Ora si è arrivati ad un punto della Storia e ad un passaggio della civiltà in cui il concetto e le espressioni di creatività si ritrovano a confrontarsi con la dimensione della tecnologia. E’ un confronto inevitabile, una dialettica necessaria, se non si vuole sottrarre alla tecnologia le opportunità di pensiero che consente la creatività e se non si vuole sottrarre alla creatività la possibilità di impiego degli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia. Allora bisogna determinare situazioni di corrispondenza, di prossimità, di reciprocità. Bisogna favorire l’interscambio costante, strutturale. Bisogna pensare a questo interscambio in una dimensione educativa, formativa. Bisogna trovare il punto in cui stringere il nodo culturale.
A pag. 167 di quel bellissimo romanzo filosofico che è Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Robert M. Pirsig scrive: quello che non va nella tecnologia “è che non ha nessuna connessione con la sfera spirituale né con quella affettiva. E così crea a casaccio cose cieche e brutte e si fa odiare. Prima la gente non ci ha fatto caso, perché la preoccupazione principale era quella del cibo, del vestiario e di un tetto per tutti, e la tecnologia ce li ha forniti. Ma adesso che tutto ciò è assicurato, la bruttezza comincia a farsi notare ogni giorno di più e la gente si chiede se per soddisfare i propri bisogni materiali sia indispensabile questa continua sofferenza spirituale ed estetica”.
Il libro di Pirsig uscì nel 1974; in Italia nel 1981. In questo tempo la tecnologia ha avuto sviluppi straordinari. Ma la sintesi di Pirsig può servire da prospettiva, può indicare il punto in cui annodare creatività e tecnologia.
Presentando una nuova edizione dell’iPad, Steve Jobs disse che nel Dna della Apple è inscritta la consapevolezza che per produrre risultati entusiasmanti la tecnologia dev’essere necessariamente coniugata alle scienze umane. Una complementarità organica e sistematica, una reciprocità virtuosa, una interdipendenza costruttiva.
Seguendo la strada della combinazione di scienze umane, tecnologia e creatività, si potrebbe anche arrivare a nuove idee e a nuove categorie e forme di bellezza, a nuove condizioni e a nuove espressioni di arte, letteratura, architettura, a nuovi modelli di città, di spazi urbani.
Senza questa combinazione, la pratica della creatività continuerà ad adottare logiche, forme, formule, metodi, tecniche, strumenti adottati nel passato, con la inevitabile conseguenza della produzione di copie, di imitazioni. La bellezza sarà sempre e soltanto prodotta da quelli venuti prima di noi.
Senza una relazione con le scienze umane, la tecnologia sarà soltanto macchinismo funzionale.
Probabilmente questo è un tempo che impone di scegliere verso quale direzione si intenda andare. Se si vuole che la tecnologia sia ad uso dell’umanità o se si vuole che l’umanità venga usata dalla tecnologia. Poi delle scelte che si fanno si accettano le conseguenze.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 11 dicembre 2022]