Concludendo Gioacchino Toma studiò per tutta la sua vita ogni singola soluzione stilistica per evolvere sempre verso il nuovo – allora costituito dal pensiero impressionista – e quando decise di farlo partì dal mare, elemento infinito, che divenne nelle sue opere un luogo in cui il soggetto tratto dal mondo reale sublimò nell’astrazione più profonda che l’essere umano potesse immaginare, una sorta di liquido amniotico nel ventre della madre terra, un luogo dell’anima dal quale tutto ha avuto origine e verso il quale, tutti, aneliamo ritornare.
[Massimo Galiotta, rubrica il Cavalletto, rivista Puglia&Mare, anno VII, n.25/26 giugno 2019, pp.62-63]
Avvertenza
In questa sede si è voluto riproporre un breve articolo pubblicato sulla rivista Puglia&Mare del giugno 2019 a proposito di Gioacchino Toma. In quell’occasione si provò – con estrema sintesi – a ricollocare l’autore in una cornice nuova, liberandolo dall’etichetta ottocentesca di «pittore del grigio». Il ricorso al sempre più utilizzato (nel mondo dell’arte) «pittore della luce»[2], ha il compito di dimostrare quanto il contesto culturale ed economico, in cui operava il pittore di Galatina, era ben più ampio di quello che la critica provincializzata e provincializzante ci abbia finora fatto credere.
La ricerca, come spesso accade in casi specifici come quello di Toma, va condotta oltre lo spazio già sondato, uscendo dagli schemi letterari di “scuola” e addentrandosi in ambiti di studio inusitati: in definitiva è indispensabile uscire dai percorsi già tracciati per percorrere itinerari nuovi, certamente scomodi, ma consapevoli che tali vie, seppur impervie, possano nascondere importanti novità.
Gli studi in ambito artistico, quando si parla di Ottocento o dei secoli precedenti, devono sempre considerare la possibilità (a volte anche remota) di dover rivedere completamente alcune posizioni consolidate su un determinato autore. Pregiudizi e approcci interpretativi errati, con il passare del tempo, possono essersi trasformarti in strafalcioni critico-letterari storicizzati: false verità stratificate dal corso degli anni, a volte difficili da scrostare, e che impediscono una visione d’insieme limpida.
A proposito di Gioacchino Toma un chiaro esempio in questa direzione riguarda alcune opere a tema paesaggistico: in particolare quelle meglio note con il titolo Sommozzatori, conosciute anche come Pescatori di conchiglie. Si tratta di studi condotti da Toma a partire dal 1880 in poi; un ciclo di dipinti – circa cinque in tutto – conservati presso collezioni museali pubbliche o in raccolte private: una di queste, la seconda versione del grande dipinto dal titolo Sommozzatori[3], un olio su tela di circa 92×134 cm., è proprietà della raccolta del Comune di Lecce, donata al Museo Civico, subito dopo la morte dell’artista, dal figlio Gustavo Toma; altre due sono proprietà del Museo di Capodimonte (la prima versione dell’opera Sommozzatori[4]) e del Museo Pignatelli a Napoli (una delle tre versioni di Studio per Sommozzatori).
Il ciclo di paesaggi marini costituisce una valida prova del dialogo tra Gioacchino Toma e i maggiori pittori europei dell’Ottocento, ovvero degli studi condotti da Toma sull’applicazione concreta delle teorie di «macchia di colore» provenienti dalla Toscana ma soprattutto dalla Francia: in effetti le opere prese in esame dimostrano l’uso a fini luministici delle diverse tonalità di grigio, che evidenziano, pur mantenendo le affinità elettive con l’opera di Gustave Courbet, la lucentezza dei bianchi in netta contrapposizione con l’atmosfera più tetra, dominata dai blu e dai viola, della versione del francese.
NOTE
[1] Cfr. Mariaserena Mormone, in Gioacchino Toma 1836-1891, catalogo della mostra, a cura di B. Mantura – N. Spinosa, Electa, Napoli, 1995 (Tavv. 52-53, pp. 114-115);
[2] Recentemente «pittore di luce» è stato usato per la mostra del pittore spagnolo J. Sorolla a Palazzo Reale a Milano (dal 25 febbraio al 26 giugno 2022); ma ancor prima per la nota mostra al MART di Rovereto «I pittori della luce – Dal Divisionismo al Futurismo» (dal 25 giugno al 09 ottobre 2016), a cura di Beatrice Avanzi, Daniela Ferrari e Fernando Mazzocca;
[3] Cfr. A De Rinaldis, Gioacchino Toma, A. Mondadori, Milano, 1934 (Tav. LVI);
[4] Cfr. A De Rinaldis, Op. cit. (Tav. LV).