di Gianluca Virgilio
Salvatore Carachino, classe 1945, galatinese di nascita, veneto di adozione per via dell’insegnamento delle Lettere nelle scuole superiori veronesi: la sua storia è quella di mille insegnanti meridionali, partiti per una supplenza di pochi giorni e non più tornati. Carachino ha voluto raccontare questa storia, non come pura autobiografia, ma nella forma letteraria del romanzo. Così ha dato vita ad un personaggio, incarnandolo dapprima nel trentacinquenne Professor De Santis, QuiEdit, Verona 2018, poi nel giovane professore di prima nomina Mario Ramesa ne La collega di religione, stesso editore, 2022; due personaggi con due nomi diversi, ma che in realtà sembrano essere uno solo, poiché si comportano allo stesso modo in situazioni diverse.
Il professore è il centro della vicenda romanzata – intorno a lui ruotano studenti e studentesse, colleghi e colleghe -, un professore venuto dal profondo Sud, a cui si guarda con qualche rimpianto; strappate, ma mai estirpate del tutto le radici che lo legavano al mondo contadino. Non di un anonimo insegnante si parla: il professor Luigi De Santis è un filosofo pensoso e critico, con un chiaro desiderio di cambiare il mondo; e così il professor Mario Ramesa è un giovane scrittore esordiente intento a diffondere la sua opera.
In entrambi i romanzi le vicende sono raccontate da un narratore esterno, il cui punto di vista si confonde facilmente con quello del protagonista. Il professore parla in prima persona nel Professor De Santis solo nelle pagine in cui rievoca gli anni della sua formazione universitaria e sentimentale milanese, in un racconto (i suoi studi e il suo amore per Luisa) che si alterna a quello, all’incirca quindici anni dopo, del viaggio di istruzione nel Salento di una scolaresca veronese da lui guidata. Sempre imprecisato il tempo dell’azione, che si intuisce recente, stante il ripetuto riferimento all’uso del cellulare dei vari personaggi.