La narrazione, dopo una Premessa e un inquadramento storico generale (capitoli I e II), si snoda per ben ventisei capitoli, prendendo le mosse, dunque, dalla fine del 1300, inizi del 1400 (“come il 1391 è la data limite della costruzione del tempio cateriniano, così il 1403, scrive Congedo, può essere considerato la data limite dell’edificazione dell’attiguo Ospedale”, p. 33) quando l’Ospedale “S. Caterina” fu fondato dal conte Raimondo del Balzo Orsini (vero e proprio genius loci), per giungere fino al 1861. Con l’Unità d’Italia, il processo di modernizzazione investe anche il Comune di Galatina, imponendo agli amministratori l’espansione e migliore regolamentazione dell’ospedale. In questi quattro secoli e mezzo si passa dalla grande decadenza degli anni tra il 1495 e il 1710, dovuta alla trascuratezza degli Olivetani, intenti a costruire l’Abbazia e l’annessa Chiesa di “S. Caterina Novella” (l’attuale S. Biagio), su cui riversarono le ingenti risorse del cosiddetto Statarello di Santa Caterina (si legga il capitolo V, pp. 41-44), agli anni della ripresa, tra il 1711 e il 1860, nei quali le attività dell’ospedale gestito in proprio dai galatinesi riprendono nuovo slancio. Questo lungo periodo è perlopiù ricostruito da Congedo sulla base di un’accurata ricerca bibliografica, che si avvale degli studi di B. Papadia, B. F. Perrone, A. Antonaci, M. Montinari, R. Rizzelli, per citare solo alcuni.
A partire dal 1861 fino al 1967, il bibliografo lascia il posto al ricercatore d’archivio, incredibilmente scrupoloso nel riportare la documentazione rinvenuta soprattutto nell’Archivio dell’Ospedale “Santa Caterina Novella”. Questa è la parte per così dire originale dell’opera, che rivela in pieno il metodo di Congedo. Egli non tralascia nulla di ciò che incontra nelle sue ricerche, riportando anno per anno regolamenti, delibere, bilanci (entrate, uscite), provvedimenti, tabelle di spese sostenute, insomma i nudi fatti, senza commentarli, se non eccezionalmente e sempre con estrema misura. Lo scrittore si presenta qui in veste di cronista, o meglio di annalista dell’ospedale, che scrive per lo storico avvenire (ad usum historici), cui affida la sua opera: “…mi auguro che ci sia qualche vero storico che ritenga opportuno prendere in considerazione le indicazioni bibliografiche e documentali e comunque i risultati della mia modesta ricerca..” (p. 15). Così si schermisce Congedo, cui invece va ascritta una concezione storiografica ben precisa, che corrisponde a quella già indicata all’inizio di questo scritto: la concezione municipale della storia. Qui davvero concezione storiografica e oggetto di studio sono un tutt’uno. E valgono le cose dette e le cose passate sotto silenzio. Tra le prime, citerei la menzione dei cittadini meritevoli che operarono a favore dell’ospedale: Orazio Congedo (“come pubblico amministratore operò con grande saggezza…”, p. 80), Vito Vallone (“il quale prestò la sua opera per ben 27 anni con passione e competenze notevoli”, p. 107), Carmine D’Amico (“molto stimato dai suoi concittadini…” p. 123), Beniamino De Maria (“nume tutelare [che] vegliava sulla crescita dell’istituto di cura galatinese”, p. 247), Palmina De Maria, di cui in molti luoghi si mettono in luce le qualità di abile amministratrice dell’ospedale (per ben 24 anni). Tra le seconde, cioè le cose passate sotto silenzio, segnalo che, per es., Congedo non spiega le motivazioni del conflitto che contrappose nei primi mesi del 1939 il podestà Angelo Ancora al dott. Carmine D’Amico (capitolo XIX). Quest’ultimo proponeva degli ammodernamenti dell’allora fatiscente ospedale, ma fu trattato piuttosto male. Perché? Ancora: a proposito della vicenda che vide come protagonista Domenico Galluccio (capitolo XXV, pp. 222-227), aspirante al posto di primario, che di fatto gli venne negato (siamo nel 1963), Congedo scrive: “Comunque per la prima volta nella storia dell’Ospedale di Galatina un posto di primario messo a concorso non veniva assegnato dopo le prove di esame al medico che lo aveva ricoperto come incaricato” (p. 225). Anche in questo caso, e se ne potrebbero fare altri, il cronista non si cimenta in una interpretazione dei fatti, che, a mio avviso consiste nella lotta politica spregiudicata e spesso senza esclusione di colpi che intorno e dentro l’ospedale di Galatina si è spesso scatenata per l’assegnazione dei posti. A ben guardare, la cronistoria di Congedo passa sotto silenzio tutta la vicenda del sottogoverno come sistema clientelare che rimane celata dietro la efficiente gestione amministrativa e politica di questo ente pubblico. Anzi si ha l’impressione che l’elenco puntiglioso dei concorsi pubblici banditi soprattutto sotto la gestione di Palmina De Maria, e ce ne sono per primari, medici, aiuti, infermieri, portinai, cuochi, inservienti, portantini, lavandaie, sarte, autisti, ecc., finisca col nascondere la vera realtà di una prassi clientelare che utilizzava l’ospedale come importantissimo serbatoio di voti, soprattutto della Democrazia Cristiana. Ma ahimè, questa è anche storia dei nostri giorni…, dalla quale Congedo fa bene a tenersi discosto.
Luci ed ombre, dunque, come da sottotitolo del libro. Ma forse dal contrasto di luci e ombre, per chi voglia leggere a fondo, emerge come risultato un affresco del maggior istituto della città di Galatina, che oggi si vorrebbe potenziato per rispondere alle nuove esigenze dei malati, troppo spesso costretti a recarsi altrove in cerca di adeguate cure mediche. E allora, non appaia inopportuno concludere questa breve recensione con l’auspicio che l’ospedale di Galatina sia sottratto una buona volta alle mani dei politici e restituito a quelle degli unici depositari del sapere medico, ai medici appunto, i quali a loro volta mai dovrebbero dimenticare d’aver pronunciato un giorno il giuramento di Ippocrate; e ai malati, naturalmente, che hanno diritto di essere curati.
[Recensione a Pietro Congedo, L’ospedale di Galatina dal XIV al XX secolo, Torgraf, Galatina, 2010), “Il filo di Aracne” a V – n. 2, marzo-aprile 2010, pp. 20-21; poi col titolo Un antico ospedale italiano ne “Il Paese Nuovo” di giovedì 6 maggio 2010, p. 6]