di Gianluca Virgilio
Se dovessi mettere in esergo a questo mio scritto una frase significativa, certamente sceglierei, per antitesi, quella che si legge in Saul Bellow, Troppe cose a cui pensare. Saggi 1951-2000, Ed. SUR, Roma 2017, pp. 32-33: “Se dovessi nominare una forza che oggi, in America, osteggia la disciplina simbolica della poesia (…) citerei il Grande Rumore. E’ il rumore, il vero nemico. E non mi riferisco solamente al rumore della tecnologia, del denaro e della pubblicità, al rumore dei media e della maleducazione diffusa, ma alla terribile eccitazione e distrazione generata dalla crisi della modernità. (…) la vera grande minaccia è il rumore della vita.”
E’ vero, non siamo in America, ma la frase cade ugualmente a pennello, perché la nostra società è quasi completamente americanizzata e dunque quel che Bellow dice dell’America, noi possiamo predicare dell’Europa. Per fortuna, abbiamo ancora degli anticorpi. Uno di questi, a tal proposito, è costituito dalla collana editoriale intitolata Accademia del silenzio, diretta da Duccio Demetrio e Nicoletta Polla-Mattiot, pubblicata da Mimesis Edizioni (Milano – Udine), con già all’attivo cinquanta Taccuini, tutti dedicati al silenzio, questa condizione insolita e rara della nostra esistenza costretta a subire, tra le altre forme di inquinamento, anche quella dell’inquinamento acustico, il Grande Rumore. Proprio il Taccuino n. 50, intitolato Del silenzio, è stato affidato ad Antonio Prete, che ne ha fatto il banco di prova della sua poetica. Dal silenzio, infatti, nascono le parole, “i cui suoni muovono dal silenzio verso il canto” (p. 13). Il canto è l’ambito del discorso di un poeta, di un saggista, di un traduttore, di un pensatore, qual è Antonio Prete. La parola che proviene dal silenzio, e si fa non solo canto, ma anche traduzione della parola dell’altro e pensiero indagatore del senso della vita. Il silenzio è la trama che innerva il tempo dell’uomo e delle cose, la parola è l’ordito che vi disegna sopra le sue visioni, quelle presenti (il paesaggio fatto di piante, animali, uomini;) e quelle che valicano l’orizzonte e si perdono nell’infinito del pensiero poetante.