CESARE. Ma sei vero? Sei tu, Pietro? Non sei il fantasma del nostro vecchio amico?
PIETRO. Io fantasma. Voi ossa e ciccia.
ALESSANDRO. È difficile credere che tu sia vero dopo cinque anni che sei sparito in terra di Francia. Noi sempre qui, sotto questo bel cielo di Lombardia.
PIETRO. Adesso ci sarò per sempre anch’io sotto questo cielo, così bello quando è bello.
CESARE. Oh il Petruccio! Stentiamo a credere che tu sia vero. Sei tu l’ingegnere tornato da Parigi o il suo fantasma? Lascia ancora che ti tocchi. Gli tocca braccia e busto. Rivolto poi ad Alessandro. Alessandro, confortami che non sia un fantasma. Lo toccano insieme dalla testa alle gambe.
PIETRO. Buoni, smettetela! Sempre gli stessi! E allora, fosse qui un’amica che non vedevate da tanto tempo? Cosa le fareste?
CESARE. Stesso sospetto.
ALESSANDRO. Col tempo qualche facoltà puoi averla persa. Insistono nella manovra.
PIETRO. Voi quella dell’intelletto. E basta! Io non ho perso niente, né in alto, né in basso.
CESARE. Non ti convinci in un colpo che puoi abbracciare l’amico.
PIETRO. Senti, Cesare. Tra uomini è sufficiente una stretta di mano.
CESARE. Ma ti rendi conto che ci siamo parlati al telefono solo per gli auguri di compleanno e le feste comandate?
ALESSANDRO. Ti avevamo dato per perso come amico. Mai una fotografia, mai una videochiamata. Niente social media. E sì che anche tu utilizzi le nuove diavolerie.
PIETRO. Adesso che torno a lavorare a Milano ci vedremo ogni fine settimana.
ALESSANDRO. Devi comprendere la nostra gioia. Dobbiamo convincerci della tua materialità.Sei tornato solo?
PIETRO. E con chi?
ALESSANDRO. Come con chi. Non dicevi di una tua compagna? Teresa.
PIETRO. Solo come mi vedete.
CESARE. Mai a passarcela al telefono; mai una sua fotografia nei messaggi.
ALESSANDRO.Eravamo incerti tra una tua gelosia acuta e una storia travagliata.
PIETRO. La seconda. È da molto tempo che ci siamo lasciati. Adesso vi ho risparmiato di palpare anche lei.
ALESSANDRO. Lungi l’ardire, le avremmo chiesto il permesso. Non siamo gentiluomini? Dicci almeno. È tornata anche lei in patria o rimane ancora a Parigi?
PIETRO. Non torna. Lavora in Francia.
CESARE. Ci dispiace. Non potevi chiamarci al tempo della crisi? Saremmo venuti a trovarvi. Lei vedendoci, ascoltandoci…
PIETRO. Sentendovi parlare… Ho fatto bene a tenervi fuori. E ormai…
ALESSANDRO. Bell’amico. Ci racconterai però.
PIETRO. Raccontare, vi racconto. Mi preme sentire il vostro parere. A sbagliare sono stato io e quindi dolce e bello è soggiacere ai rimproveri degli amici.
ALESSANDRO. La tradivi con le parigine.
PIETRO. Macché. Un dramma… di ragion filosofica.
CESARE. Se è solo per questa ragione non soggiacerai ai nostri rimproveri. Non siamo attrezzati per farlo.
PIETRO. È di tutta evidenza.
ALESSANDRO. E quindi niente tristezze. Da oggi si ricomincia: cene con donne allegre, balli, canti, cavalcate.
CESARE. Amori dissoluti.
ALESSANDRO. Di breve durata con soluzione nel tradimento.
PIETRO. E daremo l’illusione che siano le donne a tradire!
Musica. Si versano da bere, mangiano patatine e olive.
CESARE. A Pietro. Dobbiamo tornare a fare di questa villetta in campagna un luogo di piaceri.
ALESSANDRO. Invitare donne e farle dormire qui. Potevi già pensarci per questa sera.
PIETRO. Sì, ma non so se sarebbero state di vostro gradimento. Comunque si ricomincia. Ma tenete bene in mente una cosa. Non vi capiterà più di poter duplicare a mia insaputa le chiavi di casa.
Risate grandi di Cesare e Alessandro. Da non contenersi.
ALESSANDRO. Fingendo. Di che chiavi parli?
PIETRO. Disgraziato, mi chiedi di che chiavi parlo?
CESARE. Sganasciandosi e rivolto ad Alessandro. Di che chiavi parla! Ma di che chiavi parliamo! Ma sono gli scherzi geniali che rinsaldano per l’eterno le amicizie.
PIETRO. Infami.
CESARE. A Pietro. Petruccio, c’è ancora in camera da letto il grande armadio dove ci siamo chiusi ad aspettare te e la pupa?
PIETRO. Ci ho messo una targa commemorativa.
ALESSANDRO. Volevamo solo spaventarvi con leggeri tocchi sul legno e farvi aver paura di ladri in casa, non che volessimo spiare i vostri abbracci.
PIETRO. Ma no. Solo farci trasalire appena fossi passato a raccontare una favola alla fanciulla per conciliarle il sonno. Poi invece la favola risultò maliziosa e allora…
CESARE. Insomma. Ti davi troppe arie per la compagna di università che ti portavi a dormire qui le notti di estate in assenza dei tuoi. Ci facevi schiattare di invidia.
ALESSANDRO. Ricordi il giro in barca sul lago? Lei in topless stesa al sole e noi fessi a remare e a far finta di niente.
CESARE. Lungi dal ripetere nell’armadio le sofferenze patite sulla barca.
ALESSANDRO. Il piano era di attendere che vi foste addormentati prima di cominciare il concertino. Se intanto ci aveste allietato con i vostri amorosi discorsi …
PIETRO. Sandrino, spaventarci era nel vostro infame piano; poi per colpa degli amorosi discorsi l’armadio è diventato per voi una fornace.
CESARE. Impazienti fummo. Non si prevedeva. Quelle maledette ante hanno cominciato a cigolare da sé. Dovevamo schiuderle di più se volevamo seguire una scena che si profilava molto movimentata. Si sgomitava per veder la bambola nella sua totale nudità.
ALESSANDRO. Anche perché non si capiva se eravate ai fuochi di chiusura. Un altro scricchiolio e lei ha gridato: «Cosa c’è. C’è un topo?»
CESARE. Poi abbiamo sentito che temevate di un ladro in casa.Tu ti sei alzato e sei uscito dalla camera. Lei ha acceso la luce, ha visto il movimento di chiusura delle ante dell’armadio e ha urlato.
ALESSANDRO. A Pietro. E tu sei arrivato con un coltellaccio in mano.
CESARE. Pietro, ma perché la tua mamma non si curava di dar l’olio alle cerniere?
PIETRO. Cani! Per fortuna avete spalancato bene le ante. Poteva succedere una tragedia. Io non so se vi ho davvero perdonato.
CESARE. Magari te la sposavi la divina se non avesse scoperto che avevi tale gentaglia come amici.
PIETRO. Pentitevi, disgraziati!
ALESSANDRO. Ma di che! Se già il seduttore ci aveva detto di avere con lei un sacco di problemi.
PIETRO. Lei aveva i problemi con me, io no con lei. Con quell’infame scherzo glieli avete risolti nel giro di una notte. Lei è sparita con l’idea che io fossi un pirla.
CESARE. Un complice mentalmente marcio. Riceve uno spintone da Pietro.
ALESSANDRO. Ma era bella. Un pezzo di donna.
PIETRO. Lascia perdere. Dimmi tu invece se finalmente te la sposi la Felicita.
ALESSANDRO. Professoressa di lettere, prego. Tu fammi una seconda domanda.
PIETRO. E no. Era la tua adorata da come ricordo.
ALESSANDRO. Questo il problema. L’averla adorata.
PIETRO. Lo sai che una volta mi ha telefonato a Parigi per avere qualche consiglio? Ecco, posso dirti pure che era disperata. Dipingeva un uomo che io non conoscevo. Pensavo di venire a Milano per prenderti a schiaffi.
CESARE. Sfottendo. Anche a me vien voglia di prendere questo qua a schiaffi qualche volta. È da tanto che cerco di liberarlo da questa gabbia.
PIETRO. Grave, grave, ma tutto si risolve, Sandrino. Sai come? Invito a cena te e lei, ma differisco gli orari. Lei giunge qui un paio d’ore prima di te.
CESARE. Ad Alessandro. Geniale! Così tocchi con mano come si lascia convincere dagli uomini capaci di passione. Anche a casa mia si può fare. Riceve uno spintone da Alessandro.
PIETRO. Ecco, vedi? Cesare ti propone la strada giusta.
ALESSANDRO. Vi ringrazio per l’offerta. E ormai sono due mesi che non ci vediamo. Non sarebbe la gelosia a farmi cambiare idea. Il problema è maledettamente complicato. Lei vive di libri.
PIETRO.Legge romanzi?
ALESSANDRO. È una lettrice infaticabile. Spazia su tutto ciò che si è potuto scrivere dall’invenzione della scrittura. Anche in viaggio si carica di libri.
CESARE. Lei si carica di cinque libri? Tu in valigia ne metti dieci.
PIETRO. Ma se tu contesti le sue inclinazioni le allontani il desiderio. Urlale il tuo di desiderio. Sii determinato qualche volta. Poi lei tocca il cielo e ti perdona.
ALESSANDRO.Urlare il mio desiderio? Determinato? State a dire: violento? Peggio sarebbe. È una isterica. Il profilo è: chiamami, ma io non vengo. Quella quando arriva in Paradiso il Padreterno avrà sicuramente delle rogne.
CESARE. Chiamala. Due mesi di attesa sono tanti. Tu le dichiari la tua smania e basta. Una volta che è pronta a letto tu, molto calmo, ti metti a leggere un testo di elettrotecnica. Lei diventa irrequieta. Il dispetto le si tramuta in voglia. Allora tu l’accontenti e dopo prende sonno.
ALESSANDRO. Non si addormenta subito. Rompe. Rompe perché apre discussioni sui massimi sistemi e vuole aver ragione.
PIETRO. E che ti costa darle ragione?
ALESSANDRO. E non ho fatto sempre così, darle subito ragione? Ma si aspetta che io le dia torto per poi pretendere ragione.
CESARE. Dille che ti interessa un libro che le hai visto in mano. Lei si mette a raccontare e tu pensi ai fatti tuoi.
ALESSANDRO. E come faccio a pensare ai fatti miei se devo guardarla negli occhi!
CESARE. Negli occhi? Prova a fissarla altrove qualche volta.
ALESSANDRO. Buon consiglio. Così la spavento.
CESARE. Ad Alessandro. Con gesto desolato. E se tutto sta spaventarla o non riuscire a spaventarla, segui altre strade, amico mio.
PIETRO. Ad Alessandro indicando Cesare. Lasciati ammaestrare da uno che di strade ne ha battute parecchie.
CESARE. Io frequento due tipi di donne. Ho le amiche e le amanti, perciò mi conduco con particolari attenzioni. Le amiche devono preferibilmente conoscersi tra di loro. Leggono di tutto per poi raccontarlo. Con quelle non provi manovre seduttive. Le amiche possono essere isteriche, logorroiche, ossesse. Sono amiche e basta. Non mi importa se vogliono o non vogliono da me ragione, se mi ascoltano o pensano ad altro quando parlo io. In fatto di sesso si sfogano con i mariti o gli mettono sporadicamente le corna con qualcuno di passaggio, ma in genere sono fredde.
ALESSANDRO. Se qualcuna ti punta?
CESARE. In genere non succede. Non mando segnali. Tutto è diverso invece con la categoria delle amanti. Tanto per cominciare non si conoscono tra di loro. Ognuna sa che se accetta un mio invito solo per una sterile chiacchierata allora non la chiamo più. Così io le amo tutte e tutte amano me.
PIETRO. Ad Alessandro. Vedi? Cesare non permette che le donne gli parlino di libri. Lui racconta delle sue attività sportive e quelle capiscono quanto promette il suo fisico.
CESARE. Un alto stile di vita. Ormai adottato anche dalle donne single. È la libertà.
ALESSANDRO. Viva la libertà e poi la smettiamo di parlare di donne.
PIETRO. La finiamo.
CESARE. Giurate!
PIETRO. Prometto.
ALESSANDRO. E giuro.
CESARE. Tu, Pietro, non hai promesso con convinzione. Non riesci a dimenticare. Allora raccontaci di questo fallimento della ragion filosofica e chiudiamo.
Musica. Ritornano ad assaggiare qualcosa e a bere.
PIETRO. L’ho incontrata in un bistrot, di mattina, a colazione. Era infreddolita. Berretto di lana in testa. Molto carina. Ho chiesto il permesso di sedermi al suo tavolo. Altri liberi non c’erano. – Lei, signorina, studia alla Sorbona? – Eravamo infatti nei paraggi. – Io no. Lei è un professore? – chiede valutando il mio aspetto da intellettuale. – Un ingegnere da alcuni mesi qui a Parigi. Lei sì, – dico per lusingarla, – brillerebbe in università. – Si illumina con un sorrisone. È una ricercatrice letteraria, Da tre giorni incaricata da una casa editrice italiana di valutare ai fini di una traduzione le ultime novità di narrativa straniera più vendute. Se ho da indicarle qualche romanzo di buona fattura così le allevio l’inizio del lavoro? – Mi dispiace. Sono fermo a L’idiota di Dostoevskij. – L’hai letto in russo? – mi fa. – No. Mi chiamo Pietro. –
ALESSANDRO. Intanto aveva intravisto l’amante latino.
PIETRO. Lei di Milano come noi, ma di madre francese. Parliamo di bar nei paraggi dove la colazione potrebbe essere migliore. Dove potrebbe accadere di ritrovarsi. Può succedere, sì.
CESARE. Tu sempre gentiluomo.
PIETRO. Mi parlò del nuovo lavoro. Doveva cercare scrittori che raccontano l’amore. Un mese dopo il primo incontro l’ho ospitata nel mio piccolo appartamento d’affitto.
ALESSANDRO. Dove lei d’impulso qualche pagina galeotta l’avrà pure letta a te.
CESARE. Tanto per la conferma di ciò che sarebbe potuto piacere ai lettori italiani.
PIETRO. Sissignori. Noi cominciammo a vivere il romanzo che più emozionerebbe un lettore. Parigi, i primi timidi incontri a colazione, la Senna, il Louvre, Notre-Dame. I giorni passati a cercarsi e la meraviglia dell’amore ricambiato. E i locali scintillanti dove abbiamo ballato al ritmo di Pétite fleur di Sidney Bechet. Ci specchiavamo nei romanzi dei quali lei mi riassumeva le scene più intriganti e noi vivevamo la storia che ai narratori piacerebbe scrivere.
ALESSANDRO. Dicci della prima volta… Nei Promessi sposi quella pagina mi scappò.
CESARE. Ad Alessandro. Ecco perché la tua relazione con Felicita è così deludente. Lei legge e legge e tu dai suoi segnali non capisci quando sta alla pagina giusta.
ALESSANDRO. Sii maledetto, Cesare! La pagina giusta!
PIETRO. Ricordo la scena in un romanzo francese che comincia con la coppia impegnata in certi ritmi di ballo dove l’uomo avvia voluttuosi sfioramenti del seno ed altro bene della donna. Lei sulle prime non accenna a risposte…
CESARE. Ancora ad Alessandro. Bello, vedi? Tu regala a Felicita quel genere di narrativa così la vostra relazione prende la strada giusta.
ALESSANDRO. La professoressa Felicita non ama gli autori francesi.
CESARE. Non li ama?
ALESSANDRO. Predilige i tedeschi, genere pensatori.
PIETRO. Anche lei quei maledetti filosofi luterani immigrati a Parigi?
ALESSANDRO. Perché maledetti?
PIETRO. Quelli hanno contribuito alla mia rovina. Teresa ha cominciato a frequentare i grandi salotti, i circoli radical chic dove comparivano questi tedeschi. Lì arrivava di tutto: artisti spiantati e artisti un tempo famosi e poi dimenticati, giornalisti di televisioni e politici, professori in transito alla Sorbona, oligarchi russi con fortune protette nelle banche di Francia. Dai primi ritrovi nelle mansarde Teresa è passata ai palazzi della nobiltà.
CESARE. Mecenati dell’alta finanza.
ALESSANDRO. In ascolto dei letterati servitori del popolo.
PIETRO. Attenti alle nuove scienze per le dame. Ho provato ad accompagnare Teresa. Mi trascuravano dopo le mie prime parole sull’arte di illuminare vie, giardini e grattacieli.
CESARE. Strategia per isolarti e poi sedurti la donna.
PIETRO. Lei non mi ha mai tradito. Ma cominciò a sviarsi sempre più da me. Lavoro duro. Letture fino a notte inoltrata, incontri per indirizzare le ricerche, per valutare. Sempre stanca. Stanco anch’io. Sprofondati nell’abitudine e nella mancanza di desiderio.
CESARE. E sì che aveva sottomano letture stimolanti!
PIETRO. A cercar quelle ha lavorato solo per un paio di anni. Con le nuove conoscenze ha cambiato editore. Altro giro. Altra produzione per l’Italia. Da straniera spaesata a signora e redattrice di manifesti culturali.
ALESSANDRO. Raccontaci la verità. Ti ha lasciato per mettersi in palazzo.
PIETRO. E c’è arrivata. Ha appreso l’arte di lusingare gli uomini. Ha avuto inviti a entrare in politica, addirittura.
ALESSANDRO. Se ha rifiutato vuol dire che è saggia e tu allora avresti delle speranze.
PIETRO. Nessuna speranza se le ho già dimostrato di non capir niente di filosofia politica. Non ero in grado di decodificare nessuno dei nuovi testi che lei leggeva e quindi di appassionarmi a quelle idee.
CESARE. Analfabeta funzionale. Ma dimmi. Di quei volumi ne hanno venduti tanti in Italia?
PIETRO. Non credo. Anche perché l’editore ha delocalizzato. Adesso però, ragazzi, permettetemi di chiudere l’argomento. Non roviniamoci questa bella serata di giugno. Non eravamo d’accordo di andare al ristorante, in un accogliente luogo all’aperto? Avremo anche il plenilunio. Bene. Addio al passato. Io adesso telefono e ci portiamo a cena una ragazza di quelle per la compagnia.
CESARE. Una ragazza, dici? Una sola? E perché non tre?
ALESSANDRO. Eh sì, tre. Creare solidarietà tra donne che poi si divertono alle nostre spalle. La vedi la scena in pubblico, al ristorante?
PIETRO. O la musoneria ad essere indispettite per la perdita di tempo. Beh, insomma. Questa giovane donna sarebbe… come dire…
CESARE. Una professionista del sesso? Ci sei stato?
PIETRO. Ma no. Una… con valore aggiunto, si presta alla compagnia, anche semplice intrattenitrice di uomini sul depresso. Io non la conosco. Me ne parlava un mio amico. Il numero compare in un sito internet mascherato. Prende il cellulare come per cercarlo. Adesso si organizzano per non stare sulla strada e per liberarsi dagli sfruttatori. La ragazza oltre che molto bella sarebbe una colta e vivace conversatrice. Lei è specialista nel darti il senso dell’avventura come tu incontrassi una sconosciuta, che so, al bar, in treno, a ballare e poi tra una chiacchiera e l’altra accettasse di salire su a casa tua.
CESARE. Dove tu le leggi una scena scritta alla francese e poi la proverai con lei mettendoci del tuo.
PIETRO. Pare incorra nell’abitudine di farsi leggere qualcosa.
CESARE. Ad Alessandro. Con una ragazza così, chiamandola a casa tua, Sandrino, avresti modo di vendicarti della tua professoressa e di prenderti anche una soddisfazione come lettore.
ALESSANDRO. A Pietro. Questa che ti hanno raccomandato mi convince. Se facesse solo prestazioni sbrigative non andrebbe con tre uomini in un ristorante.
PIETRO. E noi a organizzare una porcheria. Certo, devi emozionarla, devi piacerle. Se l’incontro non si profila come scambio alla pari, se tu risulti un noioso, è capace di mollarti su due piedi. La tua spesa si limiterebbe alla parte, diciamo così, del preludio. E nel caso nostro, se costei è libera e ci sta, sai che bella serata. Una donna avvenente, vivace contro tre uomini. Da far voltare gli sguardi degli altri avventori al ristorante. Di più. Quelli posano forchetta e coltello e smettono anche di parlare. Noi tre si inscena una gara di cortesie, una nobile tenzone. Non è scontato chi sarà il favorito, se io col mio genio di incuriosire le ragazze o tu, Cesare, con il tuo potere di eccitare le femmine oppure tu, Alessandro, con la facoltà di infiammare le dame letterate. Quando capiremo verso chi lei orienta la sua simpatia gli altri leveranno il disturbo con una scusa e quindi il fortunato accompagnerà qui a casa la bella etera.
ALESSANDRO. E gli altri intanto?
PIETRO. Ciao. Un giro nella notte finché l’elfo non telefona che ha concluso la danza con la lucciola. A una condizione però. Che si divida in tre la cifra della prestazione. Le regole sono queste se vogliamo una serata burlesca per sentirci meno in colpa di tal commercio.
ALESSANDRO. A pensarci, però, io rischio che la cosa giunga a conoscenza di Felicita. Se qualche sua amica, o lei stessa, si trovasse, dio ci liberi, al ristorante.
PIETRO. Certo, se fossi escluso, al danno economico ti beccheresti anche la tragedia sentimentale. A meno che…
ALESSANDRO. A meno che?
PIETRO. A meno che per evitarti la tragedia sentimentale non ceniamo in casa. Di più, se ci trovassimo a corto di argomenti con la nostra Aspasia potremmo leggere qualcosa di spiritoso per animare la conversazione e metterci alla sua pari.
ALESSANDRO. Cinico figlio di una cagna. Ancora romanzi per tormentarmi. Ma sì. Chiamiamo la fanciulla qui in villa.
PIETRO. Per la cena in qualche modo ci arrangiamo. Magari ci dà una mano in cucina.
CESARE. Le attenzioni ricevute in cucina sono le più gradite a una donna.
PIETRO. Cerca sul cellulare. Vediamo. Compone il numero. Pronto. L’Itinerante? Vorrei parlare con la titolare. Ah è lei. Sì, un incontro. Questa sera. Siamo tre amici. Capisco. Per tre persone sarebbe definibile come un corso.
CESARE. A mezza voce ridacchiando. E ti credo. È una professionista che chiamano alle feste di addio al celibato.
PIETRO. Solo se può venire lei, però. È libera? Ottimo. Siamo in una villetta. Nello stesso comune specificato nel vostro sito, ma in campagna. Via della Fontana Vecchia al numero 3. Non sapevo. L’Itinerante è a pochi chilometri da qui?
ALESSANDRO. Idem. Nelle immediate retrovie del fronte.
PIETRO. Chiedete di solito la situazione ambientale? Nella valutazione di conferma da parte della corsista. Capisco.Siamo tutti e tre dei professionisti. Ingegneri elettrotecnici.
CESARE. Idem. Illuminiamo le strade anche per loro.
ALESSANDRO. Accertati se sono previste letture di preparazione.
PIETRO. Gesti di fastidio verso i due amici. No. Prima volta. Ho solo sentito parlare di lei da un amico. Certo, se si sviluppa un certo interesse io sarei disponibile ad altri incontri. Ah, ride. Lei dice che tutti e tre saremmo convinti a continuare? Non dovrei aspettare più di quindici venti minuti. Bene. A presto. Grazie. Chiude.
CESARE. Si apre uno scenario interessante.
ALESSANDRO. A pensarci però era meglio l’ipotesi del ristorante. Una cosa è partecipare a una civile chiacchierata e poi andarsene lasciando la donna col prescelto perché a lei più simpatico e una cosa un incontro qui in casa con l’obiettivo chiaro, urgente e volgare.
CESARE. Tu, Sandrino, ecco perché sei un perdente! Sempre in panico. Prima volevi evitare la tragedia sentimentale. Ora pensi alle domande della corsista e alle risposte che dovrai dare. La signorina capirà subito che deve continuare l’analisi con te ed approntare la terapia.
ALESSANDRO. Credo che una conversazione decente si svilupperebbe solo al ristorante. A casa quella si spoglia subito.
PIETRO. Vuoi la tragedia? No. E allora se in casa si spoglia subito, mettiti a bere e ti verrà spontaneo di fare il cretino. E intanto ci lasci le mani libere.
CESARE. Ad Alessandro. Io mi metterò a giocare allo scolaro molesto con la maestrina bella e severa.
PIETRO. Oh se la smettete! Siamo in competizione e competizione sia. Se vi sentite a corto di argomenti, finché aspettiamo vi do qualche ragguaglio su un romanzo di successo, molto chiacchierato. Va a prendere il volume da un mobile. Quando arriva lei cominciamo pian piano a far finta di prenderci in giro l’un l’altro sulla nostra assenza di fantasia e… voilà, ci troviamo tra le mani il libro. Leggeremo le pagine più confacenti ai nostri fini. E così, come si dice, intavoliamo la conversazione.
CESARE. E il prescelto andrà a chiuderla.
ALESSANDRO. Sissignore. Così non facciamo i plebei.
CESARE. Cominciando subito a passarcela sulle ginocchia.
PIETRO. Ci mettiamo a parlare con lei di politica? Faremmo la figura dei fessi. Le daremo invece il piacere di scegliere tra persone di garbo. E il tema giusto per allusioni a ciò che vogliamo da lei lo troviamo in questo romanzo di Concetto Malamò. Titolo azzeccato: Iniziazione e rimembranza.
ALESSANDRO. Cosa racconta?
PIETRO. Questo libro mi è caro perché fu Teresa a intervistare il Malamò in un circolo di italiani a Parigi. Lo scrittore, un giovane laureato in fisica, era al suo esordio. Teresa a guidarlo nel rispondere fu bravissima. Riuscì a fargli vendere tutte le copie. Una cassa piena.
CESARE. Ad Alessandro. Vedi? Con questo in mano sai cosa ti giochi.
ALESSANDRO. Basta allusioni! Stiamo al romanzo.
PIETRO. Pensate che abbiamo già traduzioni in sette lingue. Io cominciai con il leggere le prime dieci pagine per passare d’un balzo alle ultime dieci sfogliando quindi quelle centrali in cerca della sostanza.
ALESSANDRO. E vai a quella.
CESARE. Ad Alessandro. Tu calmati, armati di pazienza. Considera la gran partita che stai per giocare contro di noi.
PIETRO. E la qualità di un premio. Continuando. Qui in copertina è scritto che è individuabile una autenticità di ispirazione…
ALESSANDRO. Che sia solo la copertina, che quella arriva.
CESARE. Ad Alessandro. Arriva e dovrai sintonizzarti sui segnali che la corsista ti manda.
PIETRO. Se vuoi intenerirle l’anima. Legge dalla copertina. Malamò associa ai tre personaggi il loro universo intellettuale. Da una parte uno studente e una studentessa ancora vergini, dall’altra il fascino di una sessantenne esperta, ma nel declino dell’avvenenza fisica.
CESARE. Stiamo con i piedi per terra. Tu, Pietro, indicaci la pagina dell’iniziazione e lascia perdere con la rimembranza.
ALESSANDRO. Cerchiamo la pagina che la coinvolga immediatamente.
PIETRO. Ci ho lasciato le orecchiette. Non vi preoccupate. Legge ancora. Iniziazione e rimembranza: poesia dell’alba, poesia del tramonto.
CESARE. E voi pensate che quando arriva questa della Itinerantenoi ci dobbiamo mostrare rincoglioniti con la gioia della prima e la tristezza dell’ultima volta? La sfottiamo anche? Quella ci sputa in faccia e se ne va con i soldi per il disturbo.
PIETRO. Quanta poca fede! Vi ho detto che prima di tutto lei è una colta conversatrice. CESARE. Mah. Io ti dico che quella scappa e si farà delle grandi risate con le cugine.
PIETRO. Non scappa. Legge imperterrito. Si può notare una tecnica originale in quel lasciare a lungo sospeso…
CESARE. Va bene. Va bene. Tu indica le pagine con la chiave che sblocca la situazione giunta al punto di rottura.
PIETRO. Legge. Il coinvolgimento del lettore è assicurato dai dialoghi, dalle battute che precedono l’iniziazione dello studente con la sua ex professoressa, dalle occasioni da lei cercate ma poi sempre fatte svanire per timore e timidezza, bloccate dalla inesperienza dell’altro, il quale purtroppo si trova contemporaneamente avviluppato in un infruttuoso legame romantico con la coetanea.Quale sarà la situazione insperata? Quale lo sblocco involontario?
CESARE. Quale? Qui si parrà il genio dell’arte.
PIETRO. Legge. La scintilla tra curiosità atroce del giovane e desiderio spasmodico della donna in età è fatta scoccare dal dio del cielo. Zeus, preso a compassione per la loro disperata attesa, scatena un furioso temporale e li unisce, li incolla con la paura del fulmine, li brucia, li sbatte su un tappeto con la feroce onda d’urto del tuono. Poi, in giro stretto di tempo scatta l’iniziazione della ragazza con l’uomo nuovo appena estratto dalla fornace.
ALESSANDRO. Quanto tempo?
PIETRO. Giro stretto dice qui. Al giovanotto smaliziato d’ora in avanti occorrerà soltanto la parola chiara.
CESARE. Irritato. Ma lasciamo perdere con questo espediente della letteratura. Lusinghiamo piuttosto la nostra ospite. Ammiriamo com’è vestita. Diciamo come i vari capi esaltano le sue forme.
ALESSANDRO. Giusto. E a farci girar la testa quella li andrà togliendo lentamente uno dopo l’altro.
PIETRO. Vedo che non mi avete capito. Niente scene da bordello. Con delle scuse credibili due di noi lasceranno la casa e il terzo che risulterà oggetto di maggiore attenzione da parte della signorina non dovrà trovarsi impreparato se occorrerà l’ausilio dell’arte letteraria.
CESARE. Mi fate passare ogni allegria. Altroché. Non riuscite a sganciarvi dall’immagine della donna amica che vorreste dama colta e puttana insieme. Vi lascio a mescolare intelletto e senso. Vado via e ve la sbrigate. Siete già disposti al fallimento. Non voglio essere spettatore e complice.
PIETRO. Stai con noi. Potresti essere tu a eccitare la tipa con la pagina giusta.
CESARE. Costringere una che ci lavora col sesso a pensare ai turbamenti della prima giovinezza e alla malinconia della vecchiaia?
PIETRO. E vuoi proprio una che ti arriva in casa e trovando la scusa che fa caldo si spoglia subito? E poi già tanto se ti guarda in faccia e non guarda il soffitto.
ALESSANDRO. Scusa, Pietro, ma questa terapeuta ti è stato detto quanti anni ha?
Suona il campanello. Pietro esce e rientra con una giovane donna vestita come potrebbe essere una suora. Il velo bianco lascia intravvedere ciuffi di capelli neri. Ha una mantellina bianca di semplice tessuto in cotone e un grembiule, ma il vestito, azzurro, rivela un tessuto di pregio. Indossa sandali alla moda. Sciolta, disinibita. Pietro la riceve con fare molto signorile. Cesare si mostra piacevolmente divertito. Alessandro è sul contrariato.
ALLEGRA. Buonasera, ragazzi. Tende la mano prima ad Alessandro. Suor Allegra della Fraternità Itinerante.
ALESSANDRO. Itinerante?
ALLEGRA. Itinerante. La volevate danzante?Siamo tutti in cammino.
CESARE. Così ti volevamo: allegra. Lei fa finta di non capire. Sono Cesare.
ALESSANDRO. Freddo. Benvenuta. Alessandro.
ALLEGRA. Si guarda intorno. Siete in tre?
CESARE. Troppi?
ALLEGRA. Come titubante. No, pochi.
CESARE. Pochi come… nel senso di pochezza di personale?
ALLEGRA. No, no. Siete dei bei giovanotti, atletici. Intendevo per la spesa.
CESARE. C’è sconto? Fino a quanti?
ALLEGRA. In genere quattro… cinque… Poi dipende da quanto lo facciamo durare questo corso prematrimoniale.
ALESSANDRO. Prematrimoniale?
PIETRO. Indicando Alessandro. Per lui una necessità prioritaria.
CESARE. Possiamo farlo durare fino alle tre, alle quattro del mattino.
ALLEGRA. Sarebbe uno stress che domani riversereste sul lavoro.
CESARE. Anche per te, presumo. Sottovoce. Ne ha di fantasia questa qua. Ci sarà spettacolo.
ALESSANDRO. Scusa, sorella, ma perché un corso gestito in tal divisa?
ALLEGRA. Tu temi già l’inferno della casta vita matrimoniale che ti aspetta? Cosa cambia se una suora veste l’abito della casa madre o l’abito civile? Se c’è caldo io giro anche in shorts e canotta. La nostra Itinerantesi occupa innanzi tutto di ascoltare le persone intenzionate a dare un taglio alle vecchie e cattive abitudini ricorrendo al santo nodo del matrimonio. Voi avete qualche pubblicazione dalla cui lettura avreste già cominciato a sciogliere i vostri interrogativi sulla vita con le vostre future spose? Si tratta sempre di sciogliere i nodi che inibiscono la felicità.
CESARE. Costume puritano, barbarico quello di una volta. Troppi nodi castigavano gli uomini e anche le donne.
PIETRO. Pubblicazioni scientifiche su come annodarsi e sciogliersi direi di no.
ALLEGRA. Si guarda in giro. E le spose dove sono?
CESARE. Le fidanzate, dici? Perché preoccuparsi? Non faranno irruzione qui senza che avvertiamo rumore di macchine. Tranquilla. Si tratterebbe, come dire, della teoria.
ALLEGRA. Stizzita. Beh, posso dire che siete strani? Mani al cielo. Se cominciate a tenerle separate, incartate, le vostre donne!
CESARE. In verità non ci sono donne che potrebbero sorprenderci qui.
PIETRO. Il nostro problema non è come stringere nodi a letto ma come stringerli con loro nel discorso. La difficoltà consiste in questo: le donne che incontriamo leggono troppi libri, noi uomini leggiamo poco o niente.
ALLEGRA. E non era ora che il mondo finalmente si capovolgesse? Mi avete chiamato per una sciocchezza così?
PIETRO. Sciocchezza così? Ma il mondo si è talmente capovolto che noi maschi abbiamo perso ogni fantasia nei rapporti con l’altro sesso.
ALLEGRA. E dovrebbe essere una religiosa a svegliare la vostra fantasia?
PIETRO. Perché no? Potremmo commentare delle pagine che assommano psicologia e fantasia. Qui avremmo un libro, un romanzo… Mostra il Malamò.
ALLEGRA. Non bada. Con personaggi che sanno annodarsi con le donne e da cui voi trarreste esempio.
PIETRO. Aiutati da una lettrice brava interprete.
ALESSANDRO. Col senso della fantasia.
CESARE. Disponibile alla dimostrazione pratica della teoria.
ALLEGRA. Capisco il vostro disorientamento. Purtroppo noi donne pretendiamo dall’uomo il dolce della fantasia e il salato dell’intelletto.
CESARE. Tutte?
ALLEGRA. Tutte. Perché? Se si decidesse di incontrarci per una terapia ciclica vi consiglierei intanto di acquistare l’opera di Proust, La ricerca del tempo perduto, L’avete già?OJoyce, l’Ulisse. Magari anche La montagna incantata di Thomas Mann. L’avete?
PIETRO. Abbiamo la Bibbia, le opere dei Padri della Chiesa e la storia dei Concili.
ALLEGRA. Oh cari, allora è proprio una grande occasione il nostro incontro. Noi della Fraternità ci stiamo adoperando, più giusto sarebbe dire, stiamo segretamente complottando per rovesciare l’interpretazione di queste scritture. Scusate, potrei andare in bagno?
PIETRO. Tornando dall’avere indicato il bagno e guardando le facce esterrefatte degli amici. Ragazzi, originale me l’hanno data per originale, ma temo che lo sia troppo e quindi che non si combini niente. Pagheremo solo per essere stati presi in giro. È meglio che subito senza perder tempo uno di noi resti solo con questa. Poi vedremo chi avrà avuto il miglior trattamento. Se non facciamo così il risultato sarà che passiamo tutti per pirla o comunque rischiamo una volgarità a cui non mi risulta che siamo abituati. Guardate che fantasia a travestirsi da suora.
CESARE. Noi non siamo gentiluomini? Se è colta, se conosce qualche filosofo tedesco di quelli che ci hanno imposto di studiare a scuola, potrebbe agevolmente passare dalla tesi all’antitesi e concludere con la sintesi.
PIETRO. Sei il solito cinico, Cesare.Se vuoi ti lasciamo solo tutta la sera con lei e poi ci racconti.
CESARE. Propongo di lasciare Alessandro ai preliminari. Lui sa cosa piace in letteratura alle donne.
Sistemano in bella vista il romanzo di Malamò. Allegra ritorna dal bagno. Pietro e Cesare dicendo che andranno a fare un po’ di spesa al supermercato escono di scena. Alessandro e Allegra prima sono in piedi, poi siedono su due sedie vicine.
ALESSANDRO. Come intimidito. Faccio io le scuse anche per gli altri di non averci pensato che qui mancava qualcosa di decente per uno spuntino.
ALLEGRA. Intanto ci hanno lasciato soli. Sei tu quello che ha più bisogno di aiuto, di pratica per rapportarti con la fidanzata? Ti sposi? Quando?
ALESSANDRO. La data si va spostando sempre più avanti. Una ipotesi in realtà.
ALLEGRA. Noi ce la prendiamo pure con calma, con un ritmo giusto di tempo.
ALESSANDRO. Moderato ma non troppo. Che poi ritornano quei due.
ALLEGRA. Adesso la cosa più importante è capirsi, impostare un metodo.
ALESSANDRO. Avviare una concertazione.
ALLEGRA. Certo. In giusta chiave. Per questo i tuoi amici ci hanno lasciati soli.
ALESSANDRO. Sì, ma per quanto tempo?
ALLEGRA. Se sono ingegneri sanno calcolare. Io sono qui per tutti. Qual è il problema? Calma, rilassarsi.
ALESSANDRO. Certo, ma poi allargando.
ALLEGRA. Quando insegnavo nelle missioni insistevo sul rispetto della donna.
ALESSANDRO. Scontato. Più rispetto, più partecipazione.
ALLEGRA. Più è coinvolto il sentimento.
ALESSANDRO. Si avvicina sempre di più a lei. Un eccesso emotivo però blocca l’uomo.
ALLEGRA. Un difetto di precauzione blocca la donna.
ALESSANDRO. Oh santi dei! Ci mancherebbe. Poi imbarazzato. Vado a frugare nei comodini in camera da letto. Il padrone di casa avrà pure…
ALLEGRA. Non preoccuparti. Sono attrezzata io. Non siamo insensibili al problema demografico.
ALESSANDRO. Beh immagino. D’accordo quindi. Ma adesso…
ALLEGRA. Ti confonde come son vestita? Si toglie il velo e scioglie i capelli.
ALESSANDRO. Abbagliato. Sei splendida. Nell’armadio qualche abito femminile della tua misura è facile ci sia. Pensavo che potresti toglierti questa roba e indossare qualcosa che ti dona meglio, in modo da sentirti più a tuo agio.
ALLEGRA. Come maliziosa. Tu pensavi… a quel che mi dona.
ALESSANDRO. Ti sentiresti più donna. Le si accosta quasi cingendola.
ALLEGRA. Più pronta vorresti dire? Lui imbarazzatissimo si discosta umiliato. Raccontami qualcosa. Intercetta con lo sguardo il libro di Malamò. Che libro è quello?
ALESSANDRO. Svogliato. Un libro… noioso, alla francese.
ALLEGRA. Alla francese? Non capisco.
ALESSANDRO. Ma sì, di arte amatoria.
ALLEGRA. Folgorata! Leggimi qualcosa. Da cosa scegli, da come leggi si individua la tua sensibilità, la qualità del tuo desiderio. E magari mi attacchi al chiodo.
ALESSANDRO. Prende il romanzo. È Iniziazione e rimembranza, di un certo Concetto….
ALLEGRA. Che concetto si elabora?
ALESSANDRO. Non si elabora niente. Si descrive la prima volta di un universitario con una donna matura e poi, a stretto giro, lui a sua volta inizia al sesso completo una sua compagna di studi.
ALLEGRA. A stretto giro che vuol dire? Erano in tre in una stanza?
ALESSANDRO. Sempre imbarazzato. Beh non credo.
ALLEGRA. Questo qua sa poco di scrittura se rimane sul vago. Doveva essere preciso e anche sboccato sui giri di giostra. Il sesso completo! Che significa?
ALESSANDRO. In questo momento il sesso degli altri non mi significa niente.
ALLEGRA. In questo momento mi leggi la pagina sulla deflorazione della ragazza.
ALESSANDRO. Turbato, esamina il volume. Qui è stata lasciata una orecchietta più grande.
ALLEGRA. E sarà lì. Leggi.
ALESSANDRO. Legge del tutto stonato. La ragazza ipotizzava che il suo compagno di università si sarebbe recato nel locale dove suonavano musica jazz. Lo vide da lontano, era solo, come immalinconito. Stava per sedersi anche lei sola ad un altro tavolo…
ALLEGRA. Leggi male. Dai a me. Legge. Allora come per incanto i due giovani si trovarono insieme in uno swing che comportava involontari contatti dei corpi senza che l’uno avesse certezze di una corrispondenza del desiderio dell’altra. Quel brano jazz, mantenendo bloccate le volontà, concedeva un succedersi di sfioramenti dell’uno e dell’altro seno della donna, delle sue ginocchia, dei suoi fianchi… Vede sul tavolino davanti a loro il dischetto con la musica jazz che Pietro ascoltava aspettando gli amici. Legge l’etichetta. Uhm, la musica ci sta.
Mettono il disco nel driver e ballano dopo che lei si è liberata di mantellina e grembiule apparendo in una bella veste lunga e scollata. Lei è sciolta, lui imballato sulle prime. Sorpresi da Cesare che è rientrato solo.
ALESSANDRO. Irritato di dovere smettere. Fatta la spesa? Così presto?
CESARE. Incantato su Allegra. Raffrena gesti di meraviglia. Nessuna spesa. Il supermercato è chiuso la domenica sera.
ALLEGRA. Si sapeva.
CESARE. Pietro è rimasto in macchina.Scendi tu, Alessandro, che conosci meglio la zona e lo accompagni in cerca di uno spaccio aperto.
Alessandro cerca di mettere via il libro di Malamò, ma Allegra, accorgendosi, interviene.
ALLEGRA. Questo racconto mi coinvolge. Lasciamelo. Continuerò con Cesare.
CESARE. Riprenderai la lettura con Alessandro. Rimaniamo al contatto con la musica.
ALLEGRA. Non saltiamo niente. Rimango al contatto con la parola poetica. Prefigurava lo sconvolgimento a cui con Alessandro stavo per arrivare. Ho dovuto frenare col ballo.
CESARE. Ad Alessandro. Sbrigati, va’ che Pietro ti aspetta! Alessandro si ritira lentamente, morso dal dispetto. Ad Allegra. Hai frenato?
ALLEGRA. Sì. La lettura della scena di iniziazione di una studentessa universitaria.
CESARE. Una vergine fuoricorso? Da immaginarsi gli anni di attesa.
Alessandro sbatte la porta. Allegra e Cesare si sistemano su un divano.
CESARE. Ammirando Allegra. Sei stupenda.
ALLEGRA. Non mi è nuovo. Afferrando il libro e poi porgendolo a Cesare. Riprendiamo da dove avevo interrotto con il tuo amico.
CESARE. Ascolta me. Rimettiamo la musica.
ALLEGRA. Ti risulta che l’iniziazione fosse accompagnata da un concerto per tromba?
CESARE. Non lo so. Con la musica c’è emozione e si abbrevia.
ALLEGRA. Abbrevia per dove?
CESARE. Io sono più bravo come ballerino che come lettore. E poi che senso ha leggere di un ricordo della prima volta dell’amore.
ALLEGRA. Beh, ci ritorno volentieri col pensiero. Fu un delirio con quel caro ragazzo, una lunga durata. Io gli porgevo il petto tutto profumato.
CESARE. È per questo che adesso sarebbe opportuno non leggere niente. La scrittura è malinconica rimembranza, mentre la musica è il presente, l’immediatezza.
ALLEGRA. Sarà come dici. Ma bisogna saperci fare con le proprie donne. Tu con un libro in mano ti metti sul bordo del letto della tua amante e, mentre le leggi una storia, la copri di carezze con la mano libera.
CESARE. E quella non si addormenta?
ALLEGRA. Non può succedere.
CESARE. Capisco. Perché non si aspetta solo come va a finire il racconto.
ALLEGRA. Si aspetta anche… che la si aiuti a liberarsi…
CESARE. Del superfluo. Con una mano le solleva l’orlo della veste.
ALLEGRA. Riprendi a leggere. Vedo che stai imparando.
CESARE. Non sarebbe opportuno che ci si spostasse dove c’è un letto?
ALLEGRA. Stai scherzando? E perdiamo l’atmosfera delle ombre che calano sul giardino? Leggi. Non perdere il segno.
CESARE. Legge. Gloria e magia della giovinezza è volgersi alla persona amata con parole vaganti nell’infinito dello spazio e del tempo. Va accelerando e distorcendo infastidito. Purtroppo i nostri giovani corrono soltanto sul sentiero delle aride tecniche, perdendo la capacità di passione.
ALLEGRA. Ma che cazzo leggi! Salta, vai avanti.
CESARE. Veloce. A fronte del giovane studente disseccato nello studio di manuali tecnici vediamo la donna in età declinante che si è appropriata di una cultura vastissima e di un’arte epistolare che incanta i suoi amici. Rallenta. Lei adesso è sola. Nella sua città gli uomini interessanti non sono più disponibili per lei.
ALLEGRA. Che malinconia, che tristezza. Ci siamo persi. Trovami la pagina della prima volta dell’amore.
Cesare leggerà a tratti fermandosi a guardar lei che continuerà a sventolarsi con l’orlo della veste mostrando generosamente le gambe.
CESARE. Legge. Per la donna in età la congiunzione carnale potrebbe essere una ultima volta. Per il ragazzo invece è come una immersione, non immaginata, non aspettata. È per lui la prima volta della completezza.
ALLEGRA. Mi fai incazzare. Volevo sentire della prima volta della universitaria non del ragazzo.
CESARE. Qui le piegature di pagina son più d’una.
ALLEGRA. Dai a me. Prende il libro che sfoglia velocemente. Glielo porge aperto.
CESARE. Come hai fatto?
ALLEGRA. Dove non intravvedi nomi di paesi, di strade, di locali e nomi e cognomi, e inventari e diari e lettere, lì c’è una pagina per bocca buona.
CESARE. Legge. Nel battesimo il giovane si trova a infrangere lo specchio nel quale prima ha conosciuto sé stesso; egli, spingendosi nei penetrali del tempio della sacerdotessa, viene misticamente a contatto col suo universo di pensiero. È la totalità raggiunta, l’aggancio di semisfere. L’esplosione di luce nell’incontro tra due mondi prima estranei…
ALLEGRA. Ancora la vecchia. Che palle.
CESARE. Lo dici apposta, adesso che mi cominciava a piacere?
ALLEGRA. Questi due sono sporcaccioni. Non pensano a niente.
CESARE. Legge. È la circolarità del tempo e delle stagioni della vita. Coincidenza di principio e fine. Chi parte e chi resta. Nel seguito stanno gli atti ripetuti del giovane con la coetanea nel fuoco spento dell’immaginazione.
ALLEGRA. Quello che si dice lavoro usurante. Dai a me il libro. Esamina. Ma non vedi che è l’introduzione del critico letterario? Butta per terra il libro. Ma sì. Vai con la musica. Altro brano. Ballano. Pietro e Alessandro rientrando si aggiungono al ballo.
ALESSANDRO. Mentre Allegra è impegnata solo con Cesare. Che fantastica femmina!
PIETRO. Coprirla d’oro, bisogna.
Squilla il telefono di Allegra.
ALLEGRA. Sì. Ah, ciao. Sono qui in casa di un ingegnere e con due suoi amici. Fortunatissima. Non succede ogni giorno. No. Stai tranquilla. Nessun pericolo. Ai presenti. È una mia consorella. Al telefono. Non ho rivelato ancora nulla. Tutti e tre ingegneri. Elettrici. Certo, elettrizzati dalla mia presenza: Pietro, Alessandro e Cesare, milanesi. Sì, cara. Il tempo sembra essersi fermato. La visita si fa sorprendentemente interessante. Stavolta non si è cominciato parlando del più e del meno, né di politica, ma con un approccio alla grande letteratura. Ride. Che tipo? Ars amandi. Non posso di brutto cominciare a parlare della nostra azione segreta senza saggiare pensieri e passioni dei nostri amici. Questi? Guardandoli. Sono incantati. Pensa, Gioia. Mi sono messa a ballare lo swing con musica da jazz band. Concerto per tromba. Se volevano che ballassi nuda? Comunque mi sono liberata del superfluo. Ma che dici. Pericoloso. Perché sono in tre? Direi avventuroso. Ingegneri… illuministi. Dico per l’illuminazione di città, giardini. Ma sì, Gioia. Sono dei cuccioloni. Va a sedersi sulle ginocchia di Pietro. Uno è proprio un bell’uomo, alto, atletico, due occhi penetranti che ti mangiano viva. Gli altri? Sguardo a quelli. Non c’è male. Cosa vuoi, sono timidi. Ti ho forse detto illuministi? Saranno anche, ma ho sbagliato. Dominano le alte tensioni. Sì, anche le tentazioni, anche quelle. Oh! All’elettricista qui gli sta saltando la corrente. Schermaglie con Pietro che tenta di baciarla.
PIETRO. Chiedile se è libera.
ALLEGRA. Questo mi dice che, se sei libera, puoi venir qui subito. Sei libera? Allora di corsa, cara Gioia, che c’è da fare. Sulla mia scrivania trovi l’indirizzo dell’ingegnere che mi ero segnata. Son pochi chilometri per venire qui, sempre in campagna. Ciao, a presto.
ALESSANDRO. A mezza voce. Che fantasia! Che femmine!
CESARE. Coprirle d’oro bisogna.
ALLEGRA. Ho fatto male a chiamarla?
TUTTI. No!!!
(continua)