in giro. Amedeo è venuto a confessarmi che ti ama.
TERESA.Lui ama me?
SOFIA. Una carezzina sui capelli mentre ti accompagnava in macchina… No? Una mano sul ginocchio? Confessa.
TERESA. Adirata. Sei scema? Ti sei bevuta il cervello?
SOFIA. L’uomo non è così male. Ha qualche annetto più di te. Una garanzia di stabilità affettiva in questi tempi di omuncoli. Amedeo è un artista che combina saggezza e ispirazione. Immagina che quadri ti farebbe, vestita, nuda.
TERESA. Minacciosa. Dai, non scherzare, Sofia.
SOFIA. Ti sembra che oggi sia in vena di scherzi? Teresa si mette le mani agli occhi. Che fai, vuoi metterti a piangere? Stai tranquilla. Fra sé. Dicevo io che è stupida questa. Chissà che non si crei l’incidente per sbarazzarsi della famiglia Tartaro e anche Clodia venga liberata. Alla sorella. Dai, cara. Sei sicura che Amedeo non abbia mai manifestato interesse per te?
TERESA. È anche brutto. Come te lo devo dire? Mi ha telefonato qualche volta quando tu eri in rotta con Tommaso.
SOFIA. Sorpresa, ma padrona di sé. Quando litigavo…Ti telefonava invitandoti… Ambasciatore di pace. Serate a un tavolo riservato… Lunghe scarrozzate per le strade di campagna. Notte filosofica…
TERESA. Ma che ti dice la testa! Notte filosofica in macchina. Anche Tommaso, e tu lo sai bene, mi incontrava da qualche parte perché lo aiutassi a capire te.
SOFIA. Anche Tommaso ti incontrava! Ogni volta che lui aveva litigato con una pazza come me? Le conseguenze nelle famiglie moderne? Sei stata… consequenziata? Teresa fa segno di non capire. Urlando. Hai capito o no? Ti ha scopata per vendicarsi di me? Ah! Alza le mani verso Teresa.
TERESA. Sei matta. Tommaso ed io non ci siamo mai sfiorati nemmeno per mossa involontaria. Altro che conseguenze. Ci chiedevamo che tipo di legame fosse quello tra due che litigano di continuo e si lasciano e si riprendono.
SOFIA. Oh che io non ti ho mai rivelato prima, povera ragazza, quel che mi succedeva col mio bel maschione, così avresti affrettato col suo aiuto il percorso di autocoscienza.
TERESA. Ma la smetti di prendermi in giro?
SOFIA. Cambiando tono e afferrandole le mani. Quell’uomo non mi interessa più. Se vuoi spassartela in attesa del grande amore lascia che Tommy osi con te, che ti leghi su un letto a tradimento. Tanto dopo ti piacerà. Non negare che ti ha invitata fuori per lenire le sofferenze che io gli procuravo. E sì che ci facevi la smorfiosa. Lui allora si calmava.
TERESA. Io ho la sfiga di incontrare ragazzi senza futuro. Non lavoro, né possibilità di metter su famiglia. Interessati solo a fare sesso. Non ci sto. E quindi fare la smorfiosa con loro è una tecnica che utilizzo qualche volta solo per difendermi. Vedi subito se sanno decodificare il tuo atteggiamento.
SOFIA. Tommaso ti ha decodificata immantinente dopo averti messo una mano tra le cosce?
TERESA. Staccandosi. Cretina! Ti assicuro che lui non è come lo vedi tu, come te lo sei costruito tu nella mente. Con me era corretto.
SOFIA. Grandi smorfie di sorpresa. Per forza, filosofa. Come avrebbe potuto far desiderare a te un marciume schifato da tua sorella?
TERESA. Io civettare col tuo fidanzato?
SOFIA. Tu sognarti mai di regalarmi con lui un bel nipotino?
TERESA. Non mi arrabbio più. Tu continua, io rido. Tu sei convinta che Tommaso abbia un ruolo attivo nei loschi traffici di suo padre. Qualche volta può essere stato coinvolto come passivo esecutore. A parte le preoccupazioni per il destino di nostra sorella Clodia, il problema è tra voi due. Non mi sembra che sia poi come lo dipingi tu.
SOFIA. E se ti aiutassi a vederlo com’è veramente? Vuoi sapere che tipo di maschio è? Vuoi provarlo? Dimmi di sì e resterai sbalordita. Così smetti con i dubbi e ti fai prendere senza preamboli. Vedrai che la corrente filosofica non è sempre cordless. Comunione senza cordone…
TERESA. Sofia, adesso basta. Sai che sono vaccinata contro questo gioco al massacro.
SOFIA. Con fare scherzoso. Ti sei tradita. Sospettavo un sentimento segreto. Durante quegli incontri avuti per salvare il suo rapporto con me, il maschio stallone deve comunque aver destato la tua curiosità. Pure io la prima volta mi lasciai tentare da semplice curiosità.
TERESA. Ormai pienamente confusa. Con Tommaso?
SOFIA. L’uomo del destino? Aspettato per anni nell’innocenza? Eh cara. Prova a indovinare invece. Strabiliante.
TERESA. Con uno del suo giro di amici.
SOFIA. Ma sì, dai. Giro molto stretto. Brava. Teresa è turbata. Scusami, amore. Sono stata una stupida a provocarti. Ma tu smettila di intermediare con individui che io odio e che farebbero del male anche a te. Trovati un vero uomo una buona volta e comincia con quelle dolci malizie che Clodia già metteva in atto da ragazzina. Se non ti svegli rimani vergine. Teresa è in lacrime. Ti voglio bene Teresina. Sei sempre la mia sorellina, il mio unico, grande, vero amore. Io sarò la zia nubile dei tuoi figli.
Quasi piange. Si abbracciano. Musica.
Campanello. Sofia va ad aprire e si trova davanti Tommaso vestito alla militare. Spavaldo.
SOFIA. Sta per sbattergli la porta in faccia. Te chi ti manda?
TOMMASO. Comando delle forze interalleate del Sud Europa.
SOFIA. Vai a farti ammazzare.
TOMMASO. Devo consegnare una lettera segreta.
SOFIA. Tentando di colpirlo ripetutamente con una borsetta. Tagliala a strisce per il cesso!
TOMMASO. È per il tuo onorevole padre.
SOFIA. Onorevole coatto.
TOMMASO. Io sono socio in affari dell’onorevole. E lui mi permette di entrare in questa casa.
SOFIA. Questa è una galera e per entrarvi ci vuole il permesso del magistrato.
TOMMASO. Ho il lasciapassare anche per la tua stanza da letto.
SOFIA. Stronzo! Continua a colpirlo.
TERESA. Sofia, un minimo di cortesia. Lasciagli dire perché è qui e non alla festa del sottosegretario.
SOFIA.La festa era una bugia. Lui è qui per consegnare a papà una lettera delle mafie interalleate.
TERESA. Ha fatto desistere la sorella. Ridendo. Sofia, non infierire sulla sua timidezza.
TOMMASO. Timido, che ci posso fare.
Avendo sentito il trambusto entra Marta.
MARTA. Alle figlie. Ma che fate! Oh caro, caro il mio Tommaso.
TERESA. Cavaliere timido.
MARTA. Ti fa impazzire quella strega.
TERESA. L’ha accolto a borsettate, mamma.
MARTA. A borsettate? Ti ha fatto male? Fa vedere.
TOMMASO. Nulla di nulla. Sono io nel torto e mi sono preso religiosamente la grandine. Lei sa, signora, quanto io ami Sofia.
SOFIA. Sarcastica e urlante. Lo sapevi tu, mamma, quanto mi ama? Perché tenerlo segreto fino a questo momento?
MARTA. A Sofia che sta uscendo di scena. Questa battuta non merita commenti. Comunque è tua sorella Clodia che invita a cena la famiglia Tartaro. Se tu non hai fame puoi chiuderti in camera e guardar la TV o dormire. Esce.
Entrano Clodia e Giorgino.
GIORGINO. Al fratello. Ti sembra questo il modo giusto di vestire per presentarti in casa Rasina?
TOMMASO. Senza badarlo e afferrando per la vita Clodia. Oh cara la mia cognatina. Sei tu che mi hai voluto qui? Mettiamoci in disparte così mi racconti.
Clodia lo respinge con gesto di irritazione.
GIORGINO. Tu dovevi chiedere anche il parere di Sofia e comunque dovevi vestirti convenientemente.
Prende lui adesso per la vita Clodia come per allontanarla da Tommaso, ma lei reagisce distaccandosi come prima. Spuntano i due padri.
NICOLA. Eccolo il delinquente finale! Ecco uno da strangolare. Chi ti ha mandato qui? Fa per afferrare il figlio per la camicia.
GIORGINO. Molto spaesato. Lo ha chiamato Clodia che gli deve raccontare.
TERESA. Tranquillo. Non lo ha chiamato Clodia.
GIORGINO. Comunque lo avrebbe avvertito di vestirsi come si deve.
NICOLA. Di non farsi vedere, lo avrebbe avvertito.
TOTI. Scocciato. E chiedete a Sofia se lo voleva vedere o non vedere, vestito o nudo. A Teresa e Clodia. Adesso voi andate ad aiutare in cucina. I giovanotti vengano con me in giardino. Ho bisogno di braccia per spostare le due piante nei vasi grandi.
I ragazzi si avviano con Toti. Tommaso ancora con gesto spiritoso afferra e tenta di trascinare Clodia che si scioglie da lui. Giorgino trasecola, preso prontamente sotto braccio da Teresa che lo porta via. Rimangono in scena Nicola e Marta.
NICOLA. Cara Marta, sono incerto se mandare a casa Tommaso con un carico di legnate o sperare che adesso, rivedendo Sofia, rientri nella ragione e nelle buone maniere. Spero che la signorina Teresa abbia ancora la pazienza di intervenire con qualche buona parola tra quei due.
MARTA. Da giovani eravamo così anche noi. Io ero peggio di mia figlia Sofia.
NICOLA. Ma nel fisico identica a Clodia, ad ammirare oggi la tua bella persona.
MARTA. Per quel che rimane.
NICOLA. Rimane, rimane tanto, Marta.
MARTA. Oh… Squilla il telefono. Marta risponde. Nicola mostrerà stupore ascoltando.
MARTA. Ah è lei, presidente. Sì, sono la moglie. Vuol parlare con Toti? Ah con me. È un piacere, l’ascolto. È vero, ci si conosce solo da lontano, anche se mio marito le avrà raccontato di me, il chiacchierone. Certo, d’estate si tengono aperte le finestre. Con questo caldo. Muove l’orlo della gonna. Immagino. Siamo solo separati da un vicolo. Lei è una persona cortese. Avrà cercato di mandarmi un saluto vedendomi prendere il sole in terrazza ma io, sa, avrò tenuto gli occhi chiusi dietro gli occhiali scuri. Sì, da breve distanza si osserva anche il respiro di una persona. Guarda Nicola sollevando maliziosamente il petto. Giusto, un onore per me ricevere la sua telefonata. No, non si senta anche lei agli arresti in accademia. Ride. Apprezzo la metafora. Basta uno. Basta l’onorevole Rasina. Come? Farmi socia? Mah… Sì… No… No…Sì… Quando? Sarei una signora colta? Da dimostrare. Verrò, verrò a salutarla a palazzo uno di questi giorni. Ma non ci vuole la firma di due soci per l’accettazione? Un intero gruppo di soci pronto a firmare. Oddio, molto gentile presidente! Lei per primo. Grazie, grazie. A risentirci. Buon pomeriggio. A Nicola. Da dietro qualche persiana socchiusa mi ha spiato le tette e adesso mi vuole socia.
NICOLA. Evviva! Brindiamo. Alla bellezza!
MARTA. Certe doti servono… servivano, a dirla senza rimpianti. Pensa che alle riunioni di partito tutti venivano solo per guardare me. A quaranta anni di mio ne avevo ancora da mostrare.
NICOLA. Hai ancora di che esser fiera.
MARTA. Quando ero giovane e bella sceglievo e seducevo un uomo alla volta. Più avanti con gli anni mi sono dovuta accontentare di sedurre un gruppo alla volta. Si avviano all’uscita.
Dolce musica che continua all’inizio della scena successiva. Entra Sofia seguita da Tommaso che tenta di fermarla e baciarla. Lei lo respinge.
SOFIA. E Giorgino l’hai lasciato solo a fare il mulo?
TOMMASO. È lui che mi ha mandato via perché sarei incapace di calcolare le distanze tra i vasi di fiori. Io sono qui per un messaggio speciale a tuo padre. Meglio non utilizzare il telefono viste le circostanze. Intanto mi chiarisco con te, viso a viso, labbra a labbra.
SOFIA. Va’ al diavolo, tu e i messaggi speciali che certi signori inviano a mio padre.
TOMMASO. Rimango solo io quello interessato alla sua sorte?
SOFIA. Rimani come vuoi. Sarò paziente fino a che non vedo Clodia uscire da questa casa vestita da sposa. Poi se ti fai vedere qui non userò le mani, userò la scopa.
TOMMASO. Sarà dolce prendersi le legnate dalla ragazza più bella del paese.
SOFIA. Dandogli uno spintone. Deficiente.
TOMMASO. Credi che non l’avrei già trovata una più bella tra università e spettacoli?
SOFIA. Trovare la trovi. È averla che non ti riesce.
TOMMASO. Ascoltami seriamente.
SOFIA. Stai per dirmi che tuo padre ha lasciato a te l’incombenza di portare qualche giovinetta a cantare per il principe. La convinci a cantare prima a te una ninna nanna?
TOMMASO. La tua è assurda gelosia. Sì, è vero che lavoriamo sempre nello spettacolo. Ma stiamo per abbandonare il ramo, diciamo così, politico.
SOFIA. Vale a dire delle troie.
TOMMASO. Può essere successo qualche volta a nostra insaputa.
SOFIA. Dell’allievo, ma non del maestro padre.
TOMMASO. Ma senti! Allora devo confessarti che dopo una vita coniugale tutto sommato tranquilla mio padre si avvia alle smanie del sesso senile. Vedo il rischio che lasci mia madre per mettersi con qualche giovanissima artista straniera. Mamma mi ordina di sorvegliarlo.
SOFIA. Tu sei invece molto lontano dal tipo paterno di tentazione.
TOMMASO. Sei tu la mia tentazione! Come furioso tenta di abbracciarla.
SOFIA. Al punto che mi inseguiresti su sabbie ardenti e ghiacci polari.
TOMMASO. Sì, sì. Perché sei l’aria che avvampa e l’aria che gela. Respinto, desiste cambiando tono. Sei aria di primavera che scivola fino al nostro prato.
SOFIA. Vuoi che diventi nebbia che ti acceca?
TOMMASO. Amo l’aria nebbiosa e non temo il vento polveroso di tempesta.
SOFIA. Oggi sono aria afosa, bello! Sono sudata! Smettila! Lasciami in pace.
Tommaso ritenta di abbracciare Sofia. Entra Toti che si accorge del gesto.
TOTI.Bravo Tommaso. Questo è un combattere da prode. Legarla devi. Ritornerà mansueta.
SOFIA. Non ha bisogno di corde. Sarcastica. Spaventa con lo sguardo.
TOMMASO. Onorevole signor Toti, io sono qui per faccende che la riguardano.
TOTI. Trapela qualcosa dal palazzo?
TOMMASO. Ho già detto a Sofia che mi è giunto un messaggio attraverso una certa persona. Chiedono conferma che la consegna dei documenti sia avvenuta nella massima sicurezza.
TOTI. Che dubbio c’è? Me li ha portati Clodia. Si è sacrificata a far lei la postina. Due mesi fa. A maggio.
SOFIA. Un sacrificio per la segretezza.
TOTI. Sissignori, un sacrificio per la segretezza. Una eroina lei è stata ad affrontare un filibustiere di quelli. E io che ho cercato di tenerla sempre lontana da certi tipi.
TOMMASO. Ecco, vogliono essere sicuri che siano stati consegnati al legale senza che siano state trattenute in casa fotocopie o altro genere di tracce.
SOFIA. E sì, perché credono che l’onorevole Rasina sia uno sprovveduto. Direttamente a Tommaso. Tommaso, credi che mio padre sia un fesso?
TOTI. Le mie figlie lo pensano qualche volta. A Tommaso. Però le tentano tutte al palazzo. Ricatti e controricatti in una serie infinita. Carte che devono arrivare e carte che non devono arrivare al giudice. Detto tra noi, Tommaso, visto che diventerai cognato di Clodia, e forse, me lo auguro, anche mio genero se mi levi dai piedi questa ingrata, sappi che tutti gli incarichi di natura politica li ho ricevuti per la mia competenza.
TOMMASO. Ma è palese. Lo sanno tutti che lei è un economista di valore.
SOFIA. Che dubbio c’è? Certo che mio padre è un economista di vaglia. Vaglia postali per una laurea dall’estero.
Gesto di disappunto e rassegnazione di Toti. Entra Ofelia.
OFELIA. A Tommaso. Ancora qui tu? Hai regolare permesso per rimanere a cena?
TOTI. Ha l’obbligo di rimanere, Ofelia. E di ristorarsi. Ho assistito io alla lotta sostenuta da tuo figlio per domare questa belva.
SOFIA. Papà, sei arrivato quando già io avevo ceduto. Fa un gesto appunto come di cedimento.
OFELIA. Arrabbiata e trascinando via il figlio per un braccio. Questo lo raddrizzo io per fargli assumere la postura di gentiluomo.
Toti e Sofia restano soli.
TOTI. Sconfortato. Non è possibile.
SOFIA. Non è possibile cosa?
TOTI.Angeli benedetti, perché avete confuso le strade? Tommaso doveva incontrare Clodia e tu dovevi metterti con Giorgino. Uno come Giorgino si fotte della donna tormentatrice.
SOFIA. Gli farei solo il solletico, no? E pure Clodia si fotterebbe del maestro di cappella per cantorine religiose.
Alle loro spalle spunta Clodia in chiaro aspetto da afflitta. I due non si accorgono.
TOTI. Tu intanto finalmente avresti di fronte quello che si dice un uomo.
SOFIA. Imparerei a tenermelo di fronte e di sopra!
TOTI. Infuriato. Basta, stupida belva. Basta! Se tu e il tuo domatore da fumetti continuate così, finisce che si rompe con i Tartaro e addio matrimonio di Clodia.
SOFIA. Addio affari. Papà, non voglio vederti infelice. Secondo te sarei più adatta io come moglie di Giorgino? Allora? Vuoi che lo seduca? Con lui è una operazione velocissima. Saprò come tenerlo prima di fronte, poi… di sotto… di sopra e di sotto. Anzi mi faccio mettere incinta così non ci sarà più misericordia. Clodia si godrà la vendetta. Col primo che le si metterà di fronte… di sopra…
Toti guarda la figlia torvo e avvilito. I due si accorgono di Clodia che si butta a piangere su una sedia.
TOTI. Stella del paradiso! Clodia, non spaventarti. Corro a chiamare la Croce Verde per tua sorella. È impazzita. Straparla per invidia. Zitella resta. Tu aspetta mamma. Lei ti spiega.
Ma intanto da un’altra porta rientra Tommaso che si avvicina a Clodia stupito del suo pianto. Lei lo fissa interdetta. Interviene Sofia che afferra lui per un braccio e lo trascina violentemente su un divano, quindi lo abbraccia in modo così ostentato che Tommaso trasecola. La luce intanto si restringe su Clodia che fissa i due. È spostata quindi su Amedeo e Teresa comparsi in scena. Gli altri in penombra.
TERESA. Ad Amedeo. Allora mi racconti? Raccontami cosa consigliavi a Sofia quando lei aveva litigato con Tommaso.
AMEDEO. Solo se tu mi racconti fedelmente quali erano i motivi di contrasto tra loro due.
TERESA. So poco dell’amore io. Non dubito che dopo ogni litigio tornassero a scopare.
Intanto Tommaso si libera di Sofia e si avvicina a Teresa. Amedeo lo guarderà con faccia truce.
TOMMASO.Ragazzina, non farti convincere dalle sue chiacchiere. Scommetto che ti vuole come modella. Sappi che lui è tutt’altro che un madonnaro.
TERESA. Ridendo. Non è escluso che per merito mio un giorno possa convertirsi alla vera religione.
AMEDEO. Al fratello. Se ricevo committenze profane scelgo le modelle tra le tue artiste. Sarebbero felici che io valorizzi certi loro aspetti che tu non sai apprezzare.
TOMMASO. A Teresa. Non fidarti, ragazzina. Il nostro pittore, non avendo da pagare le modelle, se le fa amanti.
TERESA. Ridendo. Pur di rimanere immortali sulle tele dei grandi artisti le modelle accettano qualsiasi sacrificio.
AMEDEO. Al fratello. Adesso mi ispira un quadro con Sofia che ti caccia a pedate da questa casa.
TOMMASO. Poi ti faccio dipingere dal vero la scena della riconciliazione. Ride.
Sofia che nel frattempo era andata a baciare Clodia e a sussurrarle qualcosa all’orecchio, viene a riacciuffarlo per riportarlo al divano. Vengono illuminati Toti e Ofelia.
OFELIA. Indicando Clodia. Guarda. Cos’ha Clodia?
TOTI. Povera figlia. È da giorni che è irritabile. A lavorare in casa sempre lei mentre le sorelle pensano solo a chiacchierare e a criticare.
OFELIA. Solo una donna può capire un’altra donna in prossimità delle nozze.
TOTI. Indicando Sofia e Tommaso. Guardali quelli. Dopo essersi bersagliati dalle lunghe distanze adesso sono arrivati al corpo a corpo.
OFELIA. E magari i corpi ci restassero appiccicati per sempre. Noi altri saremmo uniti con un nodo doppio.
TOTI. Magari anche triplo!
OFELIA. In che senso? Riflettendoci ha come uno scarto. Oh!
La luce si sposta su Sofia e Tommaso.
SOFIA.Fammi un ultimo favore. Raccontami cosa vi dicevate tu e Teresa quando vi capitava di commentare le mie follie.
TOMMASO. Se tu confessi cosa facevi con Amedeo. Tu suonavi il pianoforte e lui alle tue spalle dipingeva un violoncello?
SOFIA. Dopo il matrimonio sparisci tu e sparisce anche lui da questa casa. Guarda mia sorella. È stanca. È stufa di tutti, forse anche del suo futuro sposo. La sua crisi di nervi sta aggravando la mia.
Luce su Marta e Nicola che entrano.
MARTA.Oh finalmente. Indicando Tommaso e Sofia. Si parlano, si parlano. Tommaso deve aver dato una sistemata a quella strega. Chissà che non si arrivi davvero al doppio nodo.
NICOLA. E se lo facessimo diventare triplo?
MARTA.Magari! Poi riflettendo si scuote stupita. Oh!
Luce su Amedeo e Teresa
AMEDEO. Accennando a Sofia e Tommaso. Guarda come Sofia si comporta con mio fratello.
TERESA. Oggi è niente. Minaccia di prenderlo a calci se si presenta in chiesa alle nozze di Giorgino e Clodia.
AMEDEO. Solo questo? Hai sentito fare il mio nome?
TERESA. Te, mai nominato. Hanno ben da dirsele tra di loro.
AMEDEO. Tu cosa hai sentito?
TERESA. Ha minacciato di mostrarsi a zoccolare sui viali della stazione.
AMEDEO. E l’ha fatto?
TERESA. Questo certo che no. Credi che mia sorella sia una puttana? Però l’ho vista io uscire con altri e tornare tutta pesta alle quattro del mattino.
Si vede Clodia che si piega su sé stessa. Gli altri accorrono.
MARTA. Piccola, cosa c’è?
OFELIA. Ti ha fatto tanto arrabbiare Giorgino?
Clodia fa segno di no col capo.
MARTA. Troppi impegni tra lavoro d’ufficio e preparativi per le nozze, così arriva lo sfinimento. Così.
TOTI. Quando devono aiutare, le sorelle sono impegnate in altri problemi.
OFELIA. Insieme con Marta cerca di sostenere Clodia. Noi mamme possiamo capire. Ci pensiamo noi a quel che c’è da preparare per le nozze. Tu hai bisogno di riposo. Questo è un brutto segno di stanchezza.
CLODIA. Arriva il colpo, mamma. Non ce la faccio. Alzando con disperazione la voce. Chi mi aiuta, mamma. Accorrono Sofia e Teresa.
MARTA. Tutti noi ti aiutiamo, piccola. È da giorni che io ti vedo tanto nervosa. Tu non parli, non chiedi.
TERESA. Clodia, cosa ti succede?
SOFIA. Dai, Clodia, non far la sciocca. Hai capito che prima il nostro caro padre mi ha fatto imbestialire? Ecco perché ho reagito con quelle brutte parole. Adesso mettiamo anche in dubbio i tuoi diciassette anni d’amore per Giorgino?
TERESA. A Sofia. Perché papà ti ha fatto arrabbiare?
SOFIA. Mi ha detto che sarei io la sposa ideale per Giorgino.
MARTA. Al marito. È il momento di fare il cretino con le nostre figlie? A Clodia. Clodia perdona tuo padre. Avanza la sua demenza senile.
CLODIA. Passando le mani su capelli e viso. Chi, chi… può aiutarmi…
SOFIA. E dalli! Io ti aiuto. Vuoi un medico o è sufficiente un salto in farmacia?
OFELIA. Ma in cosa aiutarti, piccola. Devi dircelo.
CLODIA. Signora, una sventura. Non doveva accadere.
MARTA. Allarmata. Cosa, cosa non doveva.
TERESA. Shock da parole fraintese.
SOFIA. Macché parole! Forte. Sei incinta, Clodia?
CLODIA. Sono incinta prima di sposarmi! Non doveva succedere. Piange. La madre la abbraccia seguita dalle sorelle e da Ofelia. I due fratelli hanno uno scatto e ricadono seduti.
TOTI. Al colmo della felicità. Incinta. Felicità! Avvertite il parroco. Che faccia qui un corso speciale per mia figlia, qui in casa. Darò i miei buoni consigli per gli sposi. Il corso! il corso deve continuare! Privato. Domestico. Dobbiamo far festa, brindare. Fate venire tutti! Ma sì, invitate anche gli altri iscritti al corso prematrimoniale. Voglio anche le cantanti, le danzatrici. Abbracci.
TOMMASO. Si avvicina a Sofia e la abbraccia alle spalle. Adesso come zia sei divina.
Sofia gli dà uno spintone che quasi lo fa cadere.
TOTI. Ma sì, perché no? Chiamiamo i vegliardi dell’accademia. Che siano allegri anche loro. I miei simpatici compagni della nuova scuola. Fateli venire tutti! E Giorgino, dov’è? Chiamatelo. Giorgino!
Entra Giorgino.
GIORGINO. Serve niente?
OFELIA. Basita. Senti Clodia.
[Fine del primo atto]