Atto di nascita e atto di morte segnano prologo ed epilogo chiudendo tra un “Io siamo” ed un “Io fummo” l’arco temporale indefinito. Le coordinate spazio-temporali del romanzo saltano: le date della biografia narrata si rincorrono, nato nel 1995 ma -anche- nel 2058, nel 2026
“Ricordo di essere morto come lumaca, rovo di rosa canina, nuvola di giugno, fiore autunnale turchino di croco intorno a Halensee… come neve che ha gelato l’ingannato albero di ciliegie…”[2]
Chi muore, chi nasce?
“Sono sempre stato nato. Ricordo ancora la grande Glaciazione e la fine della Guerra Fredda. Lo spettacolo dei dinosauri in agonia è una delle cose più insopportabili che abbia mai visto.
Non sono ancora nato. Sono imminente. Sono a meno sette mesi. Non so come si calcola questo tempo negativo trascorso nelle viscere…La coda mi sta gradualmente scomparendo. L’animale in me sta andando via…”[3]
Il luogo. Quale ambientazione? Quale spazio nel romanzo?
“…Inseguo un autunno attraverso tutta l’Europa. All’inizio una castagna mi cadde a Berlino… alcune foglie autunnali scivolarono giù lentamente a Varsavia…camminai sotto gli inceneriti castagni di Sibiu, rimasi interdetto davanti a un cespuglio ardente di more a Wroclaw, camminai sotto il vento impetuoso di Gand e osservai, dalle finestre di una mansarda di Gratz, le infinite piogge di novembre.”[4]
Caleidoscopio del personaggio (io narrante) principale. Bellissima pelle che si trasmuta e si trasforma con leggerezza inusitata, sgusciando molle in anfratti di storie, di tempi, di spazi. Da piccolo affetto da empatia. Empatia, un pensiero molle che gli consente di entrare e uscire nell’esistenza e nei ricordi altrui come fossero propri. Entrando e uscendo da corridoi narrativi che attraversano la Storia della letteratura in Occidente, Il Minotauro entra in Sharazade e, come lei, si salva narrando storie a Teseo recatosi nel Labirinto per ucciderlo.
Quello di Gospodinov, è un Occidente tagliato dalle altezze degli Urali è Occidente nei venti dell’Est, è occidenteorientale che ha conosciuto il grigio della storia contemporanea. Sono eventi in cui, l’Autore, fa entrare le mascelle di tempo e di eventi individuali. Rende piacevolezza di lettura con la sua amabile capacità di alleggerire lo scorrere dei decenni, dei secoli, dei millenni. Lo fa in una maniera che parte dal valore del senso universale dell’allontanamento da sè, parte da un gesto che ci comprende tutti. Gesto fondante e iniziale: l’abbandono. E’ l’abbandono che genera malinconia nell’animo. Storia individuale, Guerra Fredda e sguardo dell’anima si intrecciano.
“In sostanza tutta la mia pubertà può essere descritta attraverso la situazione politica degli anni ’80.
Primo bacio ad una ragazza. Muore Breznev.
Secondo bacio (a un’altra ragazza). Muore Cernenko
Terzo bacio… Muore Andropov
Sono io che li ammazzo? Primo grosso amplesso nel parco. Cernobil.”[5]
All’infanzia giocata intorno a quell’invasiva empatia attraverso cui diveniva propria ogni storia altrui, fa seguito il periodo della disempatizzazione ed inizia il periodo del collezionismo lì dove vengono collezionate “cose e parole” che vanno salvate mentre, il MInotauro, non lascia la casa del corpo dell’io narrante. Nella fase del collezionismo compaiono piccoli quadernetti su cui appuntare, elencare, osservare. La fine del mondo potrebbe essere, occorre segnare tutto, la metamorfosi delle parole e delle storie, chiedersi valore e senso dell’endecasillabo e del Diluvio Universale, le permanenze nei rifugi antiatomici in cui apprendere l’uso delle maschere antigas che…quando si indossano si somiglia ad un minotauro!
Il periodo del compratore di storie. La narrazione consente la comprensione, comprensione di sé e di sé nella storia. Odisseo piange ascoltando la propria storia da Demodoco, nella Reggia di Alcinoo. Ciò che viene collezionato nei cassoni della cantina di Noè sono le storie ma il punto è nel fatto che la narrazione classica esclude ogni biforcazione, la narrazione classica è fatto lineare. Nella narrazione classica vengono chiusi i “corridoi laterali”, dunque bando ad esitazioni e indecisioni ma, è nelle esitazioni e nelle indecisioni si fanno strada le possibilità dell’essere narrativo e delle sue possibilità.
Sono i presocratici ad aver visto il vuoto infinito e gli innumerevoli atomi:
“Volevo trasferire il modello dell’atomismo nella letteratura e provare a capire se l’incontro di diversi atomi della letteratura classica potesse dar luogo a una nuova materia di romanzo. Un romanzo atomistico di inizi che nuotano nel vuoto…”[6]
Il ritorno all’indietro può far mutare traiettorie date? Muta il concetto di realismo. E’ necessario delimitare e circoscrivere il tempo da narrare ossia il corpo in cui rientrare. Volute di fumo alla Zeno servono a dare corpo e controllo alla malinconia, scavare nei fatti minuti, insignificanti. Decostruire la memoria, la malinconia è come un liquido che assume la forma del recipiente che la contiene abita nei grigi ma, anche, nei sintomi dell’invecchiamento J grow old… J grow old… i versi di Eliot fanno paura ma sono belli… invecchiati prim’ancora di essere cresciuti. Il soggetto del romanzo si sfalda nella ricerca di nuove fattezze sia fisiche che di interiorità altre. Le architetture dei luoghi mutano. Il Minotauro sogna, il Minotauro scrive il suo diario. Il cervello somiglia, con le sue volute, ad un labirinto. Le radici di un albero sono labirinto. I filamenti nervosi. Le serpentine dell’intestino. Il labirinto è nel Minotauro. Capovolgimenti. Teseo porta un bambino fuori dal Labirinto. Il bambino è stato cancellato dal mito. Teseo ne parla ad Arianna che non lo ascolta. Chi c’era in fondo al Labirinto? Un bambino con la testa di toro. Devo consentire una via d’uscita al minotauro, farlo uscire dal mio corpo… Sono qui, non andar via senza trovarmi, eccomi…Muuuuu…
Siamo nel corridoio della storia. Non voglio ucciderti! dice Teseo.
L’uomo nel romanzo si ri-fonda riuscendo a far propria la parte espunta, la bocca affamata che chiede la madre. Far propria la parte mostruosa è un disidentificare e ri-dentificare il soggetto. Un disfacimento del pensiero lineare, della storia sequenziale, delle coordinate spazio-temporali che non ammettono gli spazi di deflagrazione e di nuova forma di contenimento dell’asse temporale. Entra la fluidità del passaggio poroso, entra una nuova dimensione del dentro-fuori che prevede la possibilità generativa del vuoto come materia fondante il possibile e l’imprevisto.
E’ rifondata la messa in essere della lingua. Verbi, termini e grammatiche evaporano e tornano ed è possibile uscire fuori dalle storie in cui qualcuno ha ficcato l’altro e sé, ha ficcato sé. La storia ora può rigenerarsi attraverso la morte del Minotauro che sia, essa, morte reale o simbolica. E l’io narrante ora gira per cunicoli, corridoi, piazze, città accompagnandosi al Minotauro, riconoscendolo parte bambina in cui ognuno è rimasto impigliato.
In una cantina è stato rinvenuto un reperto: sette casse colme di ritagli di giornali e riviste, otto quaderni, quattro bauli scritti in idiomi diversi, maschera antigas, un computer, un dinosauro (in gomma). Uno specialista (l’io narrante, il personaggio principale) viene designato per svelare periodo, valore, origine dei reperti, in primis una spada corta. Lo specialista entra nella cantina, inizia al leggere, esce una volta dalla cantina poi, non vi esce mai più.
Il gioco del divoramento tra uomo e minotauro riprende infinito solo che, Gospodinov, ci indica il fatto che si sia persa l’estraneità, la parte cruenta del rito e, ora, entrambi (uomo e minotauro) molli sgusciano l’uno nell’altro… Scrittura e ri-scrittura danzano.
“… cos’è quella brutta cicatrice per una frattura alla gamba sinistra (frattura e segno che rimanda, immediatamente, alla cicatrice di Odisseo sulla coscia sinistra, cicatrice che consente ad Euriclea di riconoscerlo, cicatrice-segno di una battuta di caccia in cui uccidere la bestia, un possente cinghiale, è atto iniziatico) un raggio attraversa le folte tende e taglia in due la stanza, siamo in due diverse metà…il quadro si mette in movimento, la bambina si volta lentamente… In questo momento il Minotauro trova sua madre tra la folla della corrida…”[7]
Una pioggia scende senza bagnare…
Scrittura attenta a neologismi che inglobano un intero concetto rendendo il periodo sempre snello ed efficace. Smascellare, disempatizzare, verbi che vanno ad infilarsi tra meridiani e paralleli di un modo altro di pensare la lingua ed il suo costrutto. Assenza del romanzo all’interno della costruzione di una forma altra del romanzo, una struttura narrativa avvincente capace di rostrare, con un solo gesto, epoca classica- moderna della forma narrativa. Ciò che attraversa l’intera storia dell’umanità riconoscendo una condizione universale: dall’abbandono sgorgano le lacrime che impastano il “primo pane”, quello della malinconia.
Forma altra del romanzo che sbuca
fuori dal labirinto di se stesso, narrazione di unificazione di cui Gospodinov
si mostra Maestro, superamento di specchi in cui Durenmatt, Borges, Pessoa,
Tabucchi fanno da materia per tutti i sogni di sogni che, in secoli, abbiamo
narrato: fisica e metafisica della malinconia.
[1] Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia, cit., p. 71.
[2] Ivi p. 324.
[3] ivi, p. 15/16.
[4] ivi, p. 253.
[5] ivi, p. 124.
[6] ivi p. 279.
[7] ivi p. 320