di Augusto Benemeglio
Capitolo 15°
L’isola della luce
L’uomo dalla memoria ferita era sulla spiaggia calda di mezzogiorno ed aveva in mano una scheggia di luce, un frammento dello sguardo della fanciulla dall’aspetto regale: un incendio di smeraldi che faceva impallidire il cielo. Il viso di lei sembrava che fosse nell’uscio del sole quando albeggia e Eos conduce i suoi piedi luminosi nella porta della terra, mentre Marcello sentiva scorrere dentro di sé il sangue impetuoso come un oceano.
“Questa è la spiaggia dei Samari”, disse lei.
“Qui trovano riparo i pescatori inseguiti dal libeccio sanguinario”
Ma intanto si erano dissolti sia i pescatori che il frate-buffone, ed erano scomparse le donne e le capanne di fango e miele.
“Questa spiaggia è sacra perché da sempre l’uomo vi celebra il rito del mistero della vita e riscopre la meraviglia di sentirsi vivo.”
Mentre la Vergine dei Samari parlava egli si sentiva l’anima cantare, e qualcosa sembrava che tornasse dal suo passato. Non era più un uomo disabitato, un’ombra vuota e inutile. La fanciulla lo guardava con un certo sorriso che brillava con la brezza del mattino: odorava di sole, di onde di mare, di cielo e di brezza soave di eternità. Lei colse il suo sguardo di marinaio avvezzo ai lunghi digiuni d’amore:
“Il mio corpo è pane caldo , per chi ha fame, ma tu sei come una brezza fredda d’argento”, disse.