Dante, Avati e il racconto dell’uomo, non del poeta

In un film ambizioso e intimo e, soprattutto, necessario, Avati sceglie di raccontare non la vita di un poeta ma quella di un uomo con il suo dolore, di un uomo che affronta la morte della madre, della donna amata, la fatica fisica, l’esilio, fino a una morte in un luogo non suo. Sceglie di raccontare Dante immaginandolo perennemente ragazzo, fissandolo in un momento: sul sagrato della chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, a Firenze, a pochi passi da una figura vestita di bianco, Dante ragazzo si paralizza. La figura si volta e gli dice “Vi saluto”. Quella figura ha un corpo. Beatrice (Carlotta Gamba) – che per Harold Bloom è stata l’invenzione più spettacolare del mondo occidentale, più potente di Amleto e Re Lear insieme – ha un corpo e nell’emozione dello sguardo del ragazzo che riceve il saluto, dice Avati, “c’è tutta l’emozione del mondo”. Da quel momento, da quella emozione, da quella bocca che, in sogno, gli divora il cuore nascerà il poeta della “Commedia” – cui sarà proprio Boccaccio ad attribuire l’aggettivo di “divina” -. “Senza l’illusione non c’è la vita reale”, afferma Castellitto in un’intervista. Allora la “Commedia” può essere considerata un’illusione? Forse. Forse, secondo alcuni, una terribile e prodigiosa visione. O forse, può essere letta come una via di fuga. Attraverso i rami intricati di una selva, nel confronto con gli esseri abietti e le creature oscure, atroci dell’Inferno, le ombre supplici del Purgatorio, i volti trasfigurati di bellezza del Paradiso, Dante cerca una via di fuga per ritrovare un amore che ha conosciuto tra i riflessi di capelli che si posano su una schiena che si volta, in un profilo di donna nell’ombra del sagrato di una chiesa. Un amore perduto in una morte improvvisa e, infine, ritrovato in una forma nuova che non è più quella di una figura femminile avvolta in un abito bianco ma che, colta nell’atto di volgere gli occhi verso l’alto, “move il sole e l’altre stelle”. Alla fine del viaggio, Dante ha visto tutto. Lo ha visto e lo ha raccontato. “Ha cercato Dio”, dice Boccaccio, commosso. “E Dio è alla fine di tutti i disii”.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 17 ottobre 2022]

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