di Antonio Errico
Le parole vengono dalle creature che nella loro esistenza hanno quelle parole.
A volte le creature vengono da luoghi lontani e dunque anche le parole vengono da luoghi lontani. Da storie lontane. Da lontane, inimmaginate esperienze.
Babele è ancora – sempre – un mito, un’irresistibile attrazione, ombra che si stacca dalla torre e si spande sull’umanità, sempre babelica, nomade, errante, sempre in cerca, sempre protesa verso un progetto di comunione, attratta da una speranza di convivenza.
Una lingua cambia col tempo perché appartiene al tempo. E’ il tempo che determina il suo lessico, le sue strutture. La lingua rappresenta il tempo, lo esprime sotto forma di documento, di letteratura, di narrazione, di filosofia, di canto, di proverbio, di preghiera. Racconta le felicità e i dolori della gente. I sogni, le speranze, le illusioni, le battaglie, le sconfitte, le vittorie, le partenze, i viaggi, i ritorni, si dicono con una lingua, oltrepassano il tempo che hanno perché le parole fanno da ponte verso il tempo futuro.
Una lingua cambia nel tempo.