L’iscrizione presenta alcune particolarità grafiche: la lettera S in SATOR e ROTAS, che a prima vista appare come una Z; la forma inversa della N in TENET. Le stesse caratteristiche paleografiche si riscontrano nell’iscrizione proveniente dal castello medievale di Oppède, una piccola città della Provenza francese.
Come ha intuito Stefania Giannini osservando la foto, l’iscrizione galatinese raffigura il cosiddetto “quadrato magico” o “quadrato del SATOR”. Si tratta, com’è noto, di un quadrato costituito da lettere ordinatamente allineate e incolonnate (5 lettere per linea, per un totale di 25 lettere) che danno luogo a parole che si possono leggere in varie direzioni (tranne che in diagonale): in orizzontale come in verticale; da sinistra a destra come da destra a sinistra; alternando per ogni linea la lettura da destra a sinistra e da sinistra a destra (lettura bustrofedica). Se poi tale disposizione debba essere definita un “palindromo” o un “bifronte” è discussione che non tocca la sostanza delle cose. Il testo rimane nel suo complesso criptico e misterioso; su di esso si sono esercitate infinite diatribe, spesso le più fantasiose, per il disvelamento dei significati letterali e reconditi o magici del rebus. Quello che è importante sottolineare è che l’iscrizione costituisce un unicum non soltanto nell’epigrafia di Galatina e del Salento, ma anche di tutta l’Italia meridionale (le attestazioni più vicine si trovano in Molise e in Abruzzo).
Dal punto di vista storico, i più antichi esempi dell’iscrizione sono stati rinvenuti a Pompei (quindi si datano a prima del 79 d.C., anno dell’eruzione disastrosa del Vesuvio), in locali destinati ai soldati nella città militare romana di Doura Europos in Siria (II-III secolo d.C.), ai confini orientali dell’impero, in località dell’Inghilterra romana, ecc. Gli studiosi più accreditati (Matteo Della Corte per Pompei, Michail Rostovtzeff per Doura Europos) hanno messo questi documenti in relazione con il Cristianesimo e con la necessità dei Cristiani di celare dietro scritture enigmatiche la loro identità in tempi di persecuzione. In queste attestazioni di età romana, il quadrato inizia indifferentemente con il termine ROTAS e termina con SATOR (forse la versione più antica), oppure inizia con SATOR e termina con ROTAS. Quella incisa sul palazzo in via Mory è la versione medievale prevalente del quadrato, con il termine SATOR all’inizio e ROTAS alla fine.
Delle infinite proposte che si sono susseguite sul significato del rebus, che via via evolvono dai significati cristiani a quelli magici, apotropaici e perfino satanici, sarebbe vano anche solo accennare. Ci limitiamo ad osservare che l’unico termine sul cui significato letterale non si registrano discordie è il termine sator, attestato molte volte nella letteratura latina con il significato di «seminatore» fecondo (per esempio: Cicerone, Sulla natura degli dei, II, 86); mentre è controversa la matrice celtica del termine arepo con il significato di «aratro», proposta da Jérôme Carcopino (Le christianisme du carré magique, Paris 19632). Le altre parole: tenet opera rotas, «tiene o regge», «opere o con fatica», «ruote», sono singolarmente significanti ma appaiono insignificanti se prese nel loro insieme. È ovvio che termini come «seminatore» e «aratro» sono fortemente simbolici e richiamano immediatamente figure come quelle di Cristo, il Sole, Mitra, ecc.
In definitiva, il quadrato si può leggere: Sator arepo tenet opera rotas. Oppure, se il termine sator evoca il cammino “bustrofedico” del seminatorenei campi per la semina, come per l’aratura, la lettura bustrofedica del quadrato in due spezzoni, con la parola TENET come fulcro, prospettata da Gioachino Chiarini (Il Sator e il duomo di Siena, Siena 2017, pp. 20-22) sarebbe: Sator opera tenet / Tenet opera sator.
Sulla vasta fortuna del quadrato dall’antichità romana fino al Medioevo e oltre, ci basta citare l’ottima sintesi di G. Chiarini, op. cit. p. 145:
«il testo …fu probabilmente elaborato in tale forma a Roma in ambito di iniziazioni mitraiche al tempo di Nerone – o immediatamente dopo. Ebbe grande fortuna anche fuori Roma: l’archeologia ne ha rinvenuto testimoni risalenti al II, III, e IV secolo d.C. anche in molti insediamenti militari allineati lungo i confini dell’Impero: dal Nord dell’Inghilterra alle rive dell’Eufrate, passando per Germania e Ungheria.
Soppressi i culti mitraici, il Quadrato continuò a prosperare … nel nuovo universo cristianizzato: a Roma stessa, come pure nel Vicino Oriente – fino alla remota Cappadocia, fino all’Egitto e all’Etiopia: dovunque legato al nome di Cristo, dovunque fungendo sostanzialmente e innanzitutto da amuleto.
Scomparse nel primo medioevo, le testimonianze del SATOR riappaiono in Italia e Francia nel secondo, al tempo delle Crociate, poi anche in Germania e altrove. Lo troviamo inciso soprattutto in chiese e magioni legate all’ordine dei Templari, ma anche vergato in manoscritti biblici, giuridici, magici dove ha un valore beneaugurante, o curativo (ad esempio per la buona riuscita di un parto, o per ridurre all’obbligo un cavallo ribelle) o apotropaico (soprattutto … contro fulmini e incendi). Queste presenze si moltiplicano fino al XV-XVI secolo, poi si diradano, per assumere infine un carattere più che altro estetico, grafico, o anche solo enigmistico.»
La sintesi di Chiarini ci offre alcune coordinate importanti entro le quali collocare l’iscrizione di Galatina. Naturalmente dovremmo sapere di più sulla natura dell’edificio su cui essa si trova e su eventuali riutilizzazioni della pietra su cui è inciso. Ma ciò può avvenire solo a séguito di una accurata analisi architettonica.
Importante è l’accenno che Chiarini fa alla connessione tra l’iscrizione e i Templari. Ma ciò comporta una delicata discussione, perché una chiesa dedicata a Santa Maria del Tempio è attestata da Michele Montinari a Galatina, ma localizzata in Piazza Vecchia (Storia di Galatina, a cura di A. Antonaci, Galatina 1972, p. 212). Ora, Piazza Vecchia è luogo diverso e distante da via Mory, dove la nostra iscrizione si trova. E comunque tale localizzazione è contestata da G. Vincenti che, sulla base della visita pastorale dell’Arcivescovo Lucio De Morra del 1607, ritiene che essa fosse localizzata extra moenia, ossia all’esterno della cinta delle mura cittadine dell’epoca (cf. Santa Maria del Tempio non è mai stata in Piazza Vecchia. Lo dimostrano i documenti, in «Il filo di Aracne», a. VII, n. 4, settembre/ottobre 2013, pp. 24-25, consultabile on line: https://www.galatina.it/santa-maria-del-tempio-non-%C3%A8-mai-stata-piazza-vecchia-lo-dimostrano-i-documenti#_edn2). Ma, se la chiesa di S. Maria del Tempio è documentata, un rapporto o presenza dei Cavalieri Templari nella Galatina medievale, ad oggi, rimane totalmente indimostrata, né la iscrizione del SATOR in via Mory può dimostrare nulla in tal senso.
Concludiamo osservando che, quale che sia l’interpretazione che si voglia o si possa escogitare, il “quadrato magico” rimane un esercizio o un gioco d’intelligenza, se non addirittura una burla d’ingegno (R. Cammilleri, IL quadrato magico, Milano 1999, p. 220).
[“Il Galatino” anno LV – n. 2 – 27 gennaio 2023, p. 4]