Partendo proprio da quest’ultimo legame sono sorti in anni recenti gli studi sul weird, categoria nata in ambito anglosassone e che ha cominciato a riscuotere una sempre crescente fortuna anche nel contesto italiano. Come ha ricostruito Marta Rosso su «Enthymema»[3], le teorizzazioni sul weird, più che identificare un genere in sé, sono adatte a stabilirlo e riconoscerlo «come dispositivo prospettico, come elemento secondario che, attraverso processi intersistemici quali sono i fenomeni editoriali, dai margini della letteratura di genere si è spostato al centro del sistema letterario, finendo per dominare anche altre forme narrative»4. In effetti, la fortuna del termine, cominciata con il saggio di Mark Fisher che lo presenta già nel titolo – The weird and the eerie[4] – è legata soprattutto alla letteratura dell’estrema contemporaneità.
In questo contesto plurale e mescidato, a cavallo tra fantascienza, horror e fantastico, un filone particolarmente florido è rappresentato dalla letteratura incentrata sul concetto di fantasma, inteso sia come apparizione dello spirito dei defunti, sia nella sua accezione più larga come manifestazione sovrannaturale e oltreumana. Infatti, molta letteratura contemporanea, sia in prosa che in poesia, è caratterizzata dalla presenza di alterità non chiaramente riconducibili a figure e personaggi concreti, ma che rappresentano diverse declinazioni di entità o spiriti soprannaturali. Queste apparizioni possono assumere caratteristiche di vario genere all’interno delle singole opere, provocando diverse dinamiche testuali. Innanzitutto, esse si dispongono sul crinale incerto di assenza e presenza: tra l’assenza fisica e la presenza soprannaturale di un personaggio o di un fenomeno “perturbante”. Le apparizioni fantasmatiche, infatti, sono di per sé inspiegabili: citando ancora Mark Fisher, esse suscitano la domanda: «perché c’è qualcosa là dove non dovrebbe esserci nulla?»6. La dicotomia tra assenza fisica e presenza soprannaturale si rispecchia nella dialettica fra ricordo, memoria e ricerca del personaggio fantasmatico. Molte scritture contemporanee sono fondate sul topos della ricerca di un personaggio sparito, o, in alternativa, sulla (ri)costruzione del suo ricordo se esso è perduto o defunto: in questo senso le apparizioni fantasmatiche all’interno del testo possono anche sfociare nello statuto soprannaturale; in quanto tali, le apparizioni interferiscono con la percezione del tempo e dello spazio, creando uno stato emotivo peculiare nei personaggi rappresentati e una nuova tensione speculativa della parola letteraria.
A partire da questo complesso panorama che investe l’intero sistema letterario, il quinto numero dei «Quaderni del PENS» ha raccolto una varietà di interventi sulla ripresa del fantastico e delle “presenze” fantasmatiche nella letteratura italiana moderna e contemporanea. L’arco temporale qui coperto va dall’Ottocento ai nostri giorni. Si è cercato di comprendere lavori che, in vari modi, mostrassero chiaramente le coordinate critico-teoriche che abbiamo delineato in questa introduzione. Si alternano così interventi di natura teorica a scritti di carattere storiografico o militante relativi a singoli casi di studio, o a gruppi di autori. Al tentativo di tenere legati l’aspetto più teoriconarratologico e quello ermeneutico si è affiancata, nell’ambito di quest’ultimo, la volontà di proporre esempi tratti da momenti molto differenti della storia letteraria italiana dell’ultimo secolo e mezzo.
Il numero si apre con una serie di saggi incentrati su autori vissuti a cavallo tra Otto e Novecento. Alberto Carli firma un’approfondita ricognizione dei rapporti tra gli scrittori veristi e il patrimonio delle narrazioni folkloriche. Andrea Verri si sofferma su una novella di Capuana, Tortura, e la sua riscrittura La voglia, soffermandosi sulle variazioni del fantastico operate dall’autore. Annalucia Leo espone i legami tra Arrigo Boito e il grande scrittore fantastico tedesco Hoffmann, mentre Barbara Vinciguerra, in un’ottica sincronica, si sofferma sulle presenze fantasmatiche nell’ambiente letterario triestino e giuliano: fra gli autori trattati, ricordiamo almeno il nome di Giulio Caprin, da Vinciguerra dipinto come un grande antesignano delle storie fantastiche di Buzzati e Ortese. Milena Contini e Domenico Tenerelli illustrano le reminiscenze spettrali in due premi Nobel della nostra letteratura, Deledda e Pirandello: per la prima risultano di fondamentale importanza i racconti popolari della tradizione sarda, non solo nell’ottica fantastica, ma più in generale per il suo impianto affabulatorio; del secondo vengono analizzate le reminiscenze gotiche lungo tutta la sua produzione narrativa. Iwan Paolini e Alessandro Valenti firmano un articolo a quattro mani sulle fonti inglesi del gotico di Tommaso Landolfi.
Per quanto riguarda la sezione sulla poesia, ospitiamo tre interventi: Lorenzo Negro analizza il tema del fantasma negli Strumenti umani di Vittorio Sereni. Sara Vergari, invece, si sofferma su Fernanda Romagnoli, una poetessa che non ha ancora ricevuto la fortuna critica che merita, e sulla trattazione di Dio come fantasma all’interno della sua opera. Mario Ceroti, infine, ripercorre le presenze fantasmatiche nell’ultima parte della produzione montaliana.
Appartengono al secondo Novecento gli autori affrontati da Daniela Bombara, che tratta di Dino Buzzati, Ercole Patti e Livia De Stefani, e da Fabio Camilletti, che affronta il racconto Avventura a Campo di Fiori di Giorgio Vigolo, esempio magistrale di ghost story romana. Stefano Pifferi firma un intervento su un libro, Dissipatio H.G. di Morselli, che rappresenta un punto di svolta nel discorso che abbiamo delineato, ponendosi infatti al crocevia tra un fantastico d’imposizione di matrice kafkiana e il nuovo weird contemporaneo. Si passa poi alla sezione più militante del numero, in cui troviamo gli interventi di Luigi Weber su Ultimo parallelo di Filippo Tuena, Giorgia Buso su Gli increati di Antonio Moresco, Stella Schito su Dalle rovine di Luciano Funetta, Luca Peloso su La straniera di Claudia Durastanti e Alice Parrinello sui romanzi di Nadia Terranova. Si tratta di scrittori dell’estremo contemporaneo che rappresentano quattro differenti modalità di messa in scena del weird e della spettralità: Tuena e Moresco sono accomunati dalla ricerca su una voce narrante spersonalizzata, mobile, di difficile individuazione se non ricorrendo a categorie legate al soprannaturale, come ben espongono Weber e Buso; Schito sostiene che il libro di Funetta racconta una trasformazione weird che allontana progressivamente i protagonisti dalla dimensione umana, lasciando spazio alla tematica spettrale; Durastanti costella la sua narrazione di riferimenti e citazioni fantastici mettendo in piedi un vero e proprio repertorio di genere, con l’intenzione di mostrare come la letteratura fantastica sia capace di mettere in scena anche la vita quotidiana. Quanto a Terranova, Parrinello argomenta che l’insistenza sui temi spettrali sia da ricollegare alla questione delle origini siciliane della scrittrice. In conclusione del fascicolo, troviamo un articolo di natura critico-teorica firmato da Stefano Lazzarin, che si interroga sull’opportunità dell’uso della categoria del weird nel campo (ultra-)contemporaneo degli studi sul fantastico.
Nella sezione «PENS Papers» abbiamo raccolto il testo che proviene da un seminario tenuto il 6 dicembre 2021 al corso magistrale di Lettere moderne dell’Università del Salento, in cui la poetessa Francesca Mazzotta ha dialogato con gli studenti e le studentesse sulla sua raccolta Gli eroi sono partiti (Passigli, 2021); e un’intervista di Federica Solazzo a Bernardo De Luca a proposito di Foglio di via di Franco Fortini.
Il
percorso che abbiamo tracciato in questo numero è frutto di una selezione tra
numerosissime proposte che sono pervenute alla redazione dopo la pubblicazione
della call for papers. Riteniamo
questo un segnale della straordinaria vitalità del genere fantastico, che
poggia ormai su una lunga tradizione critica internazionale. In Italia, il dibattito
sul genere ha subito una grande accelerazione a partire dagli anni Ottanta del
Novecento dopo la traduzione e la ricezione di Todorov; fino a quel momento gli
studi sul fantastico, pur presenti, avevano avuto carattere episodico, e sulla
nostra letteratura aveva regnato una duplice ipoteca: quella che vedeva il
fantastico come genere “escapista”, privo di funzione sociale o civile; quella
che prediligeva la linea espressiva – inaugurata dalla notissima antologia
continiana, Italie magique –, che tendeva
a premiare esclusivamente i narratori fantastici caratterizzati da un alto
grado di letterarietà della lingua utilizzata. Col passaggio agli anni Ottanta
questa coppia di discriminanti cade, e quasi a riscoprire il genere, ecco che
nel giro di pochi anni appaiono in gran numero antologie e studi, culminati
nella riproposizione stessa di Italia
magica, da Einaudi, nel 1988[5].
Non sbaglia dunque Stefano Lazzarin nel notare che il dibattito critico
italiano, carente fino agli anni Settanta, nasce, si direbbe, nel solco di
quello francese, specificamente incentrato sul testo todoroviano[6].
In questo ormai affollato panorama critico, abbiamo voluto soffermarci sulla
questione della spettralità, cercando di concentrarci sulla sua diffusione
nella letteratura novecentesca, e sulla sua versatilità stilistica e
concettuale. Lo spettro, infatti, è al tempo stesso evocazione di un’immagine e
di un desiderio; affermazione di un’alterità irriducibile e riconoscimento del
sé. L’idea di fantasma, come mostrano bene i saggi che presentiamo, interseca
tanto il fantastico puro quanto lo psicologico; tanto il visuale quanto la
tensione stessa della parola letteraria verso l’assoluto. Il filo che lega
tutti gli scritti qui raccolti, del resto, è proprio la vitalità che il tema
del fantasma continua ad avere nella letteratura novecentesca. Pertanto, il
tema della spettralità, ci pare, si impone come centrale nel discorso
letterario e culturale contemporaneo, come del resto si deduce dal già centrale
The Spectralities Reader. Ghosts
and Haunting in Contemporary Cultural Theory di Del Pilar Blanco e Peeren[7].
Al tempo stesso, esso sembra anche una lente attraverso cui
rileggere alcuni momenti della storia letteraria: come ha scritto Freud a
proposito della temporalità nel fantastico, «passato, presente e futuro, come
infilati al filo del desiderio che li attraversa»[8].
[1] T. TODOROV, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti, 1977, pp. 163-164.
[2] F. ORLANDO, Il soprannaturale letterario. Storia, logica e forme, a cura di S. Brugnolo, L. Pellegrini, V. Sturli, Torino, Einaudi, 2017. Si veda in particolare il secondo capitolo, Una prima serie di casi in ordine cronologico, pp. 27-88.
DOI: 10.1285/i2611903xn5p3
[3] M. ROSSO, La costellazione del ‘new Italian weird’ tra letteratura estrema e ipermodernità, «Enthymema», 28, 2021, pp. 204-230. 4 Ivi, p. 206.
[4] M. FISHER, The weird and the eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo, Roma, minimum fax, 2016. 6 Ivi, p. 12.
[5] Italia magica. Racconti surreali novecenteschi, a cura di G. Contini, Torino, Einaudi, 1988.
[6] Cfr. S. LAZZARIN, F. I. BENEDUCE et al., Il fantastico italiano. Bilancio critico e bibliografia commentata (dal 1980 a oggi), Firenze, Le Monnier Università, 2016.
[7] The Spectralities Reader: Ghosts and Haunting in Contemporary Cultural Theory, a cura di M. del Pilar Blanco e E. Peeren, London and New York, Bloomsbury, 2013.
[8] S. FREUD, Il poeta e la fantasia, in Id., Opere, vol. 5, Torino, Bollati Boringhieri, 1972, pp. 375-383: 379.