E seppure sia «velleitario il raccordo tra il monumento ed il Museo Civico», pensare, o immaginare, di collocare il busto bronzeo sulla stessa isola-rotatoria dove si trova la cosiddetta «Pupa» è senza dubbio privo di ogni logica. La condivisione dello stesso spazio toglierebbe centralità monumentale alla Lampada senza luce e creerebbe l’unica ragione oggettiva di sovraffollamento. Se «il busto marmoreo (Sic.) fosse ubicato sulla stessa aiuola della Fontana monumentale» non si creerebbe «un unico complesso suggestivo derivante dalla simbiosi tra l’immagine dell’artista e la sua opera», ma un’accozzaglia illogica, tanto dal punto di vista formale quanto da quello della sostanza creativa.
È infatti necessario ricordare che opere di questo genere non devono mai entrare in conflitto ma dialogare tra loro. L’idea di lasciare la centralità artistica all’opera di Gaetano Martinez è sacrosanta, eticamente e formalmente. Il busto bronzeo che sarà inaugurato il prossimo 13 novembre (non il 30 del mese, com’è stato scritto) è infatti diverso sia per periodo storico di realizzazione, le linee volumetriche della Lampada senza luce sono nettamente collocabili nel primo Novecento europeo (si scorgono influenze del francese A. Maillol e della condizione politica dell’Italia di quegli anni), sia per la poetica ispiratrice dell’ottimo scultore che lo ha realizzato, il salentino Achille Cofano da Maglie. Inoltre, collocarlo alla giusta distanza, così come sarà fatto, eviterebbe critiche ben più gravi e distruttive per chi oggi si è misurato in un dialogo artistico difficilissimo, che abbraccia quasi cento anni di storia dell’arte (1928-2022), fugando ogni possibile ulteriore “pettegolezzo” di un Achille Cofano al pari di Gaetano Martinez (rischio reale, soprattutto alla luce di quanto è stato detto finora).
Pensate che sin dal momento in cui l’idea è stata avanzata si è evidenziato il totale disaccordo degli addetti ai lavori, o cosiddetti accademici, che hanno giudicato l’iniziativa priva di rilievo culturale o comunque più o meno tale. Dimenticando però che se storicamente si fosse dovuto aspettare l’iniziativa autoincensante degli accademici ben poco si sarebbe fatto per altri autori per così dire “non accademici”, come del resto si può ritenere sia stato Gaetano Martinez e lo stesso Gioacchino Toma (per quest’ultimo tra l’altro si tratta di un falso storico di portata titanica che l’accademia filo-partenopea ha alimentato per decenni).
È chiaro, in tutto quello che facciamo si potrebbe sempre fare meglio ma, a parere di chi ora scrive, il busto a Gaetano Martinez è collocato nel giusto luogo. Sulla piazza che lo vide escluso dalla realizzazione del monumento ai caduti, le spalle rivolte a quello che lo stesso Martinez rifiutò di abbozzare, mentre guarda il suo capolavoro, La Pupa, posta centralmente rispetto alla città. Inoltre il busto bronzeo di Martinez è stato realizzato in una dimensione riflessiva e umana, così come ha inteso interpretare l’opera il suo autore A. Cofano con progetto per un adeguato inserimento nella cornice urbana dell’Arch. Mauro Lazzari.
In tutta questa vicenda invece l’unica attività criticabile è quella del “far nulla”, collocandosi nella Torre d’avorio del saccente critichese che anziché fare si limita a criticare dalla finestra di casa propria, o ancor meglio su una panchina della città, oscillando, come un pendolo stanco, tra la critica calcistica più spicciola e l’ignoto mondo dell’arte pura: quella animatrice della cultura di un popolo che dovrebbe apertamente ringraziare chi si è assunto il rischio (doveroso ricordare anche economico) di erigere un monumento non alla memoria di un uomo, ma a quella di un simbolo: Gaetano Martinez.
Perché se è vero che l’opera è stata realizzata con l’importante contributo delle aziende del territorio, è altrettanto vero che in caso contrario il comitato promotore, formato da privati cittadini, forse, avrebbe dovuto colmare di tasca propria i vuoti contributivi che in questi casi vanno sempre inseriti nel novero dei rischi di un’impresa di tale portata: un’impresa d’altri tempi.
Merano, 05/11/2022