Tutti gli studi disponibili (da ultima una ricerca del sito LaVoce.Info dell’ottobre 2022), attestano inequivocabilmente che l’evasione fiscale, in Italia, è massima per le società di persone e le imprese individuali, cioè per le piccole imprese. La propensione all’evasione è stimata pari al 24.1% per le società di capitali ed è ben del 66.9% per l’Irpef sul lavoro autonomo. L’ammontare complessivo, in quest’ultimo caso, è di 33 miliardi, a fronte dei soli 8 miliardi all’anno nel primo caso. Altra evidenza è fornita da Kenneth Rogoff, professore di Economia Politica ad Harvard, uno dei più noti economisti al mondo. In una pubblicazione dal titolo “The curse of cash”, pubblicata dalla Princeton University Press nel 2016, l’autore mostra che l’uso del contante alimenta l’economia sommersa su scala globale, la corruzione, il terrorismo, il traffico di droga e addirittura la tratta degli esseri umani. La Russia è il Paese nel quale l’economia illegale generata dal contante è più sviluppata, pari, secondo alcune stime, al 40% del Pil.Nell’Eurozona, molti pagamenti continuano a essere effettuati “cash”, sebbene con differenze molto accentuate fra Paesi. È diffuso soprattutto in Italia, Spagna e Grecia, mentre in Svezia è pressoché inesistente. Il fatto che la Grecia abbia posto limiti stringenti (500 euro, il tetto più basso fra i Paesi europei) mostra inequivocabilmente che, per frenare l’evasione fiscale (abnorme in quel Paese), occorre porre un limite a una sua fondamentale condizione permissiva, ovvero il ricorso a denaro non tracciabile. Secondo una ricerca condotta nel 2019 dalla società inglese Tax Research LLP, il nostro Paese è il primo in Europa per evasione fiscale e l’ammontare delle tasse evase ammonta a circa 190 miliardi di euro. Il rapporto tra il fisco evaso e le entrate fiscali è pari al 23,28%: per ogni euro di incasso dalla tassazione, lo Stato italiano perde 23 centesimi. Il Governo si appoggia, nel difendere la sua scelta, alla Banca centrale europea, che di fatto ha raccomandato di considerare alcuni benefici che dà il contante, fra i quali, innanzitutto, l’essere utilizzato da persone “vulnerabili” (gli anziani e gli individui molto poveri). Va però considerato che la BCE si riferisce a tutti i Paesi europei, fornendo una raccomandazione di buon senso e di carattere generale, ma lasciando ciascun Paese libero di comportarsi di conseguenza, tenendo conto delle sue specificità. In questo senso, il tetto esistente (2000 euro, con previsione di riduzione) è del tutto ragionevole. Inoltre, la BCE non considera rilevanti le implicazioni economiche dell’aumento del tetto all’uso del contante. Nella Destra italiana, invece, sbagliando, si ritiene che il contante agevoli i consumi: ma, quando anche così fosse, sfugge ai nostri che si tratta di importi assolutamente irrisori, che riguardano, infatti, piccoli incrementi di spesa quotidiana da parte di persone (generalmente molto anziane) che hanno difficoltà con le nuove tecnologie dei pagamenti. A meno di non voler dare credito alla proposta del senatore Bagnai di aumento del tetto dagli attuali 2 mila euro a ben 10 mila euro. Va poi considerato che, con eccezione di un provvedimento del Governo Renzi (al quale, peraltro, era contrario il Ministro dell’Economia Padoan), il tetto si è sempre ridotto, a partire dall’anno (1991) nel quale fu introdotto per la prima volta, ed è attualmente pari a 2 mila euro e dovrebbe ridursi – se il Governo non interviene – a 1000 euro nel 2023. I politologi ci informano che i partiti che sostengono questo Governo sono stati votati da molti elettori anziani. Il mantenere fede a una promessa elettorale sembra essere la sola e la più plausibile motivazione che sta alla base della proposta di Giorgia Meloni: nella migliore delle ipotesi, dunque, avente valore solo simbolico. Ma è, a ben vedere, una proposta che palesemente non dà benefici sostanziali all’economia italiana e che anzi rischia di generare altri problemi o di accentuare quelli esistenti.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 2 novembre 2022]