di Gianluca Virgilio
Ttacca lu cavaddhu addhu vole lu patrunu. Non so quanto sia vecchio il detto dialettale salentino, che certamente però risale ad un tempo in cui non c’erano le macchine e il cavallo era la forza motrice dominante; tuttavia, da qualche anno a questa parte, pur essendo scomparsi i cavalli dalle strade da molto tempo e trasformati i “patruni” in dirigenti, mi è capitato di sentirlo spesso sulla bocca delle persone quando un aggravio delle condizioni di lavoro o semplicemente un cambiamento delle stesse di cui non sono note le ragioni giungano a peggiorare la qualità della vita. Potremmo dire di no, opporci, ma sappiamo bene che innescheremmo una reazione uguale e contraria, spesso di più forte intensità, e dunque finiamo col non esercitare nessuna resistenza, bensì diventiamo resilienti e diciamo: Ttacca lu cavaddhu addhu vole lu patrunu. A me questo detto sembra un ottimo esempio di resilienza salentina. Ma il fenomeno è, come spesso accade, globale, strettamente connesso con l’avanzata sempre più incalzante delle politiche economiche e sociali del neoliberismo, che ha travolto in tutto l’Occidente qualsiasi volontà oppositiva e di resistenza al dominio assoluto del potere dominante. Pertanto, oggi la virtù somma della nostra società è la resilienza, ovvero mi piego ma non mi spezzo, e dopo essermi piegato, mi rialzo e poi mi ripiego ancora, in un movimento incessante come quello di una canna mossa dal un vento impetuoso. Insomma, il neoliberismo mette a dura prova la vita degli uomini e questa non è certo una bella cosa.
Così, si spiega bene il titolo che Diego Fusaro ha voluto dare al suo libello di critica filosofica militante, Odio la resilienza. Contro la mistica della sopportazione, Rizzoli, Milano 2022. Un odio non solo per il fenomeno in sé, indagato in modo preciso e puntuale, ma proprio per i resilienti (“Odio i resilienti” scrive nell’incipit del suo libro), rei di ignavia, incapaci come sono di resistere al potere dominante e di esprimere un punto di vista critico sull’esistente. Fusaro è inesorabile nei confronti di quanti hanno rinunciato a combattere per un mondo migliore, decidendo di “sopportare” quanto pure viene riconosciuto come ingiustamente imposto. Costoro hanno rinunciato alla volontà militante ed hanno abbracciato il credo della necessità, “la mistica della necessità”, come dice Fusaro. Sono i moderni indifferenti, i qualunquisti del nuovo millennio, su cui la classe dominante conta al fine di confermare e rafforzare un dominio predatorio su tutto il globo. Quel che è peggio, è che essi sono la maggioranza.
Non c’è che dire: il libro di Fusaro è un colpo di frusta al neoliberismo, di cui rivela le malefatte, ma siccome il neoliberismo non è solo rappresentato dalla classe dei ricchi, ma si regge sul lavoro di milioni di lavoratori sempre più impoveriti, il colpo di frusta colpisce le loro spalle. Sopporteranno anche questo oppure finalmente si sveglieranno?
[“Il Galatino” anno LV – n. 1 – 13 gennaio 2023, p. 6]