di Gianluca Virgilio
Quali siano i meccanismi che regolano oggi la nostra società, Giorgio Agamben lo spiega bene in un articolo del 28 novembre 2022, intitolato Il complice e il sovrano, nella rubrica online Una voce della Casa editrice Quodlibet.
Egli individua “una nuova figura dell’uomo e del cittadino” che è venuta emergendo con chiarezza negli ultimi anni, in coincidenza con la pandemia, e che egli definisce “il complice”. Siamo in presenza di
“Una situazione, cioè, paradossale, in cui vi sono solo complici, ma il reo manca, una situazione in cui tutti … agiscono sempre come complici e mai come rei.”
L’attuale contratto sociale si configura, spiega Agamben, come “un patto di complicità senza il reo – e questo reo assente coincide con il sovrano il cui corpo è formato dalla stessa massa dei complici e non è perciò altro che l’incarnazione di questa generale complicità, di questo essere com-plici, cioè piegati insieme, di tutti i singoli individui.”
Naturalmente c’è sempre una maglia rotta nella rete, da cui sia possibile sfuggire al patto aberrante, e denunciarlo, ben sapendo che il prezzo da pagare sarà altissimo:
“Una società di complici è più oppressiva e soffocante di qualsiasi dittatura, perché chi non partecipa della complicità – il non-complice – è puramente e semplicemente escluso dal patto sociale, non ha più luogo nella città.”
Il non-complice è l’escluso, il reietto, lo scarto inutilizzabile. Il non-complice è il filosofo critico dello status quo, grazie al quale si rende possibile lo smascheramento del patto orribile che consente alla biopolitica di raggiungere il suo apice: “…l’uomo non trapassa più dialetticamente nel cittadino, ma stabilisce con questo una singolare relazione, nel senso che, con la natività del suo corpo, egli fornisce al cittadino la complicità di cui ha bisogno per costituirsi politicamente, e il cittadino da parte sua si dichiara complice della vita dell’uomo, di cui assume la cura.
Questa complicità, lo avrete capito, è la biopolitica, che ha oggi raggiunto la sua estrema – e speriamo ultima – configurazione.”
L’uomo complice del cittadino, il cittadino complice dell’uomo, entrambi irretiti in una relazione di complicità, che non lascia margini alla libertà. Il cittadino infatti non può nascere senza l’uomo, l’uomo non può vivere se non è cittadino. L’uomo in sé e per sé considerato, ovvero il non-complice, “non ha più luogo nella città”, ne è escluso e il suo destino è la morte.
Che cosa ci sia di male in tutto ciò, è facilmente comprensibile: dove l’umanità è piegata e subordinata ad altro da sé, essa è in ogni caso negata e non può che dar luogo ad una pericolosa deriva disumana. Cosiffatta è oggi, per Agamben, la nostra società.