In questa nuova versione la vicenda, ambientata nell’antica Tebe, è stata modernizzata e proiettata in un inquietante futuro (il 2046 d. C.) alla Blade Runner, sullo sfondo di uno scenario di guerra della quale giungono a tratti i suoni sinistri degli elicotteri da combattimento. La rappresentazione è come se fosse commentata in diretta da un telecronista, che in un certo senso svolge la funzione del coro, perché, ad azione sospesa, egli riassume e illustra la situazione che si sta sviluppando sulla scena.
La trama sostanzialmente resta sempre la stessa. Antigone, figlia di Edipo, decide di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte, suo zio nonché padre del suo fidanzato Emone. Scoperta, viene condannata dal re a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta. In seguito alle profezie dell’indovino Tiresia e alle suppliche del coro (qui assenti), Creonte decide infine di liberarla, ma ormai è troppo tardi, perché Antigone si è impiccata. A quella visione Emone si uccide e alla notizia della sua morte si uccide anche Euridice, moglie di Creonte, lasciando questi solo, immerso nella più cupa disperazione.
In linea con certe recenti interpretazioni della tragedia, questa versione mette l’accento più sulla relazione tra i due personaggi principali, Antigone e Creonte, che sulla loro contrapposizione, sottolineandone le ambiguità. In entrambi infatti emergono i conflitti interiori, i dubbi, le incertezze. Antigone, a cui Barbara Bovoli riesce a conferire tutto lo slancio dei suoi anni giovanili e delle sue idee sovversive, spesso riflette sulla giustezza delle sue azioni anche in rapporto al senso della vita umana. Ma un forte dissidio nasce soprattutto nell’animo di Creonte, magnificamente interpretato da Giuseppe Pambieri, il quale, proprio come nella versione di Anouilh, si rivela non come un feroce tiranno, ma come un uomo complesso, tormentato, diviso tra ragion di stato e ragioni del cuore.
Gli altri personaggi erano interpretati da Elisa Silvestrin (Ismene), Matteo Micheli (la guardia) e Manuel Pica (il telecronista).
[In «Nuovo Quotidiano di Puglia», 31 agosto 2015]