Letteratur (e) Rerum vulgarium fragmenta 6. Dove tutto quello che può avvenire è già avvenuto

Ma in quest’opera di restituzione del senso del tempo, la letteratura va oltre, consentendo la trasferibilità dei suoi significati, proponendo una conoscenza ed un’esperienza dei fatti del mondo che non sono mai assolute, né ultime, definitive, irreversibili, inevitabilmente compiute.  Raccontando di un solo uomo riesce a rappresentare la sorte di tutti gli uomini, o comunque di molti, la loro sapienza e la loro follia,   il disincanto e  lo stupore per il terreno e l’ultraterreno, il visibile e l’invisibile, a dare conto dei destini che si cercano o che si rifiutano, che si rincorrono o che si allontanano, che si contemperano o che si dilacerano; riesce a   figurare la confusione che spesso si verifica fra il reale e l’irreale, il verosimile e l’inverosimile,  il probabile e l’improbabile, il vero e il falso.

La letteratura è quel luogo della cultura dove tutto quello che può avvenire è già avvenuto. E’ il catalogo di tutte le possibili esistenze.  Tutto quello che può accadere ad un uomo, a una donna, è già accaduto in una pagina di romanzo, nel verso di una poesia, in una scena di teatro. Almeno nella sua natura essenziale, nel suo nucleo di senso, nel suo lievito sostanziale. Per esempio, ancora: nella tragedia greca c’è il grumo semantico di ogni possibile vicenda.  I personaggi sono archetipi che costituiscono il riferimento ineludibile per una comprensione profonda del manifestarsi dei sentimenti.

In una conferenza sugli esuli tenuta a Vienna nel dicembre del 1987, Josif Brodski disse che la letteratura “è un dizionario, un compendio di significati per questo o quel destino umano, per questa o quella esperienza. E’ un dizionario della lingua nella quale la vita parla all’uomo”.

Quando i tempi sono complicati, per comprendere bisogna scavare. Questo è un tempo complicato, per cui bisogna scavare se si vuole comprendere il senso che si porta dietro, dentro. Bisogna scavare nei luoghi che custodiscono i significati essenziali, quelli che servono a definire la relazione tra il presente e il passato, a delineare orizzonti di futuro. Bisogna scavare in quei classici che rielaborano i fatti delle storia, indubbiamente. Ma bisogna anche scavare nel tempo con un diverso linguaggio, con un altro metodo,  con diversi argomenti, forse anche con uno stile diverso, con un diverso rapporto con la realtà e con quella finzione che, si diceva, costituisce la condizione che connota la letteratura.

Forse bisogna pensare e praticare una nuova letteratura: una nuova narrativa, una nuova poesia. Forse occorre rifondare strutture, rielaborare forme espressive, rimodulare gli stili, aderire alla realtà più di quanto si è fatto finora, finalizzare la finzione diversamente da come si è fatto finora. Forse occorre condurre in maniera diversa l’indagine nella memoria soggettiva e collettiva, rappresentare diversamente la dimensione del lontano e del vicino, del presente, del passato, del futuro.

Poi, si sa, la letteratura è quella strana cosa che molto spesso non si lascia per nulla coinvolgere dalle previsioni e nemmeno dalle intenzioni. Sfonda i confini delle previsioni; ignora e oltrepassa le intenzioni. Impone le direzioni da seguire e che, probabilmente, è conveniente seguire perché se non conducono alla verità forse si avvicinano a qualcosa che in qualche modo le rassomiglia.   

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