La voce di Giorgio Agamben 4. La verità della parola

di Gianluca Virgilio


Duccio di Buoninsegna: Predella (recto) La strage degli innocenti, 42,5 x 43,5, Museo dell’Opera del duomo, Siena (foto da Wikimedia Commons).

Nello scritto La verità e il nome di Dio del 5 dicembre 2022, nella rubrica online Una voce della Casa editrice Quodlibet, Giorgio Agamben afferma che una volta sancita la morte di Dio, è venuto meno il nesso tra la parola e la verità, poiché non c’è più un Dio che garantisce la verità della parola e, dunque, non ha ragion d’essere “il giuramento pronunciato sul nome di Dio,  che obbligava a rispondere della trasgressione del vincolo tra le nostre parole e le cose”. Da qui deriva che “Se la morte di Dio non può che implicare il venir meno di questo vincolo, ciò significa allora che nella nostra società il linguaggio è diventato costitutivamente menzogna. “

Così si spiega bene il cumulo di menzogne che i media ci propinano ogni giorno: “soltanto vacuità e impostura”, scrive Agamben.

La domanda, dunque, è la seguente:, esiste ancora la possibilità di una parola veritiera?

Agamben pensa che non tutto sia perduto e che l’uomo abbia ancora la possibilità di salvare la verità della parola: “Una verità che non si esaurisca nel garantire l’efficacia del logos, ma faccia in esso salva l’infanzia dell’uomo e custodisca ciò che in lui è ancora muto come il contenuto più intimo e vero delle sue parole. Possiamo ancora credere in un Dio infante, come quel Gesù bambino che, come ci è stato insegnato, i potenti volevano e vogliono a ogni costo uccidere.”

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