di Ferdinando Boero
E quindi siamo otto miliardi. Molti commentatori mi dicono: ma che ne sa uno zoologo di… e poi mettono qualunque argomento di cui mi occupi in questo blog. Gli zoologi studiano gli animali e ogni nostra attività è il prodotto di decisioni prese dagli esemplari di una specie animale: Homo sapiens! Abbiamo davvero deciso di diventare otto miliardi? Ovviamente no. Ne l’Origine delle Specie, Charles Darwin, uno zoologo…, enuncia una legge universale: Tutte le specie tendono ad aumentare di numero. Inclusa la nostra, aggiungo io. È la legge della crescita, ben nota agli economisti. Darwin, però, ne identifica un’altra: Anche se tutte le specie tendono ad aumentare di numero, non tutte possono farlo. Il motivo è semplice: il pianeta non può offrire risorse sufficienti a un numero illimitato di individui di qualsiasi specie. Alla legge della crescita si affianca quella del limite. Pesi e contrappesi. Noi, come tutti i viventi, aumentiamo di numero con i processi riproduttivi. Questa tendenza è interna alle specie e noi non facciamo eccezione. La legge del limite, invece, è sconosciuta alle specie: il limite è imposto dall’esterno (dall’ambiente che le sostiene). Nessuna specie sopravvive senza avere rapporti con altre specie e con l’ambiente circostante. Dall’ambiente noi ricaviamo risorse (beni) come il cibo, i materiali con cui realizziamo i nostri manufatti, i combustibili… tutto. E non basta. L’ambiente ci offre anche servizi essenziali, tipo la qualità dell’aria che respiriamo, oppure dell’acqua che beviamo e che irriga i campi. Pensate al nostro stile di vita: ci sono cose che potremmo realizzare senza dipendere dal resto della natura? Magari nel breve termine potremmo anche, ma nel lungo termine no. Quanto più il numero di individui di una specie aumenta, tanto più questa specie utilizza i beni e i servizi della natura. E qui interviene il concetto di “rinnovabile”. Se consumiamo più di quello che la natura produce, le risorse finiscono. E se roviniamo la qualità dei servizi (ad esempio inquinando l’aria e l’acqua) la nostra vita diventa miserabile. Abbiamo imparato a spremere la natura con l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, e ora il passaggio da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori avviene anche in mare, con l’acquacoltura. Stiamo antropizzando il pianeta, contribuendo a renderlo inospitale per la nostra specie. Le tecnologie ci possono aiutare, possiamo curare le malattie, vivere più a lungo, produrre cibo in modo efficiente, ma sappiamo bene che la crescita infinita del nostro numero e della nostra economia non è possibile, visto che il pianeta è “finito”, anche se la porzione che si rinnova (le rinnovabili) può sostenerci indefinitamente, a patto che non la sfruttiamo troppo, oltre le sue capacità di rinnovamento.