di Augusto Benemeglio
Capitolo 21°
Saremo una torcia di fuoco
Dietro i merli delle torri e i parapetti dei bastioni, non tremava la luce degli occhi di Sermagistri, Arcanà, Ruri, Camaldari e Santachiera, né tremavano le loro voci. Essi videro che erano pochi i combattenti e senza più armi, videro che le navi veneziane coprivano tutta l’isola con le loro vele. Videro che anche gli uccelli fuggivano perché una moltitudine di grida feriva l’alba e il silenzio di calce delle case, videro che le campane erano mute, le croci ondeggiavano nel cielo e il sole saliva come un angelo giallo a scagliare le sue frecce. Ma i loro cuori rimasero saldi, intatta la loro fede. Le loro voci erano garofani virili e così parlarono:
“Difenderemo sette merli alla volta per ognuno di noi”
“Ogni uomo sarà una torcia di fuoco”
“Scaglieremo i nostri corpi come frecce vive sui nemici”
“Tramuteremo i nostri sguardi in folgori”
“Non vacilleremo”
“Non cederemo”
“Una moltitudine di voci è dentro è in noi”
“Dentro di noi vi sono guerrieri più forti della morte”
“E una fede più grande della morte”
“Senza elmi e senza scudi, noi siamo più forti dei potenti”
“Senza oro, né argento, siamo più forti della ricchezza”
“Senza lance, né spade, siamo più forti delle armi”