Sulle tracce di Gioacchino Toma 1. Il pittore della luce

di Massimo Galiotta


Gioacchino Toma, Ritratto di fanciulla con orecchino, 1880 ca., coll. privata.

Gioacchino Toma (Galatina 1836-Napoli 1891), tra i massimi esponenti dell’Ottocento italiano, approdò artisticamente al mare in età matura, tra il 1880 e il 1885 che, considerando la sua breve esistenza, si concretizzò negli ultimi dieci anni di carriera. Lo fece quando cercò di evolvere verso le innovative idee legate alla macchia di colore, lo fece a compimento di un viaggio nell’arte che egli interpretò in chiave verista, secondo quanto in quel periodo storico era rappresentato dal pensiero mitteleuropeo (positivismo e naturalismo). Infatti, dopo una prima fase classicheggiante di derivazione accademica e romantica, ed una successiva che legò la sua opera al patriottismo, vissuto in prima persona tra le fila garibaldine, Toma approdò ad una terza fase verista tutta propria che falsamente lo rese, così definito dalla superficiale critica dell’arte del suo tempo, il famigerato e sommesso «pittore del grigio».

Ma Gioacchino Toma fu ben altro, cercò di leggere la luce, e lo fece lavorando la materia con una capacità singolare, la sua tavolozza si arricchiva di nero nell’intento di idealizzare l’incarnato di un volto in Ritratto di fanciulla con orecchino che non descrive, ma lascia immaginare, teorizzandola, la fitta chioma di capelli raccolti sul capo. La sua mestica si materializzava nei grigi di un mare in tempesta perché è nel colore grigio la capacità di esaltare, luministicamente, tutto ciò che intorno avviene. Il mare, per il maestro di Galatina, divenne pretesto per misurarsi con l’immensità, con la prospettiva e le proporzioni di ciò che per sua natura misurabile non è. Così alla metà degli anni ottanta del XIX secolo Toma realizzò un’intera serie la cui stesura fu utilizzata per l’opera finale dal titolo Sommozzatori (di cui esistono due diverse versioni che l’artista eseguì a breve distanza di tempo l’una dall’altra, con almeno altre tre opere documentate dal titolo Studio per sommozzatori, di più piccole dimensioni, che l’artista usava produrre contemporaneamente all’opera principale, nella ricerca perenne dell’effetto cromatico) dove, come fece G. Courbet nella sua opera “l’onda” del 1869 (conservata c/o Städel Museum di Francoforte), la massa d’acqua si solleva rispetto al piano della linea d’orizzonte, enfatizzando l’imponente estensione della superficie marina, con l’intento di ridurne «la distesa»[1] costringendola nel perimetro della tela.

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