Manco p’a capa 116. Il disastro di Ischia: lo sapeva già Humboldt!

di Ferdinando Boero

Chi chiede attenzione ai temi ambientali è ora impegnato, dopo l’ennesima tragedia, quella di Ischia, a ripetere sempre lo stesso messaggio. Il primo a parlare di queste cose fu Alexander von Humboldt quando vide in che condizioni era la Mesopotamia, la culla dell’agricoltura, ridotta a un deserto, e vide quel che si stava perpetrando in Sud America. Era la fine del 700 e l’inizio dell’800. Humboldt previde gli impatti dell’industrializzazione e dello “sviluppo” che la civiltà occidentale stava intraprendendo a livello globale. Ovviamente fu inascoltato, anche se ebbe grandissimo successo. In teoria: in pratica tutto continuò fino ad oggi. Tutti dicono che non va bene quel che stiamo facendo, ma poi nessuno ha il coraggio di cambiare rotta in modo deciso.
Non ci vuole Einstein per prevedere che il caldo intenso provoca intensa evaporazione di acqua oceanica che si condensa nelle nuvole e prima o poi arriva giù. Gli eventi estremi, come previsto, si verificano puntualmente. La gente ci lascia la pelle, gli stati spendono cifre enormi per cercare di sanare le emergenze, ma raramente si decide di intraprendere una radicale inversione di rotta. Sono in molti a dire che è inutile che siamo noi a decarbonizzarci se non lo fanno anche gli altri. Gli “altri” sono sempre una buona giustificazione per continuare come se niente fosse. Ma questo non vale per il dissesto idrogeologico.
Le cause di frane e inondazioni sono globali, e dipendono da sistemi di produzione ancora basati sulla combustioni. Ma gli effetti sono locali. Se gli “altri”, per esempio, dovessero fare come noi, e costruissero in modo dissennato abitazioni, infrastrutture, siti industriali e agricoltura, non sarebbe un buon motivo per fare altrettanto. Se la casa dei vostri vicini cominciasse a deteriorarsi, si staccasse l’intonaco, crollassero i balconi, trovereste logico non fare manutenzione alla vostra abitazione perché “loro” non lo fanno? Il nostro dissesto ambientale è prima di tutto affare nostro, non ci sono giustificazioni per portare al degrado il nostro ambiente.

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