Se il professore è al centro del racconto, la scuola è la scena su cui egli si muove; solo secondariamente in classe, dove ha luogo il rapporto pedagogico, più spesso nelle occasioni che la scuola presenta di uscirne fuori, sia pure per motivi scolastici: il viaggio di istruzione, nel Salento nel Professor De Santis, nel napoletano e riviera ne La collega di religione. Fuori dalle aule scolastiche, dove è ben tenuto a freno, eros, inevitabilmente, impazza, diventando motivo di assillo e pensiero dominante. C’è sempre una studentessa bellissima, pupilla del professore innamorato, oggetto di un desiderio insopprimibile, che travalica il normale rapporto pedagogico: Milena nel Professor De Santis, Nica ne La collega di religione; e c’è sempre un’altra donna, la collega di religione Paolina Convalli o la compagna universitaria Luisa, pronte a turbare i sonni del protagonista.
Ma il turbamento maggiore deriva soprattutto dal rapporto con l’allieva del cuore. Il narratore sembra capire bene che ci si muove su un terreno rovente e magmatico, in ciò d’accordo col personaggio, in una coincidenza di punti di vista rivelatrice del vero centro motore della narrativa dello scrittore galatinese. Traggo una citazione dal Professor De Santis, pp. 97-98, in cui si parla dell’amata Milena: “ ‘Potessi ordinarle di fermarsi, di dimenticare il tempo’ pensò Luigi, tra il disperato e il felice per quell’abbraccio che ancora sentiva su di sé, caldo e morbido. No, non stavano in classe dove lui teneva il ritmo continuo del discorso. ‘Sono comunque immagini quelle prestate dalla poesia, scene da racconti, da film’ corresse nel pensiero. ‘Di mio non c’è niente’ si disse ancora sentendosi invaso dall’impotenza e anche dalla vergogna di non essere insegnante normale”. In un sussulto di consapevolezza, protagonista e narratore concordano che la distanza tra docente e studente è invalicabile, per motivi pedagogici se non per motivi anagrafici: il tempo non si può dimenticare e, se il desiderio incalza, la vergogna è in agguato; una vergogna che le numerosissime citazioni colte, narrative, poetiche o cinematografiche, disseminate nei due romanzi, non riescono a cancellare. In realtà, la letteratura rischia di ingannare la vita. Non sarebbe la prima volta che ciò accade, come ci ha raccontato Dante con Francesca, Cervantes con Don Chisciotte e Flaubert con Madame Bovary. Forse è qui il germe della malinconia, da cui è affetto il personaggio immaginato da Carachino, ed è proprio questo il nucleo di verità da cui scaturisce l’opera romanzesca dello scrittore galatinese, che qui si interpreta come un tentativo di indagare le dinamiche psicologiche che nascono nei rapporti umani dentro la scuola e fuori di essa, quando la vita tenta di imitare la letteratura e ne rimane sconvolta.