Per Lucio

Nasce di qui, da questa ostinata ricognizione nelle pieghe della letteratura convenzionalmente designata come “minore”, da questa generosa passione del rimosso – cioè dall’esigenza scientifica di risarcire una rimozione storica –, il riattraversamento personale della letteratura dell’Otto e del Novecento, che Giannone ha condotto all’insegna di una visione policentrica e di un’ermeneutica nutrita tanto di rigore documentario, basato su una consultazione capillare degli archivi degli scrittori studiati, quanto di una vivida tensione storicizzante. È in questo la radice della originale intenzione critica e storiografica che contraddistingue il fervore virtuoso di Giannone: ovvero, la sistematica riscoperta di un côté meridionale della modernità letteraria, entro cui ritornino ad assumere il loro giusto rilievo autori periferici o dimenticati, e possano riguadagnare la loro adeguata collocazione opere colme di una forza testimoniale e di una qualità espressiva ingiustamente ignorate o fraintese.

E però è una passione che si nutre di metodo, come recita il binomio al quale abbiamo voluto intitolare questa Festschrift, perché ci sembra che connoti con esattezza la personalità e l’esperienza scientifica di Lucio Giannone: da un lato, la passione, in quanto modalità intrinsecamente etica di un bisogno estetico e di storia; e dall’altro, a sua perfettamente compiuta integrazione, il metodo, in quanto attenzione esaustiva al testo, nel segno di una indefettibile dedizione ad esso, alle sue peculiarità e specificità. Restituire il testo alla sua primarietà: e a partire da questo ripensarne la particolare posizione e significazione storica alla luce di una congiunzione dialettica di orizzonti tra il dettaglio e l’insieme, tra il centro e il margine, in una intersezione dove ogni geografia si adempie in storia. Un presupposto che nella sua apparente classicità, e vorremmo dire nella sua armonia dinamica, custodisce e implica, di fatto, per Giannone, il meritorio e coraggioso progetto di una sostanziale revisione e di uno stimolante arricchimento del canone della modernità letteraria. Ed è a questo obiettivo che, con profusa dovizia di materiali analitici e di proposte interpretative, egli ha elettivamente dedicato e a tutt’oggi dedica la sua lunga fedeltà di studioso. A offrirne esempio basti ricordare che, nella sua continuativa riscoperta di autori meridionali ingiustamente trascurati o dimenticati, accanto al restauro e al rilancio critico di alcuni tra i maggiori rappresentanti della cultura pugliese dell’Otto/Novecento, da Sigismondo Castromediano a Michele Saponaro, da Girolamo Comi a Raffaele Carrieri, si staglia l’importante valorizzazione di Vittorio Bodini, del quale Giannone è stato da più di quarant’anni fondativo esegeta, promuovendone la conoscenza sia attraverso importanti convegni, anche internazionali, sia con la preziosa cura editoriale di molte opere. Ma a tale costante e pervasiva investigazione dell’universo letterario meridionale, da lui felicemente perseguìta anche entro gli ambiti sorprendentemente inquieti e intensi di certa poesia dialettale, fanno riscontro i suoi numerosi studi sulla lirica italiana del Novecento, sul futurismo nelle sue diverse declinazioni e dislocazioni, segnatamente meridionali, su autori e autrici di spicco nel panorama della prosa novecentesca, sulla memorialistica risorgimentale, sulla critica letteraria di fine Ottocento, sul rapporto tra letteratura e arte: in una specularità di orizzonti e in una polarità di fuochi prospettici che arricchisce e corrobora di una sedimentata trama contestuale la innovativa fisionomia del Sud letterario del quale Giannone ha tracciato e dispiega la misconosciuta cartografia.

Accanto a tale ininterrotto investimento della sua attività scientifica, Lucio Giannone ha profuso, sempre in vista della difesa e del rilancio di realtà e valori letterari troppo, e troppo lungamente, trascurati, un infaticabile impegno nella promozione e diffusione di iniziative culturali che ne hanno reso esemplarmente organico e fruttuoso il rapporto col territorio, confermandone e ulteriormente arricchendone la inclinazione a integrare la propria curiositas intellettuale con una sensibilità etica tanto fecondamente aperta alla communitas quanto disposta e pronta a farsi carico dei molteplici oneri istituzionali, spesso non meno gravosi che prestigiosi, che ne hanno progressivamente affollato la lunga e generosa esperienza accademica.

Una esperienza vissuta sempre, in ogni fase o stazione della sua parabola, all’insegna della sobrietà e della discrezione, e in una rigorosa interpretazione della vita – nei suoi percorsi di studio, di ricerca, di docenza – condotta sempre all’insegna dell’impegno morale: un impegno, un dovere ineludibile, cresciuto e maturato negli anni di una gioventù trascorsa in una condizione disagiata e sprotetta, in cui solo il sostegno delle borse di studio che ne premiavano costantemente i sacrifici e il merito consentiva a Lucio di accedere a quel mondo che lo avrebbe poi visto protagonista, degno erede e prosecutore della scuola italianistica salentina fondata da Mario Marti e Donato Valli. È un ricordo dolente e luminoso, che egli rivendica con orgoglio: perché impronta e suggello di un percorso di formazione sorretto dal dovere e dalla spinta alla conoscenza: vale a dire, da metodo e passione.

E a Lucio quale esempio di metodo e passione, appunto, e della loro felice integrazione, questi studi di amici e colleghi italiani e stranieri vogliono rendere l’omaggio e l’augurio più affettuoso.

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