La voce forte e leggera dei classici nel rumore dell’attualità

di Antonio Errico

Il tempo che attraversiamo molte volte è così: distratto. Per cui si ha l’impressione che sia inutile, che sia anacronistico, tutto quello che richiede o provoca una riflessione, un approfondimento, un pensiero ulteriore; tutto quello che in qualche modo sospinge a un confronto con se stessi, con la propria visione del mondo, con le certezze, le  convinzioni, con la storia, con i suoi  fondamentali insegnamenti.  Allora di tanto in tanto si sostiene che non serva leggere i classici, per esempio. Nel tempo distratto e rapidissimo e vertiginoso, non serve cercare una risposta alle domande che   greci e latini hanno  scagliato come pietra di fionda  sull’umano e sul divino,  sull’identità e sulle relazioni tra gli uomini, sull’eterno e il transeunte. Quelle opere appartengono a un tempo irrimediabilmente concluso. Così si dice. Ma non solo di greci e latini. Si dice la stessa cosa anche di autori del Novecento, italiani, stranieri. Come se i paesaggi culturali che gradualmente si vanno componendo, come se le crisi e le contraddizioni che ci coinvolgono, non fossero già stati visti e descritti da Svevo e da Pirandello, da Joyce e Virginia Woolf, da Kafka e da Camus.  Poi i poeti: Montale, Luzi, Caproni, Gozzano, Sereni, Ungaretti; poi Lorca, Eliot, Kavafis, Lee Masters, Dickinson, Milosz.  Molti altri, ovviamente. Ma di tanto in tanto si sostiene che leggere i classici non serva. Quei libri in cui pulsano innumerevoli anime, che provengono da ogni tempo e da ogni luogo, che appartengono ad esistenze conosciute o sconosciute, vive o concluse, anonime o famigerate, viziose e virtuose, altere  o meschine, nel tempo distratto non servono, non servono più. Però bisogna anche dirsi che  non leggendoli qualcosa si perde. Magari si perde la profondità dei concetti, molta possibilità di una relazione autentica con se stessi. Perché probabilmente aveva ragione Italo Calvino quando diceva che “il tuo classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui”.

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