L’energia fossile è anti-ecologica e anti-economica: dobbiamo trovare altri fornitori. In effetti uno c’è, e fa funzionare gli ecosistemi terrestri da miliardi di anni, con continue fusioni nucleari: il sole. La fotosintesi usa l’energia solare per organicare il carbonio, cioè per ridare vita alla materia non vivente. L’agricoltura funziona ad energia solare. Nelle profondità marine, in corrispondenza di risorgive idrotermali, l’energia solare non arriva e esistono ecosistemi che usano l’energia geotermica grazie alla chemiosintesi e non alla fotosintesi. Come se non bastasse, la natura ricicla gran parte della materia che può diventare viva. Si parla molto, oggi, di “nature based solutions”: soluzioni basate sulla natura. Le piante usano l’energia solare. Lo stiamo facendo anche noi, ma con soluzioni che richiedono materiali rari e che producono rifiuti che potrebbero essere di difficile smaltimento. Dobbiamo fare meglio. Quella fonte esiste e va usata in modo sostenibile. Ancora: il problema dei rifiuti si risolve non producendo rifiuti, ma non tutto può essere riciclato: i combustibili fossili sono “rifiuti” che la natura ha sequestrato nel sottosuolo e nei fondali marini, da dove interferiscono poco con il funzionamento dei sistemi viventi. Se li estraiamo, riempiamo di “spazzatura” l’ambiente vivente. La natura ricicla. Gli organismi muoiono, sono decomposti dai batteri e dai funghi: dai processi di decomposizione si formano i nutrienti che permettono la crescita dei produttori primari, le piante e il fitoplancton, che ridanno vita alla materia morta. Dobbiamo copiare quei processi, quei principi. Invece abbiamo inventato l’usa e getta. E ora non sappiamo come togliere i nostri rifiuti dall’ambiente, prima di tutto la plastica, ma non solo. L’economia circolare ha questo obiettivo: non produrre rifiuti, riciclando i materiali che usiamo. Proprio come fa la natura. Le tecnologie devono servire a questo cambio di paradigma.
Ahmed Zaki Yamani, un politico saudita morto l’anno scorso, ha detto: “L’età della pietra non finì quando finirono le pietre, l’età del petrolio non finirà quando finirà il petrolio”. Dobbiamo inventare nuove tecnologie. Si può fare. Steve Jobs ha lanciato il primo smartphone nel 2007. In pochissimi anni sono scomparse le pellicole fotografiche, i dischi in vinile e i CD (a parte i nostalgici). Sul mio telefono ho tutta la mia musica, tutte le mie foto, i miei film e libri, l’agenda. Con il telefono leggo il giornale e consulto il web. Non ho più bisogno di un’enciclopedia che riempie interi scaffali di libreria. È sul mio telefono, e si aggiorna quotidianamente. E posso anche telefonare, oltre a guardare la TV. Le riviste scientifiche hanno abbandonato la carta e sono tutte online, moltissime ad accesso libero. Da quanto non leccate un francobollo? Le cose possono cambiare radicalmente in poco tempo. Dobbiamo uscire dall’era della combustione, dello spreco e dello scarto. Questa è la sfida per i tecnologi. Dobbiamo inventare cose che non ci scoppino in faccia e che non deturpino l’ambiente. Abbiamo bisogno di visionari come Steve Jobs, in grado di rivoluzionare tecnologicamente i sistemi produttivi. E, non smetto mai di dirlo, devono lavorare con chi studia l’ambiente, per trarre ispirazione dall’innovazione prodotta dai processi evolutivi.
Oggi le crisi ricorrenti sono l’asteroide che ha fatto estinguere i dinosauri, e i dinosauri potremmo essere noi che, con gli altri mammiferi e con gli uccelli, siamo stati la risposta evolutiva a quella catastrofe. Stiamo spendendo risorse ingenti per dirottare un possibile asteroide, valutando la possibilità che un evento avvenuto 66 milioni di anni fa possa avvenire in questa finestra temporale. E pare che non ci accorgiamo della minaccia globale che incombe sulla nostra sopravvivenza, ora! La minaccia non è per la natura, che troverà soluzioni, è per noi.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online dell’11 ottobre 2022]