Questa inciviltà del rumore in cui annega il pensiero

Che cosa penserebbe,  il filosofo, adesso, se si ritrovasse nel rumore che questo tempo dilata a dismisura, che nasce da se stesso, che esalta la sua funzione di cancellazione delle voci dell’uomo e della natura.

Probabilmente si ha urgente bisogno di una pedagogia del silenzio: per apprendere il valore dell’indugio, della riflessione, della pausa che consente l’approfondimento, per comprendere che il silenzio non soltanto viene dopo la parola, ma la precede e, precedendola, la predispone al suo significato, al suo senso autentico, non piatto, non impoverito dal luogo comune, non imbarbarito dalla banalità, dall’ovvietà meschina. Se la parola appartiene alla sfera dell’imperfezione, del corruttibile, del fraintendimento, il silenzio può essere anche la conquista di un’espressione che non ha bisogno di alcun medium, che non è traduzione del pensiero ma è il pensiero, che è in grado di far significare le cose senza designarle; è un linguaggio che abolisce ogni distanza tra l’oggetto e il suo nome, tra l’io e l’altro, tra il sentire e il dire: un linguaggio profondo, leggero, totale, senso che rompe l’involucro del segno; una sorta di atto magico, un’arte.

C’è una scena nella Voce della luna di Fellini, in cui Roberto Benigni, mentre nel blu della notte si avvicina alla bocca di un pozzo, dice: “Eppure io credo che se ci fosse un podi silenzio, se tutti facessimo un podi silenzio, forse qualcosa potremmo capire”.

Il silenzio non come negazione della parola, dunque, come  subordinazione ad un sistema, ad una situazione, come espressione di una condizione di sudditanza a qualcosa, a qualcuno, non come 

mala taciturnitas, il tacere qualcosa che deve essere detto, ma come forma di pensiero profondo che si prepara alla parola autentica.

Se non c’è più silenzio, non c’è più parola vera. Se non c’è più silenzio, c’è soltanto la parola banale. Il gossip. Il chiacchiericcio. Il discorso disarticolato. Il concetto debole, senza struttura, senza profondità. Una fiera della vanità, dell’insensatezza. Un cicaleccio nei salotti mediatici. Lo schiamazzo al cellulare nella carrozza di un treno. Uno sciocchezzaio sia al chiuso che all’aperto. Un altare al nonsenso. Il nichilismo casareccio.  Un vocabolario immiserito nell’espressione trita, o consunta, o volgare.

Non ascolta più nessuno: in nessun luogo, in nessun contesto.

Ognuno parla soltanto di sé e per se stesso. L’altro è assente. L’altro è strumento funzionale all’espressione di sé. Ma non del sé concreto, autentico, reale. No. Di quel sé inconsistente, superficiale, sbadigliante, narcisistico, tracotante.

Si parla soltanto e non si ascolta. Spesso ci si parla addosso.

Se non si ascolta non si apprende, non si conosce l’altro che parla, non ci si confronta con i significati che porta la sua parola.

Una pedagogia del silenzio, un’educazione al silenzio significano la realizzazione di un processo di educazione e di rieducazione linguistica, che riattribuisca valore alla riflessione, al pensiero impegnato nell’elaborazione di una parola tesa alla ricerca di un’espressione ragionata e personale. 

Fare silenzio, in questo tempo, è un atto di resistenza contro l’invasione della parola senza scopo, concentrata esclusivamente su se stessa, oppure scagliata come una pietra di fionda soltanto per il gusto di colpire, indiscriminatamente, incoscientemente, irresponsabilmente. Fare silenzio in questa (in) civiltà del rumore assordante, è un’esperienza di virtù.

Allora, forse, dovremmo avere virtù e fermarci per qualche istante. Dovremmo avere virtù e fare silenzio. In silenzio leggere La caverna di Josè Saramago, fino ad arrivare a queste parole che pronuncia  Cipriano Algor : “Si dice che ogni persona è un’isola, e non è vero, ogni persona è un silenzio, questo sì, un silenzio, ciascuna con il proprio silenzio, ciascuna con il silenzio che è”.

Dovremmo fermarci per qualche istante. Leggere queste parole, una per una. Interpretarle nel modo in cui ci viene, secondo il modo in cui si insinuano nel profondo di noi.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 13 novembre 2022]

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