di Antonio Prete
La trovai molti anni fa in riva al mare. Ha forma di figura umana, il capo chino sopra il petto e le braccia a cerchio intorno, come a proteggere gli occhi dalla luce. Così raccolta in se stessa, sulla riva poteva meglio accordare i suoi pensieri col rumore dell’acqua. Ora se ne sta in quella posizione sul tavolo, tutta involta e concentrata nella sua inerzia di pietra che nulla desidera e nulla sente. Eppure, è per lei che qualche sera il richiamo del mare giunge fin qui improvviso, quando me ne sto davanti a un foglio bianco, mentre il cerchio di luce della lampada le sfiora le braccia, le fruga il corpo, accarezza le ciglia degli occhi che nulla vedono, e le labbra fredde e marmoree che nulla dicono. E’ allora che il cuore della pietra si mette a battere, leggero, appena percettibile, e intorno si spande un silenzio immenso, un silenzio nel quale precipitano tutti i silenzi del mondo. Di quei silenzi è fatto il respiro della pietra che è, da molti anni, sul mio tavolo.