Manco p’a capa 120. La biodiversità e la crisi della tassonomia

Ad esempio Tricylusa singularis, unico rappresentante di un genere e di una famiglia. Non si trovano esemplari di questa specie da più di un secolo. Ne posso citare molte altre, per il gruppo animale di cui sono specialista. Sono certo che ricerche analoghe alle mie potrebbero portare a liste altrettanto lunghe in molti altri gruppi di organismi. “Probabilmente ci turba venire a conoscenza dell’estinzione di un mammifero o di un volatile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. Alcune specie poco numerose, che di solito passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo”. Questa frase ci fa capire come l’attenzione sui vertebrati sia fuorviante: organismi ben più importanti per il funzionamento degli ecosistemi non ricevono altrettanta attenzione.
Sapete chi ha scritto la frase citata qui sopra? Papa Francesco, in Laudato Si’ (https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html).
Abbiamo riconosciuto l’importanza primaria della biodiversità nel 1992, con la Convenzione di Rio de Janeiro. Poi l’abbiamo reiterata in molte altre Convenzioni e Direttive. L’abbiamo messa nell’Articolo 9 della Costituzione. Ora la COP 15, in Canada, ne ribadisce l’importanza. Non basta? Il decennio 2021-2030 della Nazioni Unite è dedicato agli oceani. Il decennio precedente fu dedicato alla biodiversità.
Nonostante queste continue dichiarazioni di importanza primaria della biodiversità, stiamo continuando come niente fosse. La scienza che scopre le specie sonosciute, le descrive e dà loro un nome è la tassonomia. Si tratta di una disciplina in via di estinzione e si sta attuando il paradosso che, a fronte di un unanime consenso sull’importanza della biodiversità, la tassonomia sia in crisi. Carlos Martinez (https://mobile.twitter.com/archilegt) sta facendo lo sciopero della fame per attirare l’attenzione sull’estinzione della tassonomia. Da parte mia, denuncio questa situazione da moltissimo tempo. Nessuno ha mai smentito questi allarmi, ma poi nessuno fa niente. E qui torniamo alle priorità. Il declino della tassonomia è dovuto ad una sola causa: mancanza di finanziamenti. Se ci fossero miliardi per esplorare la biodiversità di questo pianeta, e per capire come funzionano gli ecosistemi, gli esperti in queste discipline verrebbero formati anche per un solo motivo: i dipartimenti e gli istituti che li hanno sarebbero in grado di attirare ingenti finanziamenti.
La zoologia studia la biodiversità animale, la botanica quella vegetale, la microbiologia quella microbica. Nei commenti a questo blog sono in molti a usare la parola “zoologo”, con cui mi definisco, per ridicolizzarmi. Se avessi scritto “astrofisico” nessuno si sognerebbe di farlo. Purtroppo la percezione degli esperti di biodiversità permette questi atteggiamenti. Tutti dicono che la biodiversità è il nostro problema nr 1 ma gli esperti di biodiversità sono ridicolizzati, e arrivano a fare lo sciopero della fame per avere attenzione. Avere ragione non basta, bisogna anche farla valere. I decisori sono sconcertati quando sentono che la tassonomia è in crisi. Ma come? con tutti i fondi che dedichiamo alla biodiversità! Dove vanno a finire? Se vi interessa la risposta, qui (https://www.mdpi.com/1424-2818/2/1/115) la potete trovare. In estrema sintesi: la comunità scientifica che NON studia la composizione della biodiversità si impadronisce di questi fondi e poi studia altro. I bandi per finanziare la ricerca devono essere più specifici, ma spesso sono suggeriti dalla comunità scientifica e se non ci sono più tassonomi saranno altri a suggerire i bandi: un circolo vizioso. Meno tassonomi ci sono, meno saranno quelli che chiedono che si sostenga la tassonomia.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 19 dicembre 2022]

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