di Gianluca Virgilio
Vecchi romanzi dimenticati, scritti da autori un tempo famosi, libri mai più ristampati e che capita di comprare per un euro cadauno in qualche mercato dell’usato. Li ricerchi in una scatola di cartone a bordo della strada nei mercatini ambulanti oppure alla periferia della città nei magazzini del rigattiere; e quando ti capita di trovarne uno tra cento libri umidi e polverosi, ti sembra di esumare un defunto. È lì, tra manuali scolastici inservibili e codici di leggi abrogate e ancora sotto un’ammuffita enciclopedia, che un tempo faceva bella mostra di sé in un salotto borghese, oppure tra vecchi libri di medicina ormai superati; ti si rivela come il residuo d’una professione, un concentrato di tempo libero che uno sconosciuto – una fanciulla di buona famiglia, un amante deluso, una vecchia zitella, un uomo à la page – molti anni fa gli ha dedicato a margine della sua attività: il libro d’evasione e d’amore d’un Virgilio Brocchi, d’un Luciano Zuccoli, d’un Guido da Verona, d’una Milli Dandolo… Nel frontespizio ingiallito qualcuno ha scritto il suo nome come per una presa di possesso che in quel momento gli appariva definitiva – questo libro è mio! – , ma che ora non ha più alcun senso: è il nome sconosciuto di un lettore defunto. Muoiono gli uomini e le loro biblioteche si disperdono, piccole o grandi che siano. Gli eredi non hanno pietà né riguardo a svendere un libro che un loro avo forse amò o almeno volle possedere scrivendovi il suo nome con quella studiata calligrafia d’una volta che sembra quasi fiorita. E tu che lo acquisti per un euro sai d’essere lo sciacallo che si approfitta della preda inerme e vi s’avventa con brama bibliofila; senza darlo troppo a vedere al rivendugliolo – che intanto ti scruta -, perché non alzi il prezzo del defunto romanzo.