di Antonio Devicienti
Non si può cominciare se non ricordando il “baratto”, la geniale invenzione ed eredità dell’Odin Teatret: barattare culture e lingue, memorie e sogni.
Odino, Dio in sella a un cavallo a otto zampe: dio mai stanziale: andando, sempre andando.
Gli attori dell’Odin Teatret che, a Carpignano Salentino, dialogano con le donne anziane vestite di nero.
Quel filo ininterrotto teso dalla Polonia di Grotowski fino alla Danimarca: fino a noi.
Gli attori, issati sui trampoli, legati a delle funi, che volteggiano per le strade antiche del paese.
Quando il tempo del lavoro fa udire le sirene delle fabbriche o il mutare della luce dai campi coltivati, gli attori di Eugenio Barba danzano il lavoro del teatro.
Teatro in piazza, la comunità che vi si raccoglie, i bambini portano con sé i loro giocattoli.
L’universo in un guscio di noce, dice Amleto – il mondo nel palmo della mano a raccogliere il fiato dell’attore, per scagliarlo lontano.
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